Nel disordine del mondo

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Nel disordine del mondo                                                          di Leone D’Ambrosio

La poesia è un discorso di parole nel quale emotività e artificio si uniscono. (Stefano Colangelo)

Eugenio Montale, quando nel 1975 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura, tenne un discorso nel quale pose alcune domande: È ancora possibile la poesia? Nell’universo delle comunicazioni di massa la poesia potrà sopravvivere? La poesia è ancora possibile, fu la sua decisa e inequivocabile risposta, perché «è necessaria e indispensabile per resistere alla disarmonia del mondo».

Anche Leone D’Ambrosio, autore della raccolta poetica Nel disordine del mondo (edizione Ensemble) risponderebbe alla stessa maniera, perché da molti anni con la sua produzione poetica, dimostra che la poesia è stata da sempre considerata una delle forme d’arte più sublimi, in cui lui stesso ha potuto esprimere il suo estro creativo da quando il linguaggio verbale è entrato a far parte del suo mondo di colori vivi e di profumi intensi.

La poesia non è per lui una semplice organizzazione di parole, ma una trasposizione del suo essere in versi, mediante immagini affettive, il cui suono diventa di importanza primaria, per l’uso di allitterazioni, anafore, similitudini. La poesia per Leone D’Ambrosio è l’arte di saper evocare significati profondi e universali, asservendo la parola ai dolci suoni dettati dalla sua ispirazione poetica.

Per lui, straordinario ricercatore delle sfumature dell’animo e dell’esistenza umana, che ha plasmato e limato per lungo tempo i suoi testi, i suoi componimenti, la sua intera opera poetica, la poesia è ricerca, che non si accontenta di risposte preconfezionate, perché richiede rigore di scrittura, labor limae e talento.

Per Leone D’Ambrosio, come ha scritto Umberto Eco, «In poesia quello che conta sono il suono, il ritmo e i significati multipli delle parole ed è la scelta delle parole che determina il contenuto». Come poeta, nel cimentarsi con la scrittura in versi, Leone mostra di essere dotato di una sensibilità poetica particolare, legata a un rigore tecnico e stilistico di notevole importanza e di efficacia espressiva e comunicativa. Nel linguaggio della poesia di Leone parole e silenzio si alternano mirabilmente le une con l’altro, come le note nella musica.

Nelle cento e oltre pagine di questa raccolta Leone, poeta di primissimo piano, con la cristallinità dei suoi versi, ha cesellato concetti esistenziali che si lasciano gustare e che si possono ritrovare nelle emozioni, sentimenti, passioni, idee, speranze, stati d’animo e aneliti espressi con nitidezza poetica.

Leone D’Ambrosio, capace di unire a una vasta cultura letteraria una indubbia sensibilità testuale e un senso poetico, canta in tonalità meditativa un percorso emozionale, sentimentale e cognitivo, intenso e vivo e dimostra la sua acuta e penetrante capacità di osservare la realtà culturale, spirituale del suo tempo instabile.

Nel disordine del mondo è una silloge di intensa generosità e di creatività espressiva e comunicativa, ravvisabile anche nell’utilizzo del linguaggio scientifico e nel lessico raffinato e ricercato della botanica come bruscolo (pagliuzza), azzeruolo (pianta, albero da frutto), mezereo selvatico (pianta che cresce nei boschi e nei pascoli montani), e nelle frasi come deliquescenti acque del Mediterraneo.

In questa ultima raccolta di versi, contrassegnata da un potenziale espressivo e da una felice e penetrante forza poetica, i temi ricorrenti, che si incontrano leggendo attentamente le novanta composizioni, sono molteplici:

  • i luoghi dell’infanzia, frequentati e vissuti con intensità emotiva;
  • il rievocare continuo, in senso nostalgico della nostra casa/ vuota /senza rumore con il fragore/ del mare dietro le porte, “lucente di ricordi” legati all’orto, ai muri bassi, al roseto, all’aranceto che farà memoria delle figure genitoriali (suo padre e sua madre), la vecchia casa con la fontanella in muratura / costruita da mio padre in uno spazio /che ci sembrava smisurato, /ora non più;
  • l’amore, anche imperfetto, che conosce il suo incendio;
  • la guerra che ha occhi ciechi/e orecchi sordi;
  • il tempo che si incava nelle vene, la memoria, la felicità, la famiglia;
  • il dolore disordinato del mondo e della malattia, che entra nelle ossa, che va tornito come si fa/con il legno prima che muti in un tavolo; sofferenza che interseca l’esistenza;
  • le angosce del destino degli uomini e delle donne.

