Le donne nella storia dell’arte: Lavinia Fontana

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Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno  di mostrare nulla se non la loro intelligenza.
Rita Levi Montalcini

         La storia dell’arte, purtroppo, ha registrato nel corso dei secoli la massiccia presenza di artisti e la scarsità di donne in quanto, per effetto di una grave e costante discriminazione di genere, non è stato permesso a loro di diventare artiste.

Nella storia le donne non lavoravano fuori casa e, quando lavoravano, erano comunque in posizione subalterna rispetto agli uomini. Gli artisti erano professionisti che si procacciavano le commissioni, contrattavano i compensi e viaggiavano  in piena libertà in Italia e in Europa

La preparazione e la formazione del pittore e dello scultore richiedevano un lungo studio della figura umana, copiata dal vero su modelli che normalmente posavano nudi. La legge in generale non vietava alle donne di diventare pittoresse (come diceva  Giorgio Vasari), tuttavia le prime donne artiste furono figlie d’arte che si impegnarono in pittura e in altre forme artistiche quasi sempre nel cono d’ombra dei padri.

Le donne, fino al secolo XIX inoltrato, non avevano accesso a botteghe, scuole, accademie o altri luoghi, dove acquisire un’educazione artistica vera e propria poiché l’apprendimento doveva necessariamente avvenire in ambito famigliare.  Esempi storici di donne impegnate in arte sono state la primogenita di Paolo Uccello, Antonia, la  figlia di Tintoretto, Marietta Robusti e la figlia di Prospero Fontana, Lavinia.

Lavinia Fontana (Bologna 1552-Roma 1614), artista italiana del tardo manierismo, come la quasi totalità delle pittrici del Rinascimento, fu figlia d’arte. Infatti fu allieva dell’artista bolognese manierista Prospero Fontana che non fu solo un pittore affermato, ma anche un umanista, un uomo colto, raffinato e ben inserito nei circoli culturali della città.

Prospero Fontana frequentava intellettuali e pittori, tra cui Annibale e Ludovi co Carracci, Lorenzo Sabbatini e Giambologna. Nel suo studio abbondavano libri d’arte, copie di capolavori e oggetti antichi che collezionava. Tutto questo ebbe un ruolo importante e decisivo nella formazione di Lavinia, una donna perciò privilegiata, perché ebbe accesso immediato e illimitato non solo alla pratica della pittura, ma anche al mondo della cultura, a differenza di quasi tutte le sue contemporanee.

Lavinia si trasferì con il marito Giovanni Paolo Zappi nella città eterna, presso la corte papale di Gregorio XIII, guadagnandosi il soprannome di Pontificia Pittrice e affermandosi soprattutto come ritrattista, nonostante il gravoso impegno di undici figli. Fu una brava interprete dei modelli di Raffaello, Parmigianino e Taddeo Zuccari.

Il genere che la rese celebre fu il ritratto, in cui emulò i modelli di Sofonisba Anguissola (di cui ci siamo occupati in un precedente articolo) ed espresse le esigenze di severità morale della controriforma come nel dipinto La famiglia Gozzadini (1584, Bologna Pinacoteca Nazionale).                                                                                                                 L’autorevole storico dell’arte Giovanni Baglione scrisse di lei: «per diversi particolari molto operò, e nel rassomigliare i volti altrui, qui fece gran profitto, e ritrasse la maggior parte delle dame a Roma e spetialmente le Signore Principesse e anche molti Signori Principi, e Cardinali onde gran fama e credito ne acquistò, e per esser una Donna, in questa sorte di pittura, assai bene si portava».

Nel 1583 la “pittora” ricevette la prima commissione pubblica, cioè quella di una pala d’altare per la cattedrale di Imola, città d’origine del marito. È stata la prima opera a soggetto religioso per un committente ecclesiale, destinata ad una chiesa e dipinta da una donna nella storia dell’arte occidentale.

Tra le altre opere sono da segnalare l’Autoritratto nello studio (1579, Firenze, Galleria degli Uffizi), la Consacrazione alla Vergine (1599, Musée des Beaux-Arts di Marsiglia) e alcuni dipinti di soggetto mitologico di rara sensualità. L’ultima sua opera, eseguita a Roma, è il primo nudo femminile dipinto da una donna nell’arte occidentale: Minerva nell’atto di vestirsi (olio su tela, 258×190 cm), commissionato da Scipione Borghese, un anno prima della morte della pittrice.

Lavinia Fontana è la donna artista rinascimentale di cui sopravvivono più opere in assoluto e lo stesso fatto che molte sue tele siano esposte dimostra quanto la committenza tenesse in considerazione i suoi lavori. Libera, ambiziosa, desiderosa di cimentarsi in tutti i generi di pittura, anche quelli preclusi alle donne, Lavinia fu, indubbiamente, un’artista instancabile e tenace, mantenendo un volume di lavoro altissimo nonostante le undici gravidanze portate a termine.


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