I ricordi mi vengono incontro

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I ricordi mi vengono incontro di Edgar Morin

L’autobiografia è il racconto retrospettivo in prosa che un individuo reale fa della propria esistenza, quando mette l’accento sulla sua vita individuale, in particolare sulla storia della propria personalità. (Philippe Lejeune)

         Da diversi anni seguo con attenzione e interesse l’attività saggistica e letteraria di Edgar Morin, sociologo e filosofo francese, «intellettuale leggendario», una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea, che mi ha da sempre accompagnato nello sviluppo della mia formazione culturale e professione.

         Morin, nato nel 1921, ha compiuto da poco cento anni e ha deciso di raccogliere i suoi ricordi che «non sono memorie», come afferma nell’introduzione del libro I ricordi mi vengono in mente (Raffaello Cortina, Editore), ma ricordi che «sono arrivati e mi hanno invaso a seconda dell’ispirazione, delle circostanze, interpellandosi a vicenda e alcuni ne hanno fatto emergere altri dall’oblio… Ve ne sono altri, custoditi nel mio cervello, che non sono riusciti a risvegliarsi».

         I ricordi emersi testimoniano che Edgar Morin, il pensatore transdisciplinare, universalmente conosciuto per aver ideato il pensiero complesso, nella sua vita ha trovato molti fratelli e sorelle, amici che lo hanno aiutato a vivere emozioni e sentimenti, dolori e gioie, curiosità e interessi e a porsi soprattutto inquietanti e fondamentali interrogativi che lo hanno sollecitato lungo l’intero arco della sua esistenza: «Che cosa  è l’uomo? Che cos’è la vita? Cos’è l’universo?».

         Figlio unico, i suoi nitidi e teneri ricordi hanno inizio dal trauma legato alla nascita, avvenuta l’8 luglio 1921, a cui ha reagito con una forte capacità di resistenza alla morte. Questo evento è testimoniato da una lettera del padre nel 1975 per il suo cinquantaquattresimo compleanno (8 luglio 1975). Dopo la scomparsa dell’adorata madre diversi altri sono stati gli incontri con la morte, legati anche al periodo della Resistenza, raccontati con dovizia di particolari nelle prime ventotto pagine del libro, facendo riferimento al suo libro L’uomo e la morte.                    Ha vissuto la sua infanzia in solitudine e, avendo perso la mamma all’età di dieci anni, si è immerso con la sua sensibilità inquieta nei libri, nei film e si è nutrito di letteratura.

         Nel libro affiorano anche ricordi adolescenziali e giovanili, legati ai primi eventi di natura politica, economica e sindacale, che lo hanno catapultato nell’agone politico e hanno lasciano nel suo animo segni indelebili inerenti il nazismo e il comunismo staliniano, l’oscillazione tra la rivoluzione e il socialismo riformatore. Ha fatto esperienza nell’universo stalinista del partito comunista sotto l’Occupazione nazista della Francia.

         Durante il periodo adolescenziale e giovanile, provando grandi emozioni, si è nutrito di arte, musica e letteratura frequentando regolarmente il museo del Louvre, andando ai concerti e leggendo romanzi di Anatole France, di Tolstoj, Dostoevski, Cechov, Proust, Vassilij Grossman e saggi di Montaigne, Pascal, Rousseau, Hegel, Marx, Gide e Celine.

         In maniera molto dettagliata nel testo sono ricordati eventi riguardanti la guerra civile in Spagna (1936), l’inizio della Seconda guerra mondiale (1939), gli studi universitari, i soggiorni e i numerosi incontri decisivi, intellettuali e affettivi,  a Tolosa, a Lione, a Berlino e a Parigi durante il periodo clandestino della resistenza e nel dopoguerra, le amicizie, in particolare quella amorosa di Violette, studentessa di filosofia e sua compagna di resistenza, divenuta poi sua moglie.

         Molti sono i Ricordi che gli vengono incontro riguardanti importanti eventi come la rivoluzione ungherese e la repressione sovietica, la guerra d’Algeria, l’intervento anglo-francese a Suez, le repressioni antioperaie dell’Unione sovietica, l’esplosione dello stalinismo, gli anni eruttivi (1956-1962) dell’impegno nella rivista Arguments che furono bollenti e intensi perché suscitarono incredibili sconvolgimenti tra la cerchia di amici, conosciuti e frequentati grazie alla rivista.

         L’autore racconta, inoltre, i minuti eventi quotidiani anche con ricchezza di particolari Gli anni di Marguerite Duras (1946-1949) durante i quali, rientrato a Parigi insieme a Violette in rue Saint-Benoit, frequenta una comunità di intellettuali (sociologi, scrittori, poeti, registi) amici che segnano profondamente il suo spirito e la sua cultura.

Tra gli amici, verso i quali ha nutrito immensa stima e ammirazione, ricorda Pierre Courtade, Pierre Hervé e  Georges Szekere: tutti e tre dotati di grandissime qualità, la cui intelligenza e lucidità sono  state distrutte e accecate dal partito. Tra gli amici sono particolarmente ricordati il semiologo Roland Barthes per la sua ricerca semiologica, il surrealista André Breton, rappresentante del movimento culturale più importante del XX secolo, Pierre Naville (che sposò, in seguito, Violette), il sociologo Alain Touraine, Régis Debray, Ivan Illich e Octavio Praz.

         Tra i suoi ricordi riaffiorano anche i rapporti con la prima moglie Violette e le figlie Irène (sociologa che ha sposato lo scrittore Daniel Pennac) e Véronique (sposata con un pediatra) con le quali è stato «un padre intermittente». Sono amorevolmente ricordate anche le altre compagne della sua vita a cui fu particolarmente legato: Johanne che dopo la separazione tornò in Canada nella sua città natale, a Montreal, (colpita dalla leucemia muore nel 1993), Edwige (cagionevole di salute, per le crisi d’asma morta nel 2008) e Sabah.

         Con quest’ultima, quarta moglie, ha sancito l’unione fra un uomo di origine ebraica e una donna arabo-musulmana. Sabah, donna che ha il gusto del bello nella natura, nelle arti e nell’arredamento, gli ha salvato la vita per tre volte. Con lei ha vissuto insieme l’esaltazione delle primavere arabe, i disastri delle repressioni che vi hanno fatto seguito, la guerra civile internazionale della Siria e l’afflusso dei migranti che fuggivano dalle guerre dell’Afghanistan  e del Sudan, le carestie dell’Africa subsahariana.

Il racconto esistenziale di Morin, sostenuto da vividi ricordi, si svolge tra momenti storici diversi: la guerra civile di Spagna del 1936, il periodo dopo la Liberazione di Parigi (agosto 1944), l’esclusione dal partito comunista, il rapporto Krusciov (1956), la guerra d’Algeria, la rivoluzione ungherese, la resistenza,  la primavera di Praga, il Maggio francese del movimento di contestazione, della rivolta studentesca (prima  di Nanterre e poi della Sorbona e del Quartiere latino) e di tutta Parigi, contro l’autorità (1968) il discorso di Kennedy durante la crisi di Cuba per i missili nucleari, la crisi del comunismo di Tito, la guerra di Iugoslavia.

         Nel libro I ricordi mi vengono in mente sono raccontati i numerosi viaggi in ogni parte del mondo durante i quali l’autore annota cibi indigeni, musiche, usanze, abitudini locali.  I più bei viaggi descritti in maniera suggestiva sono quelli in Italia, in Europa del Nord, in America latina, in Giappone, in Cina, in particolare a Roma, Londra, New York, San Francisco, a San Pietroburgo e Mosca. (continua)


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