Dopo “Carnage” (2011) Roman Polanski affronta un altro “gioco di/al massacro”(il film dal lavoro teatrale “Il dio del massacro”) con “L’ufficiale e la spia” ossia il famoso e tormentato caso Dreyfus che interessò la Francia nella seconda metà dell’800: degradazione e ingiusta condanna di un ufficiale dello Stato maggiore francese accusato di avere fornito informazioni segrete ai tedeschi. Lo scrittore e giornalista E.Zola fece una campagna a favore e discolpa dell’accusato sul giornale L’Aurore -“J’accuse”- fu denunciato e sbattuto in prigione. Polanski ne ha realizzato un film potente e possente,esteticamente raffinato,politicamente e criticamente rigoroso e calzante, “teatralmente” impostato (non pochi attori sono della Comédie francaise).Quanto al rigore e alla denuncia potrebbe essere il controvalore de “Il traditore” di Bellocchio: entrambe i soggetti in causa,ovviamente a livelli diversi, sono accusati e perseguitati di/per alto tradimento. Anche questo di Polanski come l’altro è assai eloquente e impietoso verso i poteri forti,i corpi separati dello Stato o dell’Esercito, poteri occulti siano essi la mafia,il Vaticano, l’Arma dei carabinieri per le contraffazioni,distorsioni e perversioni diversamente intesi (l’orrenda vicenda del caso Cucchi,prima ancora della Orlandi ne sono un tragico esempio). L’opera di Polanski si configura come un duro documento sulle malformazioni della Giustizia,una giustizia spesso presunta e sussunta a copertura di una conclamata ingiustizia; causa di sentenze inique e contraffatte ad opera di giudizi altrettanto iniqui. Il caso Dreyfus nel film-documento è l’emblema di un sistema e di una cultura inficiati o inquinati dall’interesse di parte, dal malaffare dicasi corruzione in senso lato. Un film che non lascia spazio alla retorica né alla tesi facendo leva il regista sulla
antitesi ovvero sul “sentimento del contrario”: è proprio il senso inverso,per così dire,a suggerire quel giusto verso di cui si è perduta la traccia o,peggio ancora,la memoria. Ancora oggi assistiamo al riconoscimento-risarcimento a posteriori,dopo molti anni, del giusto verso di una giustizia ingiusta. Il film,peraltro, pur nella sua austera durezza, è condotto con un ritmo incredibilmente fluido, direi dall’insostenibile leggerezza dell’assunto e del racconto, acutamente documentato e “documentario”: Polanski snoda con maestria e assoluto rigore il complesso groviglio della vicenda in una trama a sua volta lucidamente e diabolicamente aggrovigliata. In virtù di un ritmo,appunto, in cui i “contrari” (vero-falso,giustizia-ingiustizia,onestà.disonestà etc.) si corrispondono secondo la logica della concordia-discors. Diciamo di tesi e antitesi pervenendo a una sintesi che, davvero,non è egheliana, Tanto meno lo è il finale in cui Polanski sembra negare il classico lieto fine o la catarsi: il deus ex machina della vicenda -l’antieroe che decide di scoprire le carte a difesa del malcapitato ufficiale- a vicenda risolta (assolta) è stato promosso ministro,l’ufficiale in questione riabilitato. Incontratisi,questi gli chiede almeno una promozione premio, non è possibile; di rimando, gli sottolinea signorilmente che deve proprio a lui l’acquisizione della poltrona che ora occupa! Ma il regista conosce benissimo le regole: c’è un “finalino” di riserva,insomma un doppio finale! Film istruttivo,costruttivo e distruttivo (la pseudo giustizia).(gma


News-24.it è una testata giornalistica indipendente che non riceve alcun finanziamento pubblico. Se ti piace il nostro lavoro e vuoi aiutarci nella nostra missione puoi offrici un caffè facendo una donazione, te ne saremo estremamente grati.



Articolo precedenteIl Bormida rompe gli argini. Sommerso lo svincolo autostradale di Alessandria Sud. Un’auto rimane sommersa.
Articolo successivoTop Volley travolta a Padova. Alberto Elia : “Dobbiamo continuare a lottare anche contro Trento “