Il soffio del vento

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Il soffio del vento

Ricordi lontani nel tempo

Siamo soltanto ciò che ricordiamo di essere stati. Giunti al termine della propria vita, gli esseri umani  tendono a esaminare la loro permanenza su questa terra volgendo lo sguardo all’indietro:  cercano di analizzare quel che resta del loro passaggio, tentano soprattutto di sottoporre a una attenta indagine ciò che ricordano di essere stati. (Franco Ferrarotti)

Il soffio del vento fa spesso riaffiorare nella mia memoria importanti episodi, collegati alla mia permanenza a Firenze, come militare di leva, che hanno avuto in seguito un rilevante significato per la mia vita sociale, culturale e professionale. Infatti in Piazza della Signoria, nella raffinata cornice del bar-pasticceria Rivoire, la cioccolateria storica nel centro di Firenze, un locale ricercato ed elegante, diventato un luogo di ritrovo esclusivo, sono avvenuti significativi incontri letterari con il mio carissimo amico Franco Montanaro.

Con questo carissimo commilitone ho incominciato a imparare a scrivere giornalisticamente collaborando per un periodico giovanile del partito repubblicano I Ciompi (rivolta popolare accaduta il 20 luglio 1378 a Firenze) con la pubblicazione di un primo articolo Il paese che invecchia all’alba che in seguito, alcuni anni dopo (nel 1966), ha fornito lo spunto e l’idea centrale per la stesura della mia tesi di laurea con il professore di sociologia Franco Ferrarotti.

          Nelle escursioni domenicali indelebili sono i ricordi legati alle lunghe passeggiate lungo l’Arno con le soste obbligatorie a Ponte Vecchio, uno dei simboli della città, a Ponte alle Grazie, Ponte Trinità, Ponte alla Carraia, soprannominato «ponte gobbo» per la sua accentuata curvatura, fino ad arrivare all’Isolotto nel Parco delle Cascine.

Spesso un divertimento domenicale era scoprire la città dall’alto. Si saliva sul Campanile di Giotto, sulla Cupola del Brunelleschi, sulla Torre di Arnolfo, si raggiungeva Forte Belvedere, San Miniato, per ammirare il panorama delle strade, dei palazzi, delle chiese, delle torri, insomma dell’intera città in tutto il suo splendore.

Altri indelebili ricordi, strettamente collegati al mio “rinascimento” umano e culturale, riguardano, oltre alla partecipazione ai concerti del Maggio Musicale Fiorentino, presso il Teatro Comunale o il Giardino di Boboli, gli incontri, culturalmente esaltanti,  in casa di amici di Franco, in particolare di due sue amiche, che mi offrirono con raffinato garbo una incantevole e calda accoglienza fatta di thè e soprattutto di un ascolto di musiche (i Notturni di Chopin), davanti alla Cupola di Brunelleschi, che si scorgeva da una finestra, in un luminoso tramonto, in una cornice di azzurro, capace di evocare una particolare atmosfera di autentica e calorosa amicizia.

Durante questo periodo, pur costretto a rimanere lontano dalla scuola, ho seguito con interesse incontri e dibattiti su temi scolastici come quello svoltosi presso il Palazzo di Parte Guelfa, dove ho conosciuto personaggi illustri: Tristano Codignola, Cesare Luporini, Carlo Ludovico Ragghianti che ebbero una notevole importanza per il loro costante impegno intellettuale e culturale per i problemi della scuola e dell’educazione.

A Firenze e dintorni (le colline di Fiesole, San Miniato, Pian dei Giullari, Settignano, Arcetri, Poggio a Caiano, Impruneta, Lastra a Signa), ho vissuto uno dei periodi più belli ed esaltanti della mia vita, durante il quale ho respirato in ogni momento cultura e bellezza. Durante il mio soggiorno a Firenze sono stato affascinato dallo splendore artistico e dalla raffinata cultura dell’umanesimo rinascimentale.

Ricordare per me è stato sempre importante perché come ha scritto il monaco e saggista Enzo Bianchi «Ricordare è principio della sapienza, è rendere fecondo l’accumulo delle esperienze fatte, è trasmettere alle nuove generazioni ciò che è stato lotta, conquista, bene prezioso da lasciare loro in eredità».


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