Pasolini: il fantasma dell’Origine

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Pasolini: il fantasma dell’Origine di Massimo Recalcati

L’odio, il disprezzo, l’ostilità di cui Pasolini fu oggetto non riguardavano il suo essere poeta, quanto piuttosto l’essere stato un geniale e radicale critico della società. (Alfonso Berardinelli)

 Nel rendere omaggio a Pier Paolo Pasolini, illustre e discusso intellettuale italiano, nel centenario della sua nascita, non poteva mancare tra le voci autorevoli di poeti, scrittori, cineasti, critici letterari e teatrali, filosofi e teologi, quella di Massimo Recalcati, uno dei più noti psicanalisti italiani, che ha scritto: Pasolini: il fantasma dell’Origine, pubblicato dall’editore Feltrinelli.

Nel primo capitolo Recalcati sintetizza molto bene ciò che è stato per lui Pasolini affermando: «Ho incontrato il testo di Pasolini dopo aver incontrato da ragazzo il suo corpo morto, ferocemente assassinato. Per la mia generazione Pasolini è stato sinonimo di anticonformismo, libertà intellettuale e pensiero critico. Il personaggio pubblico, il divo, l’intellettuale, il poeta, l’omosessuale appariva fuori dagli schemi, introverso e inassimilabile al pensiero dominante. Era sufficiente quello per provocare alle nuove generazioni simpatia spontanea e ammirazione, che spesso però prescindevano dalla conoscenza della sua opera».

L’autore si è avvicinato all’opera di Pasolini dopo la morte del poeta, dedicandogli la tesi della sua maturità: Popolo e religione nell’opera di Pasolini (1978) e ha scoperto dopo, progressivamente, la poliedrica figura del poeta civile, dell’intellettuale eretico e ribelle, del critico irriducibile di ogni forma di avanguardia, di energico contestatore del “sistema” capitalista, della società dei consumi e della mutazione antropologica, del conservatore dei valori della tradizione contadina e dello sperimentatore della lingua.

Prendendo lo spunto dall’articolo Contro i capelli lunghi (Corriere della Sera, 7 gennaio 1973), Recalcati, dandone una lettura psicanalitica, sostiene che l’avvio del pensiero pasoliniano risale a Rousseau, all’idea di natura, al mito della purezza dei corpi, alla concezione della vita come «assoluto bene» e della storia incontaminata dell’Origine, e le sue riflessioni sono accostate e confrontate con le idee di Freud,  Lacan e Foucault.

L’autore, con chiarezza espressiva, con notevole efficacia argomentativa e acume di analisi, mette in risalto che il conflitto tra pulsione e storia, la divisione tra tempo immutabile dell’Origine incontaminata e tempo storico si possono ritrovare nella raccolta poetica Le ceneri di Gramsci, dove nei versi, «con te e contro te; con te nel cuore/ in luce, contro te nelle buie viscere», si può cogliere l’intimo dramma lacerante di Pasolini a riconoscersi come soggetto storico.

Secondo Recalcati Pasolini si schiera con Rousseau contro Marx e Gramsci (ritenuto padre simbolico), perché il progresso storico e lo sviluppo allontanano l’uomo dalla natura, dal carattere incontaminato dell’Origine conducendolo verso l’alienazione e l’omologazione totalitaria e distruttrice, perché per Pasolini più l’uomo costruisce la civilizzazione e più smarrisce il senso religioso della vita.

La lacerazione pasoliniana tra pulsione e storia, tra tempo dell’Origine e quello della storia, è riscontrabile anche nella raccolta poetica La religione del mio tempo (1961), dove «lo sviluppo è un tempo privo di progresso, è una separazione irreversibile dal carattere sacro e mitologico». Il processo della storia, in contrapposizione al periodo della gioia infantile e adolescenziale, alla felicità del corpo immerso nella natura della campagna friulana,  è inteso come regressione, degradazione.

Recalcati, nell’esaminare la vita e il pensiero del poeta di Casarsa, si sofferma ulteriormente sulla silenziosa «rivoluzione reazionaria» del Nuovo fascismo i cui fenomeni decisivi sono l’industrializzazione neocapitalista e la cultura televisiva che, nell’ambito di una mutazione antropologica, riducono gli esseri umani a diventare «strane macchine» e «sudditi consumatori». Per Pasolini la borghesia è una nuova categoria dell’umano che, nell’ambito di una totalitaria «civiltà dei consumi», trasforma l’uomo omologato a consumatore in un mondo diventato mercato.

La violenza della civiltà dei consumi, che ha portato a una devastazione antropologica, è stata espressa da Pasolini anche nel celebre articolo sul Corriere della Sera (1975) Il vuoto del potere con la metafora della «scomparsa delle lucciole», delle loro luci intermittenti sostituite dalle potenti luci delle tecnologie, che configurano un nuovo tipo di umanità e di rapporti sociali.

Il Nuovo Fascismo è la cancellazione del mondo contadino friulano, della vita incontaminata della campagna di Casarsa, del sottoproletariato urbano di Roma; universi sostituiti dal trionfo delle macchine, della televisione e della società massificata della città. Pier Paolo Pasolini mette in rilievo anche il permanente conflitto tra la luce dell’Origine, della natura incontaminata della campagna e le tenebre del tecno-fascismo, dell’alienazione della storia, della degradazione della città ipnotizzata dal mito dello sviluppo.

Recalcati, analizzando le due stupende emblematiche poesie, Supplica a mia madre La realtà, pone in risalto la cifra ultima del pensiero pasoliniano, caratterizzato dall’amore platonico “senza carne” verso la madre e dalla pulsione sessuale “senza amore” verso i coetanei «sparsi per pianure e colli, per vicoli e piazzali». E questa «disperata vitalità» del poeta, lo porta verso una assoluta solitudine e soprattutto verso un desiderio di morte.

Con questo saggio Pasolini: il fantasma dell’Origine, Massimo Recalcati fornisce, con una incisiva e avvolgente scrittura, un ritratto vivo e intenso di Pasolini, la cui caratteristica principale è l’ossessione dell’Origine, il profondo dissidio tra vita e storia, tra corpo e ragione, tra individuo e comunità, tra mito e demitizzazione.

È un libro straordinario che, grazie alla acutezza e profondità dell’autore, aiuta i lettori a comprendere meglio la feconda opera letteraria e cinematografica del più discusso intellettuale del Novecento italiano, attraversato da laceranti contraddizioni.

 


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