Bellissimo film “Qui rido io” di Mario Martone, un ideale Requiem mozartiano o verdiano intonato per i grandi E. Scarpetta ed Eduardo De Filippo, geni del teatro napoletano e internazionale. Un film critico e appassionato, una biografia stendaliana, una sincresi del teatro e del cinema, una sapiente “contrazione” sinergica di due mondi afferenti. Nel film, infatti, il teatro corrisponde sinergicamente al cinema sebbene l’uno risulti e risalti “superiore” all’altro per comprensibili ragioni, soprattutto per la passione, esautorante ai limiti dell’insostenibile, spesso spietata e inappellabile che il teatro implica e comporta. Una passione sfrenata la cui forza è tale da divorare autori e attori, comprimari o comparse, esaltante e al tempo stesso distruttiva. Del resto Martone, regista teatrale- molto bella la sua regia de “I dieci comandamenti” di R. Viviani (teatro Argentina)- ha la sapienza e l’equilibrio necessari e sufficienti per amalgamare la narrazione/sequenza cinematografica con l’azione teatrale in un crescendo di atmosfere, chiaroscuri, silenzi e dialoghi perfetti, incastonati egregiamente nel luogo naturale cioè il palcoscenico sempre in primo piano del film. In questo il regista è servito superbamente dall’attore Toni Servillo, una maschera teatrale tra le più espressive, egregiamente “adeguata” allo schermo. Quel che emerge a tutto tondo è la passione teatrale, con essa il coinvolgimento dei bambini prodigio e non, comunque succubi nonché precoci animali da palcoscenico (il caso del futuro Eduardo con Titina). Un film “vero”, di sentimenti forti ora crudeli ora malinconici, costruito “teatralmente” senza rinunciare affatto al codice della cosa cinematografica. Con una colonna sonora superba come contrappunto, alcune tra le più belle, grandi canzoni napoletane gli autori di alcune di esse Libero Bovio e Salvatore Di Giacomo sono presenti nel film quali personaggi insieme a Ernesto Murolo (di cui anche una canzone). Con una apprezzabile allusione a Pirandello: il cinematografo abolirà il teatro? Il quesito fu posto dallo stesso (articolo Corriere della sera 1929) il quale pur diffidando del cinema aveva capito benissimo che esso e il teatro non avrebbero avuto ragione di contendere: a dimostrazione scriverà “Quaderni di Serafino Gubbio operatore. Insomma, Pirandello aveva capito l’importanza del cinema, probabilmente Martone vi avrà fatto riferimento. Convincente e calzante il riferimento esplicito a D’Annunzio, potremmo dirlo un intelligente cameo critico tra il sottilmente ironico, corrosivo e al tempo stesso obiettivo sulla “pretenziosità”, albagia e ideologia dannunziane. Azzeccatissima in proposito la querelle circa la rilettura comico-burlesca de “La figlia Iorio” adottata da Scarpetta e le conseguenti, assai ridicole o speciose azioni giudiziarie intentate dal Vate avverso il grande autore: una bella lezione anche per i giovani scolari. Ma il cinema nella scuola no?! Qualcuno di recente l’ha ventilato?! Nel merito il (fu!) liceo Classico Alighieri di Latina il suo tributo lo pagò, tra i vari,illustri invitati anche Mario Martone. E voi ministri Bianchi e Franceschini ai quali qualche parola in merito pure sfuggì, : cinema nelle scuole? Dove, quando…e se domani ?! Lo si proponga ai dirigenti scolastici in commercio! A proposito, suggerirò a Martone un sequel (comico) del suo film sulla scuola, titolo “Là si piange”! Evviva il cinema, non perdetevi il film ! (gmaul)

 


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