Ho avvertito l’esigenza di tornare a vedere “Parasite” di Bong (…)Ho  non per l’Oscar ma per la sana abitudine -il dovere-di vedere determinati film almeno due volte cioè “studiarli”. Un film potente,magistrale sia sul piano artistico sia su quello sociale e culturale in genere, istruttivo e definitivo: ha detto tutto il dicibile e l’indicibile circa il degrado,la degenerazione capitalistico-borghese, l’eterno sfruttamento e calpestamento della povertà, dei poveri e diseredati. Di quella “povera gente” di cui il grande poeta meneghino Carlo Porta parla non già come dei “vinti” (verghiani) bensì come degli esclusi dal contesto sociale, condannati a vivere neanche ai margini ma al di fuori della stessa società,quindi,della storia: di qui la consolatoria “bestemmia”,l’imprecazione liberatoria,la reazione a rivalersi. La rappresentazione che il regista orchestra mirabilmente è tragicamente tragica, una bolgia infernale a due facce, quella “di sopra” -i benestanti,i padroni,il potere economico e sociale- e quella “di sotto”; i ricchi sempre più ricchi e i poveracci sempre più poveri: los olvidados ovvero i dimenticati. Una rappresentazione a tinte fosche della disumanità che oltraggia,inghiotte, del disumano-troppo disumano. I due mondi sono meticolosamente e spazialmente “confrontati” attraverso lo specchio-spettro delle rispettive dimore,ancor più da una dependance dell’orrore: il seminterrato della lussuosa villa, un inferno irreale e spettrale,risvolto immondo di ogni perversione generata,da un lato, dall’ingordigia di essere sempre più ricchi,dall’altro,di non poterlo essere mai. Vi alberga il prototipo di coloro che mai furono vivi, un relitto umano che si rivelerà il cosiddetto “angelo sterminatore”. Un teatro dell’orrore, controvalore inquietante della miserrima abitazione di coloro che diabolicamente si sono infiltrati e stabilizzati nella villa guadagnandosi la condizione di “parassiti” di lusso, geniali e diabolici (una famiglia “degli Atridi” formato ridotto!). In verità diabolici lo sono tutti, i ricchi e i poveri con la differenza che gli uni in termini di perversa amabilità e gentilezza (“è facile essere gentili quando si è ricchi, anch’io se lo fossi sarei tanto gentile” dice la madre parassita), gli altri di avversione o soffocata rabbia contro l’ingiustizia sociale, in primis la disoccupazione: “Non possiamo lamentarci,ora abbiamo il posto fisso e un bello stipendio!” dice il il padre-parassita. Più che di denuncia sociale parlerei di denuncia capitale trattandosi di un’analisi “marxista-leninista” dell’illecito e inumano sfruttamento capitalistico in senso lato. Di una sconvolgente attualità come può esserlo ogni classico,dunque anche “Il capitale” di K.Marx,meglio ancora “L’accumulazione del capitale” di R.Luxemnurg (nel film la si trova tutta!). Una esemplare lezione di storia e di profonda umanità. Crudele come possono  esserlo talvolta la Bibbia o i Vangeli. Un film orientale (coreano) che supera ogni confine geografico (sarà un caso la canzone di Gianni Morandi ?) . Una “macchina infernale” che rende il racconto stritolante per il realismo eccedente ogni realtà tanto da farla risultare inverosimile. In cui il senso del tragico,della ybris, della mannaia del fato superano i limiti di una classica tragedia greca. Tutti i personaggi sono tragici e al tempo stesso diabolici. Dei vari “diabolici” della storia del cinema – ricordiamo I diabolici (H.G. Clouzot,1954, un dramma criminale); Il diabolico complotto del dott. Fu Manchu (P.Haggard,1980); Il diabolico Dottor Mabuse (F.Lang,1960)- “Parasite” può considerarsi, per paradosso temporale, l’antesignano e il capo d’opera in assoluto.

(gmaul)


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