Quale scuola nel futuro?

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Quale scuola nel futuro?                                                                      di Alberto Alberti

Non si va a scuola per imparare un mestiere, ma per diventare cittadini colti e solidali.                                                                                  Edgar Morin

Viviamo un momento storico completamente diverso rispetto al recente passato, caratterizzato da un profondo cambiamento epocale, in cui è necessario e urgente comprendere dove stiamo andando, quale meta intendiamo raggiungere, quali nuovi traguardi si pongono davanti al nostro orizzonte culturale, politico e sociale.

 In questo nuovo e inedito scenario di transizione epocale occorre porsi anche la domanda quale ruolo e funzione dovrà avere la scuola per il futuro della società e per le nuove generazioni di bambini e di giovani che vivranno nel nuovo contesto.

Alberto Alberti, l’autore del saggio Quale scuola nel futuro? (editore Anicia) strutturato in tre densi capitoli, afferma che la «la scuola di domani ha problematiche originali, mai sperimentate nel passato. Ci toccheranno nuovi impegni, nuove fatiche ma anche vivace immaginazione e grande fiducia».

Nel primo capitolo Alberto Alberti rievoca in maniera chiara e sintetica leggi, decreti, provvedimenti che hanno caratterizzato la scuola degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso (istituzione della scuola a tempo pieno, i decreti delegati, la legge sulla programmazione, la valutazione e l’inserimento dei portatori di handicap e la lotta alla dispersione scolastica…).

A queste battaglie scolastiche, politiche e culturali ognuno di noi, impegnato o come insegnante nel tempo pieno o dirigente scolastico, ha partecipato vivamente non solo come testimone, ma in maniera attiva, come militante, nell’ambito della scuola e dell’impegno politico-culturale nel sindacato e nell’associazionismo professionale (MCE).

La conclusione dell’analisi storico-politica dell’autore, nel primo capitolo, al di là della responsabilità dei vari ministri degli ultimi decenni e delle teorie psico-pedagogiche affermatesi, sta nel sottolineare che i destini della scuola, fenomeno sociale complesso in cui interferiscono fattori diversi e imponderabili, non sorgono all’interno della scuola, come istituzione formativa, ma «sono frutto di circostanze favorevoli o sfavorevoli che coinvolgono la società nella sua interezza».

Nel secondo capitolo, particolarmente attuale, l’autore con rigore e chiarezza argomentativa esamina la scuola in rapporto alla pandemia che ha sconvolto non solo le famiglie, il mondo del lavoro, lo sport, l’economia, la cultura, ma anche l’istituzione scolastica che non è stata, nell’emergenza, adeguatamente protetta nell’organizzazione (edilizia, spazi necessari per il distanziamento, organici, pulizia aule, banchi…).              La situazione pandemica ha messo in risalto, oltre che le disastrose deficienze strumentali e le problematiche di criticità del sistema scolastico, anche le urgenti necessità per avere una «buona scuola», un diverso modello educativo e considerare l’istituzione scolastica un importante settore strategico sul quale investire.

 La pandemia del Covid19, oltre a rendere impossibile il corretto svolgimento delle attività didattiche in presenza, ha fatto intravvedere una nuova forma organizzativa, e una rinnovata concezione di scuola (classi, aule, curriculo, tempi) basata su nuove abilità, competenze e attitudini diverse rispetto a quelle della tradizione.

 Nell’ultimo capitolo Alberto Alberti si chiede cosa accadrà, per la vita e per la scuola, dopo la fine del periodo pandemico. Considerando lo sviluppo scientifico, tecnologico e informatico, la diffusione sempre più ampia e invadente degli strumenti digitali e della telematica si possono avanzare delle ipotesi sul lavoro a distanza, sull’insediamento umano nel territorio (città/campagna).

Anche per la scuola si avranno scenari nuovi per i cambiamenti necessari attraverso sperimentazioni e incentivazioni: scuole più ricche di nuovi spazi fisici (ambienti plurimi) e nuove risorse economiche, maggiore utilizzo dei mezzi informatici e soprattutto una nuova concezione più moderna del sapere che unisca quello “alto” (astratto e disinteressato) e quello “basso”  (tecnologico, pragmatico, ma anche artistico e creativo). Non una gerarchia dei saperi, ma una rete di saperi, dove zone di conoscenza di diversa natura possono reciprocamente arricchirsi e svilupparsi.

Nella complessa società contemporanea, per vivere in maniera adeguata e per utilizzare al meglio la libertà e la democrazia, si ha bisogno delle varie «forme di intelligenza» (descritte dallo psicologo statunitense Howard Gardner) affinate dalla scienza e dalla cultura. In questo  nuovo quadro di riferimento culturale, sociale e pedagogico, è necessaria una didattica fondata sul «fare intelligente» che sappia unire, con un lavoro di squadra, apprendimenti astratti e tecnologie.

Quale scuola nel futuro? è un saggio di straordinario spessore, su una tematica quanto mai ardua e complessa, affrontata con passione e rigore scientifico. È un libro interessante da leggere per insegnanti, genitori, dirigenti scolastici, amministratori e politici che hanno a cuore il destino di una istituzione formativa, libera e democratica: la scuola, cardine della vita comunitaria di un Paese avanzato.


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