“Elencare tutto ciò per cui si ha nostalgia,per un giorno intero, senza piangere, senza spiegare e mettere in rapporto,senza nulla in mezzo, e farlo solo con le cose per cui si ha veramente nostalgia”. Questo aforisma di Elias Canetti mi passava per la mente vedendo il bel film di Nicolas Bedos “La belle epoque” che amalgama in un’ intelligente e sofisticata convivenza teatro e cinema salvaguardando un impianto assolutamente teatrale (Bedos è regista teatrale). Un film che sfiora con pungente delicatezza,ironia e autoironia il tema del saper invecchiare senza lasciarsi soggiogare dai rimpianti,dunque, realistico e,al tempo stesso, “favolistico”. Consegnandoci un messaggio molto concreto, in certo senso filosofico: Il passato, se lo lasci depositato dov’è, non rimane passato riducendosi in polvere stantia; devi cercare perciò di coniugarlo col presente complice una sana nostalgia. Che non può né deve essere quella del tempo perduto bensì nostalgia del presente, delle cose che si hanno rendendole magicamente nostalgiche, ovviamente, mediante il ricordo: per poterle riafferrare e non per piangerti addosso. Un film sull’amore perduto e ritrovato, sulla tenerezza;insomma, sulla ricerca del tempo perduto e sul tempo ritrovato ( Proust è di casa!).L’originale,sorprendente sceneggiatura (dello stesso Bedos), volutamente o no, riecheggia Pirandello pervasa com’è dal paradosso, dal “così è se vi pare”, popolata dalle persone-personaggi in cerca d’autore. Nella fattispecie, un impresario-regista affarista che gestisce un’agenzia per allestimenti di set cinematografici a misura d’epoca, per clienti nostalgici. Persone che desiderano rivivere un periodo della loro vita ricostruito in ogni minimo particolare,ora come allora (pagando un lauto prezzo). Con attori nei ruoli di persone conosciute,amate,contrastate in gioventù, al presente dileguate o, come la moglie del protagonista, convolate a nuova vita (con amante, caro amico del marito). Nella pièce (tale è da ritenersi il film) le persone si scambiano-alternano-confondono con i personaggi, gli uni entrano nella vita dell’altro: teatro nel teatro,metateatro, cinema dell’assurdo serviti in salsa piccante,agrodolce, crema pasticcera(!).Un intreccio e una mescolanza di sensazioni,sentimenti e emozioni che si credevano perdute e inafferrabili. Che in virtù della magica con-fusione di realtà e finzione, eterna legge del teatro nonché della commedia della vita,rivivono e prendono corpo sul palcoscenico (il set) col fondale su cui spiccano i colori della nostalgia di un
“presente storico” (inteso come tempo in greco o latino), con robe di scena credibilmente autentici (mobili,abiti,arredamenti e accessori vari) Molto bella la scelta dei brani musicali (classici e non), straordinari gli attori protagonist -un grande D.Auteil, una portentosa F.Ardant- i coprotagonisti (P..Arditi), tutti gli altri incondizionatamente. Un film che ti riconcilia col cinema d’autore nonché col teatro tradizionale e d’avanguardia(!). P.S. Quanto al fascino discreto alludo a quello straordinario film di L.Bunuel, “Il fascino discreto della borghesia”(titolo originale francese) la cui ironia e pungente leggerezza ho ritrovato,diversa situazione, nel film di Bedos.(gmaul)


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