Simone Martini: l’Arte senese del Trecento

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Un artista lavora con la memoria e il suo compito è individuare quei soli elementi che andranno salvati dall’oblio, riportali nel presente e proiettarli nel futuro. (Marco Balzano)

Simone Martini, definito pittore della bellezza e della grazia, ed interprete raffinato dell’ideale cavalleresco, è nato a Siena nel 1284 circa, e morto ad Avignone nel 1344. Con lui la pittura senese compie un passo decisivo in senso gotico e apre un nuovo capitolo della pittura trecentesca, non solo italiana. Secondo la testimonianza di Lorenzo Ghiberti fu un «nobilissimo pittore e molto famoso» e considerato dai suoi concittadini come “el migliore” della loro città.

Il suo esordio artistico avvenne nell’ambito della scuola dell’illustre maestro senese Duccio Buoninsegna, alla cui bottega fu iniziato alla pratica dell’affresco e imparò a padroneggiare la linea con eleganza e l’armonia dei colori. Da Giotto, più vecchio di circa venti anni, Simone colse il tema della profondità spaziale, gli atteggiamenti articolati delle figure e la consistenza dei corpi.

Simone Martini, divergendo dai suoi maestri, si dimostrò subito un grande sperimentatore perché inserì nella pittura materiali eterogenei: carta, vetro, parti metalliche colorate e fu ritenuto l’inventore delle aureole, quasi emulando la raffinata tradizione dell’oreficeria senese.

La sua prima opera, la grandiosa Maestà, che è esposta sulla parete di fondo della sala del Mappamondo nel Palazzo Pubblico di Siena, risale al 1315, ma fu aggiornata nel 1321 dal punto di vista iconografico e stilistico. L’affresco, iniziato tre anni dopo la conclusione dell’acclamata Maestà di Duccio Buoninsegna per il Duomo senese, ne conserva la tipologia, ma cambia profondamente la simmetria dell’opera di Duccio in un cerchio rotante intorno alla figura della Vergine dalle sembianze di regina, mentre la profondità spaziale è suggerita dal baldacchino sovrastante.

Il grande dipinto, percorso da un sentimento di eleganza e di preziosità, è incorniciato da un’alta fascia nella quale si aprono medaglioni circolari raffiguranti lo stemma di Siena e quello del popolo, alternati a una serie di figure a mezzo busto. La vergine Maria, vestita alla moda francese con una sottile corona d’oro e il velo corto che le copra la testa bionda, con un mantello punteggiato d’oro, fa capire quanto sia nuova questa rappresentazione rispetto alla severa immagine dell’opera di Duccio.

Inoltre, osservando il particolare della Madonna, si è colpiti dalla sua postura: l’inclinarsi lieve della testa, la maniera di stare seduta di tre quarti che toglie all’immagine la frontalità bizantina e il gesto delle mani che tengono il Bambino come se avesse la leggerezza di una piuma.

Simone Martini si espresse in prevalenza con il colore e la linea sfruttandone tutte  le possibilità sia come mezzo espressivo, sia come principio di pura decorazione e interpretò, in forma molto raffinata, argomenti sacri e profani.

Due opere famose, legate al suo rapporto con gli Angioini, sono San Ludovico da Tolosa che incorona Roberto d’Angiò (tempera su tavola, Museo di Capodimonte, Napoli), una delle opere più belle e celebrative del potere, e le Storie di san Martino (Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi) commissionate nel 1317 dal cardinale Gentile di Montefiore, potente ecclesiastico e partigiano degli Angioini. Il tema della vita del santo cavaliere permise a Simone di creare quel racconto sacro venato di elementi profani che fu uno degli aspetti più affascinanti della cultura tardogotica.

Tra il 1319 e il 1325 furono realizzati i polittici che si trovano oggi preso il Museo nazionale di San Matteo di Pisa, nel Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto e nel Gardner Museo di Boston.

 Nel 1330 dipinse il celebre affresco di carattere civico, Guidoriccio da Fogliano, il capitano che campeggia tra alcuni castelli appena conquistati. Nello scenario deserto avanza il condottiero, realisticamente ritratto nel volto volgare e sgraziato e nel corpo tozzo e adiposo. Eppure nell’irrequieto movimento curvilineo e ondeggiante della  gualdrappa, la figura del soldato di ventura perde la sua materialità per diventare una superba immagine araldica. Questo dipinto, oltre la preziosità e il controllo formale, conferma l’interesse per il dato reale che è uno degli aspetti più nuovi e insospettati nell’arte di un pittore così teso a una visione sublimata del mondo.

Degli stessi anni sono le Storie del beato Agostino Novello (Siena, Palazzo pubblico) dove Martini si manifesta come piacevole narratore della vita delle contrade di Siena. Nel 1333 Simone dipinse la celebre pala dell’Annunciazione con Sant’Ansano e santa Margherita (Uffizi, Firenze) nella quale si realizza uno degli esiti più alti dell’arte italiana del Trecento elaborando, in modi molto originali e armoniosi, il linearismo gotico. Infatti le possibilità ritmiche della linea sono sviluppate fino all’estremo limite.  Racchiusa in una raffinata cornice come una facciata di chiesa a cinque cuspidi gotiche, la scena si svolge in un ambiente che la doratura di fondo rende astrattamente sublime.

Al movimento appena proteso dell’angelo, che ha il mantello ancora svolazzante, sollevato elegantemente dal vento, risponde in contrapposto il moto raggirato e ritroso della Vergine; l’oro profuso nel fondo, nei ricami preziosi delle vesti e nelle aureole, diffonde una vibrante luminosità sul tessuto cromatico.

Nel 1336 Simone Martini, come pittore alla corte papale di Benedetto XII, si trasferì ad Avignone dove conobbe Petrarca, di cui divenne amico. Per il poeta aretino miniò il frontespizio di un codice di Virgilio, il Vergilius cum notis Petrarcae (conservato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano) e dipinse un ritratto di Laura, andato perduto.

All’ultimo periodo avignonese appartengono alcuni affreschi molto rovinati che si trovano nel Palazzo dei Papi: il Polittico Orsini e la tavoletta della Sacra Famiglia che si trova a Liverpool nel Walker Art Gallery: opere in cui si avverte la raffinata attenzione al ritmo della linea.

Simone Martini, con la sua espressività lineare, non è un narratore drammatico di storie, poiché la sua capacità di osservatore si estrinseca su infinite apparenze accidentali, sulla varietà di tipi, di cose e di costumi. Il suo raccontare non assume mai accenti di evidenza realistica ma l’osservazione del vero si trasforma in sublimazione lirica, in un’atmosfera di limpida ed estatica contemplazione.

Simone è considerato la prima personalità di livello europeo nella storia dell’arte italiana. Infatti in Francia la sua pittura per l’altissima qualità artistica diventò per la pittura gotica un’esperienza da cui si irradiarono interpretazioni complesse e importanti, nodi di scambi tra la pittura italiana e quella francese ed europea.

 


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