     L’ossatura e la tessitura portante delle tematiche affrontate a maggior valenza contenutistica e a più forte connotazione poetica sono: la vita, la natura, il silenzio e la morte:

  • la vita accanto a persone care e a cose perdute e superflue. Scrive D’Ambrosio Mi alleno a vivere/con una ragion ben precisa, /perché la paura non abbia/affinità con la morte perché la poesia, come ci ricorda la poetessa Maria Luisa Spaziani, amica di Leone, «è vitalità che ci abitua ad affinare lo sguardo, a renderlo più intenso, più sensibile, più affettuoso, più profondo»;
  • la natura presente nei suoi vari aspetti come cielo impalpabile, luminoso, apparecchiato di nuvole, picchiettato di stelle, come luna ammezzata, ciarliera pietrificata sul davanzale che porta una incontaminata quiete, come sole assonnato con le sue fiammate, come pioggia sottile che bagna la terra, /le foglie e i frutti del giardino e che tossicchia sul davanzale;  
  • il silenzio della sera sulla terra dell’enorme cupola di stelle (di Dio) impastato con le mani che bussa alla porta mentre fuori/la pioggia inzuppa l’umanità intera. Scrive il poeta è il silenzio a salvare /le cose che fanno memoria, il silenzio delle assenze delle persone care scomparse;
  • la morte antropomorfizzata, riconosciuta dall’odore che passa e non si ferma. Il poeta, di fronte al pensiero della morte, argomento tabù nella società attuale, scrive: Io so cos’è la morte /quando collima con il buio/ e s’annida nel disordine/ del mondo, nell’eterno precipizio/ di lambiccate formule/ che non riusciamo a sbaraccare /e aggiunge che egli coglie la morte anche nelle foglie bruciate del bosco, nel formicolio del mare/sconfinato e impiastricciato/ e nell’acqua che si sparpaglia /al vento e nei ricordi di più vite. Il pensiero della morte considerata un’ospite ingrata della nostra vita, che non ha luce /vive insieme a noi, la cui paura rimane dentro di noi e viene raccontata in ogni grande occasione per essere più tranquilli.

Nella silloge sono trattati anche argomenti di attualità del nostro tempo: il terrorismo, le guerre, la quarantena, l’infinita inquietudine dell’uomo contemporaneo che vive in un mondo caratterizzato dalla violenza, dall’aggressività e dall’intolleranza.

Alcune composizioni brevi, rapide e intense, con titoli originali, hanno come fondale la gente del paese, la terra dove il poeta è nato, in quelle colline provenzali caratterizzate dagli ulivi sfrontati che parlano alla luna più che al sole, e traversano la nera notte. Quella regione, la Provenza, è la terra là dove è rimasta la sua infanzia.

Nella silloge di Leone è possibile cogliere anche una dimensione religiosa. Il senso religioso del suo poetare si manifesta nel ringraziamento al Dio della vita e della morte, nel pensare insistentemente all’assoluto, all’ignoto, all’infinito, all’immensità, all’eternità che se sparisse per sempre/ci troveremmo in un vuoto sbadiglio/ e il cielo sembrerebbe d’improvviso /non avere più le stelle…/ e le campane non batterebbero più a morto.

Le poesie di Leone D’Ambrosio, ricolme di evocazioni e richiami e di accorati rintocchi di memoria pascoliana, sono riflessioni dense di speranza e di amore, intrise di una profonda dolcezza che allevia la caducità dell’umano destino. Una morbida eleganza stilistica, accompagnata da una lineare semplicità, contraddistingue le sue poesie creando un effetto meditativo molto posato e tenue che accompagna il lettore in tutte le pagine della raccolta.

 

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