La notte del Getsemani

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Nella notte del Getsemani non c’è Dio ma solo l’uomo.

Massimo Recalcati, lo psicanalista molto famoso in Italia, nell’ultimo saggio La notte del Getsemani (Editore Einaudi), seguendo la narrazione dei Vangeli, affronta ciò che accade nel piccolo campo del Getsemani, nell’orto degli Ulivi, luogo simbolo dell’angoscia di fronte alla morte e del tradimento notturno di Giuda verso Gesù.

La celebre immagine di Giotto del bacio di Giuda, che si trova nella Cappella degli Scrovegni a Padova, è riportata nella suggestiva copertina del libro (nato da una conferenza tenuta presso il Monastero di Bose) che affronta nelle 78 pagine la straziante vicenda del tradimento e dell’abbandono di Cristo, il Maestro, non solo da parte di Giuda ma di tutti i suoi discepoli, in particolare di Pietro.

Nell’introduzione Recalcati esplicita con estrema chiarezza la sua intenzione, come studioso di psicanalisi, di essere interessato al testo biblico. Fin dall’inizio, mette in risalto che, ancor prima della crocifissione, la “storica” notte scura del Getsemani, che apre il ciclo della passione di Cristo, evidenzia la fragilità umana di Gesù e in particolare la finitezza vulnerabile della vita di ogni essere umano.

L’autore è profondamente attratto dalla dimensione tragica e negativa della vita umana, delle ferite esistenziali, dei tormenti e della paura dell’uomo per l’ineluttabilità della morte. In primo piano mette in risalto la debole solitudine dell’esistenza dell’uomo Gesù lasciato tristemente solo e abbandonato dai suoi più cari amici. Il figlio di Dio vive con estrema sofferenza la notte più buia e desolata della sua vita terrena ed appare come un malfattore, un delinquente comune che sta per essere catturato dai soldati e che sente l’avvicinarsi irreversibile e angosciante della morte.

Nell’orto degli Ulivi Gesù tenta, con una prima supplica di convincere il Padre, rimasto in silenzio, ad aiutarlo a trovare un varco per attraversare questa notte tremenda del Getsemani e poi con una seconda preghiera ad allontanare da sé il calice amaro della croce, per poi decidere di fare la sua volontà e non la propria.

Nel corso del suo denso argomentare, Massimo Recalcati fa spesso riferimento, presentando e commentando parabole evangeliche, alla teoria psicanalitica di Jacques Lacan, che assimila Gesù a Socrate sottolineando la potenza sovvertiva della loro parola illuminante ma rifiutata, come nel caso di Cristo, dai farisei, dagli scribi, dai sacerdoti del tempio e dai maestri della Legge. La chiave interpretativa lacaniana viene utilizzata per sottolineare il senso di abbandono, di impotenza, di angoscia di fronte alla morte, di solitudine estrema, di negatività e il desiderio, come forza capace di suscitare la passione per una vita nuova, più ricca, non dominata dalla paura della morte.

Gli eventi, sui quali si attarda l’analisi dell’autore, riguardano l’entrata di Gesù a Gerusalemme, il tradimento di Giuda l’Iscariota, il rito struggente dell’ultima cena e la disperata notte del Getsemani che rappresenta un netto spartiacque nella narrazione della vita di Gesù. In quest’ultimo avvenimento Gesù si trova per la prima volta di fronte alla sua vulnerabilità e prende consapevolezza della finitezza della sua esistenza umana.

Il drammatico momento di Gesù nell’orto dei Getsemani, quando «il suo sudore diventa come gocce di sangue che cadono a terra», rivela la caducità, la solitudine dell’uomo che dovrà affrontare da solo la cattura, il processo, il Calvario, la crocifissione e la morte. Tra il giorno dell’Osanna festante del popolo a Gerusalemme e della celebrazione nella città santa e la buia notte del Getsemani si verificano uno strappo pesante, pieno di angoscia, e una profonda lacerazione.

Nella notte del Getsemani Gesù vive l’esperienza cruciale umana del tradimento di Giuda, di un suo discepolo profondamente innamorato e l’autore sostiene che il trauma del tradimento, con un transfert negativo, avviene per una forte delusione dell’amore idealizzato dell’allievo, che rimane amareggiato del mancato impegno “politico” di Gesù verso i poveri, gli sfruttati, gli ultimi, i bisognosi.

Recalcati si chiede se il destino di un maestro è sempre quello di deludere i suoi discepoli, se il desiderio inconscio di un allievo è sempre quello di denigrare, rinnegare e tradire il maestro.

L’autore precisa che il tradimento di Pietro è completamente diverso da quello di Giuda, poiché scaturisce dalla paura, dalla debolezza e dalla umana fragilità del discepolo più fedele, dell’allievo che Gesù ha nominato come suo erede. Quello di Pietro è il vero tradimento doloroso, perché lascia solo il maestro, lo abbandona, lo rinnega ripetutamente nonostante la sua dichiarata “scandalosa” fedeltà, che si manifesta vulnerabile e incerta, fragile e contraddittoria.

Nella tormentata solitudine, nell’assenza totale e nell’abbandono assoluto degli “amici” nel Getsemani, Gesù trema, piange, suda sangue per la paura e l’angoscia della morte perché non vuole morire ma continuare a vivere, esaltando così la bellezza e l’incanto della vita. Come uomo inerme, Gesù chiede di avere vicini i suoi discepoli, di vegliare insieme agli amici, di non essere lasciato solo dinanzi al peso di quella notte, al buio e all’orrore della morte vicina e imminente.

Afflitto e prostrato con la “faccia a terra”, Gesù, il figlio di Dio, prega il Padre “latitante” e rimasto in assoluto silenzio assordante e la sua preghiera umana, anche alla luce della teoria lacaniana, è una invocazione rivolta all’Altro. Come uomo, Gesù fa esperienza dell’assenza di risposta da parte del Padre, del silenzio insopportabile di Dio di fronte alla richiesta di salvare la sua vita dalla morte ingiusta, sospendendo la durezza della Legge della morte stessa.

Nel momento cruciale del Getsemani Gesù chiede a Dio di esonerarlo dal bere fino in fondo il “calice amaro” della sua passione, di lasciarlo vivere ancora nel mondo e di potersi liberare della morte. E di fronte al silenzio chiede di accettare il suo destino e l’eredità del Regno (fatto di accoglienza allo straniero, al povero, all’ammalato,all’assetato, all’affamato) che il Padre gli ha consegnato.

Gesù si rimette alla volontà imperscrutabile del Padre, si affida completamente nelle sue mani dicendo: «non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Luca 22,42). E così non subisce la morte ma, come scrive san Paolo (Lettera ai Galati 2, 20), “consegna se stesso” alla Legge e la sua obbedienza alla Legge coincide con l’obbedienza al suo desiderio di sottomettersi alla volontà del Padre, di consegnare liberamente, senza condizioni, la sua vita e di donare se stesso all’Altro che “è assente e non risponde”, perché paradossalmente è così più vicino all’uomo.

La notte del Getsemani dello psicanalista, Massimo Recalcati, è un saggio impegnativo e rigoroso che in sintesi parla dell’uomo e della sua fragilità, della drammaticità e della dimensione tragica e “negativa” del vivere umano, del trauma del tradimento e dell’abbandono vissuto da Gesù nel Getsemani, dell’ineluttabilità della morte e della preghiera come riconoscimento dell’Altro. Un libro pregevole che, scritto con una straordinaria chiarezza espositiva, offre per la sua efficacia argomentativa spunti di riflessione e di meditazione.


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