L’alfabeto di Dio

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L’alfabeto di Dio                                                                      di Gianfranco Ravasi

 Se io fossi stata prete, avrei studiato a fondo l’ebraico ed il greco per conoscere il pensiero divino nella forma in cui Dio si è degnato di esprimerla nel nostro linguaggio umano.                          (Santa Teresa di Gesù Bambino)

          Questo pensiero, riportato in esergo, è espresso dall’autore, Gianfranco Ravasi, nell’Introduzione della sua recente pubblicazione L’alfabeto di Dio (edizioni San Paolo). Il libro nasce da una sfida, coltivata da tempo, da parte del noto biblista che intende far gustare ai suoi numerosi lettori l’originalità delle due antiche lingue fondamentali, l’ebraico e il greco, con le quali sono stati scritti i 73 libri della Bibbia.

          L’autore, che ci guida nella conoscenza meditata e profonda delle parole bibliche sui cui si fonda la nostra fede, propone due percorsi: nel primo itinerario, all’interno dell’Antico Testamento ebraico, seleziona una sessantina vocaboli che costituiscono l’impalcatura essenziale del messaggio biblico; nel secondo, all’interno della lingua greca, sono riportati i vocaboli più significativi che compongono il Nuovo Testamento.

          Con lo studio delle parole ebraiche sono delineati i ritratti dei protagonisti della Bibbia con le loro caratteristiche, azioni e pensieri. È possibile imparare l’ebraico biblico, “lingua colta” usata nelle discussioni esegetico-teologiche, che anche Gesù conosceva bene perché nelle feste ebraiche in sinagoga, a Nazaret, a Cafarnao o nel tempio di Gerusalemme, ripeteva le parole nella liturgia ebraica, nella preghiera individuale e nelle controversie teologiche con gli scribi e farisei.

          Con lo studio e l’apprendimento, anche faticoso, delle parole del Nuovo Testamento, è possibile  imparare il greco, “lingua franca” usato dagli evangelisti e da san Paolo. Il greco è una lingua che ha generato molti nostri vocaboli.

          Nella Palestina, provincia dell’Impero romano, erano in vigore quattro lingue: il greco, l’ebraico, l’aramaico e il latino. Secondo l’autore Gesù, pur avendo una certa conoscenza del greco e dell’ebraico, parlava al suo uditorio in aramaico, la lingua più diffusa a livello popolare, parlata normalmente da artigiani, pescatori e contadini.

          Tra le parole ebraiche bibliche usate da Gesù, quelle più                                                                                                                    ricorrenti sono: uomo, vivere, conoscere, morte, eternità, poveri, giustizia, maestro, convertirsi, pace, ascoltare, obbedire, istruzione, insegnamento, legge.

          Uomo è il nome di Adamo, il primo essere umano, posto sotto l’albero simbolico della «conoscenza del bene e del male», che Dio creò a sua immagine e somiglianza.

Vivere parola strettamente legata a vivente, titolo specifico di Dio e delle persone umane. L’uomo, infatti, è il primo degli esseri viventi che Dio plasmò con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un respiro di vita e l’uomo divenne un essere vivente.

Conoscere termine che per la nostra cultura è innanzitutto un atto di natura intellettuale, che coinvolge mente e pensiero di una persona. L’uomo ha diversi canali di conoscenza, oltre a quello razionale, ha anche quello sensoriale e sperimentale; il percorso artistico o l’innamoramento trascendono la mera logica formale. Per la Bibbia credere è conoscere, cioè amare il Signore.

Morte, quella fisica, è il segno del limite della creatura. La paura della morte percorre tutti gli uomini della Bibbia, compreso Gesù, che, nell’orto dei Getsemani, viene assalito da una angoscia mortale: «Padre, se è possibile, passi da me questo calice…»

          Eternità termine riferito al tempo che ingloba il passato remoto, il presente e il futuro lontano che non ha mai fine ed è strettamente legato allo spazio, all’infinito. L’eternità è il tempo di Dio, di cui lui solo detiene il segreto. La locuzione «nei secoli dei secoli» rimanda a una durata infinita che supera il tempo ed è eternità. Gli uomini, nell’alleanza con Dio, sono inseriti nel tempo eterno e nello spazio infinito.

Poveri sono gli ultimi, gli umili, i «poveri in spirito» delle Beatitudini di Gesù, i miseri sociali, le vittime dell’ingiustizia che hanno come avvocato difensore il Signore.

Giustizia parola che nella Bibbia ha una gamma di significati che custodiscono aspetti giuridici, morali e religiosi. Giustizia è, infatti, rettitudine, diritto, onestà morale, ma anche salvezza, liberazione, pienezza, pace, fedeltà amorosa e perfino vittoria. All’uomo è imposto il dovere della giustizia sociale che ha la sua sede proprio nei tribunali. La giustizia è una qualità divina, è anche la salvezza che si manifesta nella liberazione degli oppressi e nel sostegno dei poveri.

          Maestro è un titolo applicato con reverenza a un saggio, a una persona dotata di pazienza e generosità, di bontà e grandezza d’animo; titolo che ha dato origine a rabbino che, animato da un impegno profondo religioso, è una guida sapiente e amorosa nella vita dei fedeli, chiamati ad osservare le norme rituali e morali.

          Convertirsi è ritornare sulla retta via come ha fatto il figliol prodigo dopo essersi incamminato nelle vie delle tenebre, nelle strade distorte. Convertirsi con il cuore, che esige un taglio col vizio e un distacco dal male, è fonte di rinascita e di gioia.

Pace (shalôm) non è solo l’assenza della guerra, ma anche benessere, prosperità, giustizia, gioia, pienezza di vita e, come diceva il filosofo Baruch Spinoza, «è una virtù, uno stato d’animo che dispone alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia».

Ascoltare, che è sinonimo di obbedire, significa osservare i precetti della legge divina, aderire intimamente e in maniera operosa alla parola di Dio, ai comandamenti del Signore.

Istruzione, Insegnamento, Legge costituiscono le parole chiave del Pentateuco, della Tôrah (la legge biblica, la parola di Dio) che è il cuore della fede, della morale e della spiritualità giudaica. La Tôrah non è solo una legge, ma un vero e proprio orientamento della vita personale e sociale.   

 

 

 


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