Era stato già raccontato il sistema di controllo delle affissioni elettorali da parte di due gruppi criminali di Latina. Ieri però è stato ripetuto in aula al processo «Scheggia» dal pentito Agostino Riccardo, con una dovizia di particolari che ha reso più inquietante il periodo della campagna elettorale per le amministrative del 2016 a Latina e Terracina.
Rispondendo alle domande del pm, rappresentato in aula dal sostituto procuratore Luigia Spinelli, Riccardo ha ribadito che la sua attività di «guardiano» dei manifesti di alcuni politici, per evitare che alcuno li potesse coprire, nonché la compravendita dei voti era una cosa che già aveva svolto per conto della famiglia Travali nel 2013 e poi per le politiche ai fini della elezione di Pasquale Maietta in parlamento. Dopo l’arresto dei fratelli Travali in Don’t touch si propose nella stessa veste a quello che era divenuto il gruppo vincente, ossia la famiglia di Armando Di Silvio, i cui componenti, a partire da Armando-Lallà erano usciti dal carcere. Sollecitato dalla pubblica accusa Riccardo ha ripercorso quello che appare come uno dei passaggi più delicati: per le regionali del 2013 il pentito, che all’epoca «lavorava» per i Travali, prese parte all’appalto per le affissioni e i voti di Gina Cetrone, che era candidata, ma nelle more sia lui che Francesco Viola e Giancarlo Alessandrini, il primo cognato dei Travali ed entrambi capi della curva dei tifosi del Latina calcio, tradirono quel mandato per il quale, stando alle affermazioni fatte in aula, avrebbero ricevuto 80mila euro. «Pasquale Maietta che era il Presidente del Latina calcio ci disse che i voti della curva dovevano essere convogliati su Nicola Calandrini e noi eseguimmo quell’ordine perché Maietta contava molto». Si tratta di una vicenda che Calandrini, attualmente senatore, ha sempre smentito. Circa invece il collegamento con Gina Cetrone, principale imputata del processo Scheggia, il pentito ha confermato di aver ricevuto l’incarico di «seguire» la campagna elettorale del 2016, nella quale la Cetrone correva per il consiglio comunale di Terracina, durante un incontro presso la società dell’imprenditrice a Terracina. incontro cui prese parte anche Armando Di Silvio. L’incarico sarebbe stato pagato ventimila euro con cambiali firmate dal marito della Cetrone in contanti alla scadenza dei titoli e tramite la restituzione degli stessi per cui adesso non ve ne è più traccia.
Restano, invece, alcuni messaggi tra il profilo di Riccardo e quelli della Cetrone che l’accusa ha chiesto di allegare agli atti ma sui quali sono state sollevate eccezioni della difesa circa la formale utilizzabilità. Sempre nel corso dell0udienza di ieri mattina Agostino Riccardo ha confermato che Gina Cetrone gli fu presentata dall’ex sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi (non coinvolto in questo procedimento) e aggiunto che durante la campagna elettorale del 2016 accompagnarono ad un comizio della Cetrone a La Fiora l’ex Presidente della Provincia Armando Cusani (anch’egli non coinvolto nel procedimento). Nella sostanza le dichiarazioni fatte ieri in aula non hanno cambiato quasi in nulla quanto contenuto nei verbali del pentito, ossia il ruolo avuto dal gruppo Di Silvio, composto da Riccardo, Renato Pugliese e dai figli di Armando Lallà, oltre ad alcuni affiliati esterni, nelle affissioni dei manifesti di Gina Cetrone candidata con la lista «Si cambia» a Terracina e per la lista «Noi con Salvini», i cui manifesti vennero trovati nell’auto di Riccardo durante un controllo. tutte le formazioni politiche chiamate in ballo hanno sempre negato di aver dato incarico a di Di Silvio e di conoscere la squadra di attacchini rom, descritta dai pentiti, invece, come famosa e temuta. Il controesame di Riccardo da parte delle difese è fissato per il 7 settembre prossimo.
(Fonte Latina Oggi )
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