La Commissione tecnico scientifica dell’Aifa, dopo una riunione durata l’intero pomeriggio di oggi, ha dato il via libera agli anticorpi monoclonali in Italia. L’ok è stato dato a due anticorpi monoclonali per il trattamento di Covid-19, quelli prodotti da Regeneron e da Eli Lilly, con alcune condizioni, come da legge 648/1996 che prevede l’approvazione di medicinali in corso di sperimentazione clinica o utilizzati in altri Paesi quando non esiste un’alternativa tarapeutiva valida. La Cts ha previsto limitazioni in linea con quelle del Canada e dell’Fda negli Stati Uniti: i farmaci sono destinati a pazienti in fase precoce con alto rischio di evoluzione.

Un via libera molto atteso dagli addetti ai lavori. Un booster, una macchina ausiliaria che permetterà di concludere, con meno urgenza, la campagna vaccinale, sostenendo i pazienti che via via si ammaleranno: questa la funzione, nell’attuale scenario, degli anticorpi monoclonali, secondo il presidente della federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli. Che definisce “un’ottima notizia” anche l’individuazione di un fondo, da parte del governo uscente, per una somministrazione in via sperimentale. E una “notizia ancora migliore” la sovvenzione della ricerca, “sia quella volta allo sviluppo di monoclonali italiani, sia quella clinica indipendente condotta dalla stessa Aifa”.

“Con le dosi di vaccino che tardano ad arrivare, le categorie e gli ambienti più a rischio potrebbero trovare negli anticorpi monoclonali la protezione contro il Covid di cui hanno bisogno”, ha spiegato Giuseppe Novelli, genetista dell’Università Tor Vergata di Roma, impegnato nella ricerca di anticorpi monoclonali efficaci contro il Covid-19. “Gli anticorpi monoclonali sono farmaci precisi, intelligenti e accurati che conosciamo da anni, e che oggi rappresentano l’unica arma farmacologica di cui disponiamo al momento contro il coronavirus. Sono i cosiddetti ‘farmaci biologici’, usati contro malattie come l’artrite reumatoide e, soprattutto, contro i tumori”. E sono “gli stessi anticorpi che produciamo quando ci ammaliamo o facciamo un vaccino. La differenza è che sono già pronti ed utilizzabili come una sorta di immunizzazione passiva in quanto non vengono stimolate le cellule immunitarie che conferiscono una ‘memoria’ per produzioni future, come avviene nel caso del vaccino. I monoclonali hanno una durata limitata nel tempo, durano un paio di mesi, fai un ciclo di trattamento e poi lo ripeti se necessario”, osserva il genetista.

Essendo un farmaco gli anticorpi monoclonali “servono a curare innanzitutto. Funzionano contro il Covid specialmente nelle prime fasi della malattia, e la percentuale di successo nella cura dipende da vari fattori”. Ma c’è un’altra funzione che, secondo Novelli, non può essere sottovalutata: “I monoclonali hanno anche un ruolo di protezione, cioè di profilassi. Chi è ad alto rischio, dunque, potrebbe utilizzarli per una protezione provvisoria. Penso ad esempio alle Rsa o alle persone fragili che potrebbero ricevere una sorta di protezione in questi mesi di ritardo nell’approvvigionamento delle dosi di vaccino”.

(Fonte La Repubblica)


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