Le Forze Energizzanti della Civiltà

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Le forze Energizzanti della civiltà

 

 

di Sergio Salvatori

 

Nell’antica Grecia i prìncipi orientali ed europei, (spiega lo psicologo James Hillman in un saggio) dilapidarono tutti i loro patrimoni per far erigere monumenti d’imperituro splendore, in gloria dei loro dèi e naturalmente di loro stessi. A quei tempi continua Hillman, una popolazione turbolenta era placata dalla bellezza e dalla edificazione della bellezza. Oggi di fronte alla banlieu (periferia) parigina in fiamme, quale sarebbe stato il pensiero di Italo Calvino: “La città è l’inferno dei viventi?”, come sosteneva egli stesso nel suo libro intitolato “Città Invisibili”. Negli ultimi 50 anni anche nelle nostre periferie, la qualità della vita, dell’arte e dell’architettura sono ugualmente assenti. I poveri sono stati trasferiti in case nuove tutte uguali e i centri storici, sono diventati sedi di rappresentanza, fast food, ristoranti, pizzerie, pub e alloggi per persone ricche e raffinate. Questi spazi periferici, che si sono sviluppati attraverso la separazione delle persone e dall’anestesia della sensibilità, in alcune ore della giornata si svuotano e diventano pericolosi e i veri sofferenti sono i bambini, educati da adulti, che sono a loro volta indotti alla passività. Questa esperienza urbana ha ridotto la capacità di immaginare e di comunicare ha portato l’essere umano ad una nuova monotonia, ad una nuova solitudine. La sfida è di rendere attraverso l’arte e l’architettura belle le periferie, chi ha costruito le città del passato le ha disseminate di sorprese e di nuove prospettive. Le periferie del sistema urbano sia di Latina ( la Q5 e Borgo Piave), sia di Roma (Laurentino 38, Tor Bella Monaca, Corviale, Vigne Nuove), sono le aree dove si registrano più facilmente quei fenomeni di criticità urbanistica, ambientale e sociale. L’artista Joseph Beuys, anche se ha vissuto in luoghi e tempi diversi dal nostro, (nasce nella cittadina di Krefeld del Basso Reno, nel 1921/1986) pone l’uomo e la natura al centro di una rigenerazione totale, dove l’arte fa raggiungere all’essere umano la propria libertà; egli affermava: “La rivoluzione siamo noi”. Il fare arte spiega Beuys: “E’ per l’uomo un modo per lavorare nel campo del pensiero”. Achille Bonito Oliva nel catalogo “Segni e Tracce”, delle Edizioni Carte Segrete spiega nel saggio intitolato”Trattismo: ecologia dell’arte”, che il gruppo dei pittori trattisti, in sintonia culturale con un’esperienza diversa come quella di Beuys, ha cercato di realizzare una relazione tra arte e vita. Partendo dall’assunto alienante della città, lo spazio urbano costruito è tragicamente adibito a scambi artificiali, parziali e mai totali, cioè alla salvaguardia dell’unità antropologica dell’uomo. …  sempre Bonito Oliva: “Arte urbana questa dei trattisti. Operazione di igiene culturale e sociale che produce anche un effetto ecologico e di depurazione”. L’architettura soprattutto in Italia, riveste oggi un ruolo marginale nella società, forse perché la sua presenza diventa raramente oggetto di esposizione e quando questo avviene, si propone mediante fotografie, plastici e planimetrie, comprensibili più che altro ad esperti. Massimiliano Fuksas, l’architetto-pittore, da molti anni dedica un’attenzione particolare allo studio dei problemi urbani delle grandi aree metropolitane. Fuksas, riferendosi al “Corviale” il palazzone sulla Via Portuense sostiene con decisione la sua tesi: “Le mie priorità di abbattimento, sono rivolte allo Zen di Palermo, al Corviale di Roma, alle Vele di Secondigliano”. Egli afferma che queste costruzioni sono contro l’uomo e per questo vanno rase al suolo. L’architettura è società afferma Renzo Piano, perché non esiste senza la gente, senza le sue speranze, le sue aspettative, le sue passioni. I trattisti nel primo manifesto del 1982 affermano che il trattismo è l’arte di chi non ha mai compreso l’arte, degli emarginati, dei vagabondi, degli alienati e di tutti quelli ai quali è stato insegnato che non potevano dipingere perché non sapevano disegnare. Da questo stralcio del manifesto trattista, si avverte la denuncia dell’emarginazione in difesa del popolo non acculturato, che è tenuto lontano dall’arte; mentre il manifesto trattista del 1983 è antiarchitettonico-antiurbanistico, in altre parole contro un tipo di urbanistica degradante moralmente e fisicamente, che mette in evidenza la qualità della vita nelle periferie e dell’effetto claustrofobico che ha sugli individui. Gli urbanisti hanno radicalmente modificato la nostra nozione di città e gli architetti, sostengono i trattisti, dovrebbero immaginare questi spazi abitativi, non solo come quartieri dormitorio, ma anche come luogo in cui esserci. E’ in questo paesaggio che vive il disagio ecologico dell’uomo, l’inquinamento mentale. Questi complessi urbanistici saranno veramente tali, (è scritto nel secondo manifesto trattista) se chi vi abita non sarà soltato ospite, ma anche creatore dell’ambiente urbano. Da questo pensiero nascono delle performances poetico-artistiche, che utilizzano lo spazio urbano di “Laurentino 38, Tor Bella Monaca, Corviale”. L’azione significativa dei trattisti, inizia nella strada principale  che attraversa Laurentino 38. In questa esperienza offrono ai passanti una “visiera dipinta”, che è calzata come copricapo, indicando la possibilità di ridurre la visione della struttura architettonica con i suoi Ponti, (elementi portanti di degrado) che colpiscono i sensi, i globi oculari, è una denuncia sociale spiegano gli artisti, come resistenza poetica, come recupero positivo di forze primeve. Possiamo solo sperare che in un prossimo futuro, l’edilizia pubblica risponda sia alla gravissima emergenza abitativa, sia alla qualità architettonica e ambientale e che un giorno si possa parlare non di centro e di periferia, ma finalmente di città.


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