Andrea Purgatori non c’è più, se n’è andato in silenzio, con quel garbo che aveva contraddistinto tutta la sua dirompente carriera di giornalista d’inchiesta. Perché bisogna essere grandi professionisti per occuparsi dei lati più oscuri e reconditi del paese senza fare teatrali e roboanti comparse sulla scena pubblica. Purgatori era un giornalista d’inchiesta composto e dedito al lavoro, senza mai sconfinare nel teatrale che spesso assorbe chi si occupa di grandi questioni “torbide”.
Così ha vissuto e così è morto, discretamente, al termine di una malattia fulminante che lo ha portato via a soli 70 anni, a due mesi dalla messa in onda delle ultime puntate di Atlantide, il programma che conduceva con successo su La7.
nato nel 1953 a Roma, giornalista professionista dal 1974, aveva conseguito un prestigioso master di specializzazione a New-York. Fino al 2000 è stato in forza al Corriere della Sera, per il quale aveva seguito con tenacia casi di criminalità, terrorismo e tutto ciò che ruotava attorno agli “Anni di piombo”. Nel 1980 aveva tenuto viva, con le sue inchieste, la vicenda della strage di Ustica. Un cronista garbato ed essenziale, che sapeva raccontare i casi andando a fondo, senza fermarsi alla mera superficie ma senza aggiungere alle storie fronzoli superflui.
Alle porte del nuove millennio aveva iniziato ad occuparsi di televisione e di cinema, sempre sull’onda del suo impegno giornalistico d’inchiesta. Divenuto famoso non solo per la trasmissione di La7 ma anche per il suo incessante lavoro sulla vicenda Emanuela Orlandi.
Lascia un vuoto giornalistico difficile da colmare, ma lascia anche un immenso lavoro che restituisce, nel buio dell’informazione italiana, un po’ di luce.
Ciao Andrea, collega illustre.
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