Riflessioni sul Coronavirus (5)

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L’importanza delle parole e della comunicazione

Ogni parola, prima di essere pronunciata, dovrebbe passare tre porte: Sull’architrave della prima è scritto: è vera? Sulla seconda campeggia: è necessaria? Sulla terza è scolpita l’ultima richiesta: è gentile?                                                                             Socrate

In un momento “storico”, come quello attuale,  caratterizzato da una straordinaria crisi sanitaria, accompagnata  da enormi difficoltà sociali ed economiche, l’uso delle parole e la comunicazione interpersonale e mass-mediale sono diventate elementi essenziali del vivere in comunità.

Nel dramma che stiamo vivendo, tra gli altri problemi, si pone la necessità di avere notizie precise e informazioni scientifiche rassicuranti su ciò che accade quotidianamente nei nostri territori locali, nazionali, europei e mondiali, soprattutto per quanto riguarda dati precisi, atteggiamenti corretti da assumere, indicazioni di comportamenti esemplari, individuali e di gruppo, per non danneggiare se stessi e gli altri.

Utilizzare parole “giuste”, chiare, con misurati toni di voce, con posture adeguate, è un dovere di tutti, soprattutto da parte degli scienziati, operatori sanitari, politici, amministratori, giornalisti e divulgatori che hanno compiti etici e professionali di comunicare ai singoli individui, alle famiglie, ai cittadini e alle comunità.

Le parole non sono neutre, non sono inerti e passivi strumenti, ma hanno un’anima e vanno comprese, usate con rispetto, vissute e non possono essere banalizzate, svuotate di significato. Le parole, che tessono il nostro rapporto con il mondo, non servono solo a trasmettere informazioni, ma creano relazioni, favoriscono il dialogo, il confronto con altre persone e generano la vita. Alle parole spetta il dovere di creare ponti, e di metterci in relazione profonda con noi stessi e con gli altri

Per queste ragioni, deprecabili e pericolose sono le false notizie (le fake news) messe in circolazione da persone irresponsabili perché diffondono con le parole  paura, panico e terrore e rendono la comunicazione “malata”, priva di fondamento e foriera di comportamenti sbagliati, devianti e talvolta pericolosi. Ha scritto il narratore Italo Calvino: «Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola».

L’epidemia in corso impone oggi, e ancor più nel futuro, l’obbligo morale, da parte di tutti, di inventare una “nuova” normalità anche linguistico-comunicativa, che richiede un uso diverso, più attento e oculato della parola, in cui la sobrietà comunicativa dovrà spingere a “pesare” le parole da adoperate negli  scambi interpersonali e sociali.

 


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