Giustizia biblica e Grazia

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Giustizia biblica e Grazia                                                          di Carmine di Sante

Un libro come questo non si può scrivere al principio della propria parabola esistenziale e culturale. Ma quando la misura è piena e matura. Quando si è riusciti a fare una sintesi, il più vicina possibile tra quello che si pensa e quello che si vive. C’è insomma una sotto-traccia nell’impianto teorico argomentativo del testo. E’il condensato esistenziale di chi è arrivato a comprendere quanto la realtà sia complessa, stratificata, problematica. E dunque non richieda risposte di breve respiro, ma piuttosto apertura di scenari, di sfondi, o come direbbe Gadamer di orizzonti interpretativi.

 Carmine di Sante per affrontare un tema così complesso e delicato come quello della giustizia, della grazia e del perdono sceglie un metodo multidisciplinare. Il testo è intarsiato di riflessioni che abbracciano la Sapienza biblica e il pensiero teologico, ma costantemente la lettura psicologica, sociale, culturale. Con la ricaduta che poi tale lettura produce sul piano giuridico, etico e politico.

L’Autore parte dalla vita, dalla esperienza propria di limite di grazia ma soprattutto dalle vite ferite degli altri, altre, incontrate nel carcere dove Carmine ha per anni portato avanti la sua proposta culturale-educativa. In qualche modo Carmine sceglie di riflettere sul questo tema a partire dal grido che ha raccolto nelle carceri. Il lamento, la dignità dimezzata, l’umanità ferita, il bisogno di riscatto.

Il biblista di Sante riconosce che le vite ferite incontrate nel carcere sono imparentate con le vite ferite incontrate lungamente nel testo biblico. Che nella Scrittura c’è una sorta di biografia collettiva che raccoglie i frammenti biografici delle persone.

Un codice quello biblico per reintegrare il loro passato, ma più sorprendentemente per immaginare il loro futuro. In questo la Bibbia offre la possibilità di uno sguardo escatologico sulla vita degli altri, in cui il giardino promesso, il paradiso possibile, possa essere non un miraggio, ma un cammino per arrivare alla propria dimora, dopo l’esilio. Cosi come fu accodato al buon ladrone dallo stesso Cristo, secondo la definizione di Cirillo di Gerusalemme “compagno di strada” del Nazareno “Oggi sarai con me in paradiso”.

In questo Carmine ricorda il progetto di felicità che il Dio biblico ha preparato per i suoi figli e figlie. Dio, non è contro la felicità della persona ma è lui stesso la felicità. Come recita un libro di un Maestro da poco scomparso, il teologo di Granada Josè Maria Castillo, Dio e la nostra felicità una congiunzione che può trasformarsi in copula: Dio è la nostra felicità.

Questa terra della Bibbia è terra di promessa, tanto più per coloro che come l’orfano, la vedova e lo straniero sono stati impoveriti ed esclusi dal banchetto della felicità e che invece rimangono gli ospiti d’onore di Dio.

Molti migranti portarono nelle loro borse di fortuna insieme alle cose necessarie una Bibbia o un Corano. Molte bibbie e Corani sono stati raccolti ad esempio a Lampedusa a testimonianza di questo. In un momento in cui si perde la terra, si attraversa il mare, si naufraga o ci si salva, il libro sacro rimante l’unico pezzo di terra possibile. Lo spazio per costruire una possibile utopia.

​          Anche il carcere, di fatto, è una forma di esilio, di perdita, di mancanza di terra, di spazio materno. Ecco che la scrittura può tornare ad essere quella terra di mezzo che manca. Sulla quale tentare di piantare di nuovo la propria tenda. Sappiamo quanto i libri sacri possano essere presi in ostaggio da pretesti ideologici e fanatici per seminare false attese, e contraffare la realtà. Carmine sceglie la Bibbia come uno spazio laico, potremmo dire, cioè anti-ideologico, per costruire un quadro utopico possibile là dove la distopia ha mangiato il futuro e negato la grazia. In un luogo come il carcere in cui la relazione è spezzata, perduta, la Bibbia offre la relazione come salvezza e salute della vita.

La Bibbia che pure nasce dentro una sapienza di ricerca credente, non chiede in questo senso la fede in una religione, ma l’apertura ad una Alterità inedita. Tale apertura è strutturalmente umana. Per cui nessuno che sia umano, anche là dove quell’umanità avesse perduto, tradito, straziato, è impossibilitato di ritornare la vita della relazione e della riabilitazione.

