L’angolo delle curiosità su Dante

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È sempre meglio sapere che non sapere e la curiosità è il primo gradino della scala che conduce alla cultura.

Seneca

Alcuni studiosi con le loro ricerche letterarie hanno messo a confronto il poeta italiano Dante  con  lo scrittore russo Fëdor Dostoevskij. Per entrambi è possibile, oltre che “ritagliare” la proiezione  di sé in alcuni personaggi, avvicinare anche alcuni protagonisti della Divina Commedia e dei Fratelli Karamazov. Infatti nei due grandi autori si possono accostare Paolo e Francesca a Dimitri Karamazov e Grusenka, Ulisse a Ivan, folle sfidante di Dio, Guido da Montefeltro, consigliere fraudolento a Smerdjakov, ladro, violento e blasfemo, Tommaso d’Aquino alla saggezza dello starec (vecchio) Zosima.

Nella Divina Commedia le parole monte e montagna ricorrono più di settanta volte. L’Inferno è concepito quasi fosse un monte cavo capovolto che ha come vertice il nadir  il centro fisico della terra;  per antitesi il Purgatorio è un’altissima montagna a sette balze o “cornici”, sul cui apice è collocato il Paradiso terrestre, mentre ai suoi piedi si stende la spiaggia dell’approdo delle anime. Questo monte dell’espiazione è esattamente agli antipodi di Gerusalemme, sotto la quale si apre la cavità infernale. L’Empireo paradisiaco è formato da nove cieli tolemaici.

Il vizio della gola è condannato da Dante nel terzo dei nove cerchi infernali e nel sesto dei sette giorni del monte del Purgatorio In questo regno i golosi avanzano sotto alberi carichi di frutti irraggiungibili verso i quali i peccatori levano le mani simili a «bramosi fantolini e vani/che pregano, e ‘l pregato non risponde» (Purgatorio XXIV,108-109).

La preghiera del Padre nostro è stata parafrasata in otto terzine nel canto XI del Purgatorio ove Dante la metterà in bocca alla lenta processione degli spiriti superbi.

Protagonisti illustri dell’XI canto del Paradiso sono, oltre a Dante, san Tommaso d’Aquino (che morì  il 7 marzo del 1274 a Fossanova, Priverno) e san Francesco d’Assisi. San Tommaso durante l’incontro con il poeta fiorentino pronuncia una lode su san Francesco attraverso la metafora delle nozze mistiche con la povertà.

Secondo alcuni studiosi di Dante, il modo in cui la Commedia è stata studiata a scuola, ha portato per gli ingombrantissimi strati di analisi, a seppellire la poesia del poema. I commentatori si sono sentiti in dovere di ricostruire, in nota, la storia e la cronaca del tempo in cui Dante è vissuto. Secondo questi studiosi la Divina Commedia andrebbe letta senza note per gustarne il ritmo e la musicalità del poema.

Il Cinquecento fu un secolo fortunato per l’opera dantesca per le numerose edizioni italiane  e per le prime traduzioni in lingua straniera della Commedia. Nel corso di questo secolo si affiancarono molte biografie e studi critici. L’esiguo numero di esemplari risalenti al Seicento riflette il silenzio attorno all’opera del poeta e il limitato interesse verso il poema dantesco di cui furono presi in esame gli aspetti linguistici e lessicali piuttosto che il suo valore intrinseco. Nel Settecento ben più ricco  fu il gruppo di edizione dantesche comprendente 44 esemplari stampati tra il 1707e il 1796. Nell’Ottocento si sono avute oltre cento traduzioni della Divina Commedia in lingua straniera e nei vari dialetti italiani e anche una serie di periodici danteschi.   


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