Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore 1480 – Venezia 1576) è un pittore italiano rinascimentale.
L’educazione artistica di Tiziano cominciò a Venezia nell’ambito di Giovanni Bellini, ma a 18 anni egli passò alla scuola di Giorgione condividendone il tonalismo e il mondo poetico collaborando con lui, nel 1508, alla decorazione del Fondaco dei Tedeschi.
L’artista si rivela nella prima opera datata, i tre Miracoli di Sant’Antonio da Padova nella Scuola del Santo a Padova (1511): la vivacità dinamica del racconto, il senso naturale del paesaggio, la psicologia dei ritratti vanno ben oltre l’insegnamento di Giorgione, e semmai mostrano quanto Tiziano dovesse alla lezione realistica di Durer, visto a Venezia pochi anni prima.
Verso il 1515 la trionfante vitalità della pittura di Tiziano si esprime sia nei temi allegorico-profani (Le tre età dell’uomo, Amor Sacro e Amor Profano, 1514-15) sia nelle composizioni sacre (Sacra Conversazione) fino all’Assunta dei Frati a Venezia (1516-18): un capolavoro che affermò Tiziano come il maggiore dei pittori della Serenissima.
Nelle rinnovate forme monumentali, cui non sono estranei gli sviluppi della pittura a Roma tra Michelangelo e Raffaello, Tiziano fa trionfare il suo temperamento grandioso, drammatico, felice nelle sinfonie del colore: è questo lo spirito dei primi due Baccanali (Offerta a Venere, Gli Andrii) dipinti nel 1518-19 per Alfonso d’Este, mentre il terzo (Bacco e Arianna), eseguito nel 1522, risente di quel plasticismo michelangiolesco che affiora evidente nel Polittico Averoldi (1522).
Intanto il pittore si rivelava ritrattista ineguagliabile: superata la fase più propriamente giorgionesca, Tiziano creò un suo schema ritrattistico a mezza figura – con le mani visibili – che, continuamente variato nelle soluzioni, gli consentì di sublimare la verità psicologica sul piano ideale; questa esperienza appare poi riassunta nella Pala Pesaro ai Frari (1518-26), in cui numerosi ritratti di committenti intorno alla Vergine sono colti con straordinaria icasticità entro il risonante impianto delle colonne abilmente costruite su una direttrice diagonale.
Una svolta cruciale nella storia artistica del pittore si ebbe dopo il 1540, per lo scontro con le forme del manierismo che penetravano a Venezia riflesse da Roma, dalla Toscana all’Emilia. Nel quinto decennio, infatti, Tiziano accantonò talvolta deliberatamente la forza espressiva del colore per cercare nel disegno più chiaroscurato e nella composizione elaborata una maggiore evidenza plastica.
A partire dal viaggio a Roma del 1545-46, Tiziano abbandonò per sempre la concezione spaziale bilanciata e il senso del colore solare, fastoso del pieno rinascimento, per assumere le più dinamiche visioni del manierismo; ma riprese a giocare con libertà suprema nel campo del colore, reso anzi più duttile, più sensibile agli effetti della luce, più aereo e fratto, con tocchi di suprema espressività. Si possono così elencare capolavori di Papa Paolo III con i nipoti.
In tutte le pitture tarde, Tiziano venne elaborando una tavolozza dissociata, di tocco, accesa da bagliori improvvisi, in armonia con la visione drammatica pessimistica, che si coglie dietro le stesso interpretazioni dei miti classici. Il disegno anatomico si allenta così come le forme sembrano disfarsi nell’atmosfera, come nella famosa Europa sul Toro.
Altre volte l’artista ricercò effetti notturni, come nel Cristo coronato di spine, illuminato da fiaccole, o nel Martirio di San Lorenzo; oppure sinistramente drammatici, come nel Tarquinio e nella Pietà destinata a decorare il mausoleo dell’artista, rimasta interrotta per la morte dell’artista e terminata dal suo allievo Palma il Giovane.

Guidi Guglielmo
Ricercatore e storico d’arte.


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