La Bibbia non ci consegna come modello originario e originale la macchia, la colpa, come ci ricorda l’Autore, ma da una benedizione. Tale benedire non ha a che fare con il sacro (in quanto separato, puro, lontano) ma con la vita, con sua potenza creatrice, per questo generatrice di nuove relazioni e possibilità.  Genitrice di futuro.

Prigionieri di un sistema che ha trasformato anche la vendetta in un sistema di leggi, si è cercato nel tempo di ritrovare una nuova o rinnovata idea di giustizia che avesse a cuore la persona, il volto, le relazioni e un mondo infine pacificato. La Bibbia offre l’orizzonte in cui Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno, come recita il Salmo 84. Spesso si pensa alla Legge come il padre severo e alla misericordia come la madre compassionevole. Due mondi vicini ma quasi inconciliabili.

Carmine Di Sante presenta nel suo libro questo sposalizio, o nuovo sposalizio tra legge e misericordia. Cosi che la Legge sia alla fine sostanziatasi dalla misericordia, e la misericordia costituisca il cuore della legge: così che si possa dire con la lettera ai Romani “Pienezza della legge è l’amore”.                                                                                                                            Dalla Bibbia una proposta educativa: una sollecitazione al cambiamento di paradigma. Non è facile in un mondo che complessivamente sta regredendo, e in una condizione in cui la politica manca di visione, di profondità ….

La riforma della giustizia, e in particolare del sistema carcerario, è necessaria e urgente. Poiché da una riforma carceraria si dovrebbe capire la solidità di una idea sana di democrazia, di diritto. La creazione biblica è creazione etica, scrive Carmine, “Per la Thorà creare è creare l’uomo etico, cioè giusto”. Ed è questa umanità etica che diventa il patrimonio comune dell’umanità     che dobbiamo custodire e promuovere.

Oggi il mondo intero è incarcerato dentro una dinamica di vendetta, di domino. La crisi ecologica ne è un segnale drammatico. Le guerre presenti sulla terra, in primis quelle tra Russia e Ucraina e Israele e Palestina, sono il segno che lo stesso Dio è stato internato in un sistema carcerario di tipo ideologico, economico, politico che non pensa al suo futuro. In questi tempi difficili, va ripresa la sfida di Etty Hillesum “prenderci cura di Dio” perché Dio non sia distrutto in noi. Proteggere questo pezzetto di Dio in noi è la sfida etica per superare l’idolatria dell’io e la patologia del potere. E questo nella teologia di Carmine di Sante significa uscire dall’idolatria dell’io, del logos contraffatto, e spingersi verso l’infinito altro, fino a celebrarlo come Epifania della salvezza.

Dietro Carmine sono ben visibili in controluce i suoi Maestri di pensiero: Buber e Lévinas ma soprattutto il suo Maestro Armido Rizzi …Tutta la architettura di Carmine si sviluppa a partire dalla grande visione prospettica di Armido Rizzi. La comunione intellettuale e amicale tra i due è stata cosi viva e profonda che il discepolo Di Sante, con il suo racconto teologico così debitore al Rizzi, per evocare una immagine di Buber sul santo Balsceem… Aveva fatto danzare alla fine della vita, il suo Maestro, danzare di felicità (lui che era infine imprigionato nella mente e nel corpo dalla malattia) consegnando nelle mani del maestro e al pubblico lo stato di riflessione critica sulla teologia di Rizzi.

Il libro di Carmine ha il valore di una consegna. Una consegna per rivestire la “responsabilità culturale” come la chiamava il teologo mio conterraneo Romano Guardini.  E le religioni e le chiese che da questa scuola di sapienza provengono, ma che nel tempo, possono aver perso la passione e il coraggio del primo amore, dovrebbero essere le prime ad accogliere questa scommessa della Misericordia come pienezza della Legge.  Se infatti le religioni e le chiese hanno perduto questa utopia della giustizia e del perdono, questa è escatologia della pace, ciò è avvenuto ogni volta che hanno perso memoria del loro primo amore.

Certo quello della croce su cui Carmine torna alla fine del libro è un potere crocefisso (espressione di Olivier Clement) ma proprio da quei si sprigiona l’energia della risurrezione che fa nuove tutte le cose. Un circolo racconto Il fico Bianco Il pero era pieno di fiocchi bianchi … Non ci resta che tornare alle parole di Giovanni (lo fa stesso Carmine nel libro) dopo la lavanda dei piedi e messe sulla bocca di Gesù: Ora sappiamo queste cose, ma saremo beati se le metteremo in pratica.                                                 Marco Campedelli


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