L’isola della Galite, a nord della Tunisia, ha visto la presenza di una folta colonia di pescatori ponzesi con famiglie sino al 1983. Un posto simile a Ponza sotto tanti aspetti, molto pescoso e dal clima mite. Fu formata una vera e propria comunità con villaggio, case, chiesa, scuola, cimitero, mantenendo costumi, usi e tradizioni. Il culto del patrono San Silverio non è mai mancato a la Galite con regolare processione il 20 giugno. I ponzesi chiavano Ialda la bella isola tunisina dove vivevano lavorando come pescatori, allevatori e agricoltori. Negli anni trenta dell’ultimo secolo esisteva un regime di tolleranza da parte delle autorità coloniali francesi che venne messo in crisi dalla politica di rivendicazione del fascismo sulla Tunisia. L’indipendenza tunisina con la costituzione di una repubblica con a capo l’inossidabile presidente Bourghiba pose lentamente fine alla presenza dei ponzesi. Nel 1964 migliaia di italiani furono costretti a tornare nel paese di origine, molti arrivarono a Latina e Aprilia dove si sono distinti per operosità, specialmente nel settore vitivinicolo.
Silverio Corvisieri – ex deputato, storico, giornalista e scrittore – in uno dei suoi fortunati libri dedicati a Ponza ha scritto: “Come raccontano tante leggende sulle fondazioni di città, anche per la Galite c’è un delitto all’origine della nuova comunità. Antonio D’Arco, un uomo rude e coraggioso, forse collerico, certamente autoritario, proprio nel 1867, a 41 anni, era dovuto fuggire da Ponza dopo aver ridotto in fin di vita un domiciliato coatto. Si era imbarcato su una corallina torrese e, una volta giunto nelle acque africane era disceso a Le Calle dove più tardi si era fatto raggiungere dalla moglie, cinque figli e un fratello. Come i renitenti alla leva o altri ricercati dalla giustizia italiana, anche Antonio D’Arco non poteva più tornare indietro, ma a differenza degli altri, non si adattava alla nuova vita. In una dichiarazione resa alle autorità tunisine sostenne che a Le Calle soffriva di febbri malariche. In realtà egli amava quel senso di totale libertà, se si vuole, quell’illusione di libertà che soltanto l’isola può dare. E la Galite era lì a portata di mano. Nel 1872 ruppe gli indugi; caricò su una barca moglie, figli, pochi mobili, ben sette fucili da caccia, un pò di sementi, qualche animale, e con questa mini-arca di Noè approdò all’isola deserta per fondarvi una comunità: la sua!”
Nel 1983 sull’isola era rimasto solo Giovanni D’Arco, un pronipote di quell’Antonio che fondò la comunità ponzese. Nella località balneare francese di Le Lavandou andarono a vivere molti ponzo-galitesi, insieme a tabarchini. Attualmente la Galite è una piccola base militare.
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