LATINA – Quella passione per l’avventura, e per le tecnologie, la curiosità di attraversare la storia del mondo lanciando sfide formidabili, ecco, devono essere stati regali della genetica che ha custodito fin dalla culla. Elio Chiavetta, veterano del Vietnam e tante altre cose, pontino per caso, se non altro d’adozione, ha un curriculum pazzesco, e nel cinema certe sceneggiature se le sognerebbero: a scorrerlo – e ci vuole del tempo, vi assicuro – ci puoi trovare di tutto, dalla nascita in un pezzo d’Italia che Italia non è più, alle scuole negli Usa, dalla guerra contro i vietcong ai navigatori stellari per i satelliti, dal lavoro nella base Nato di Borgo Piave al Medical Pontino, il suo progetto per la pensione. Ma quale pensione, poi, che anche a 79 anni non sta mai fermo. E nel mezzo, comunque, pubblicazioni, docenze, un viavai interminabile sopra l’Atlantico.

Ma dicevamo di quel clamoroso intreccio tra la vita di quest’uomo e la Grande Storia. E dunque, mettetevi comodi, che proviamo a raccontarlo.

Elio Chiavetta nasce a Fiume quando era ancora Italia, nel luglio del ’44. Passano tre anni e il trattato di Pace firmato a Parigi sancisce il passaggio alla Jugoslavia di Fiume, Zara, Istria. La famiglia Chiavetta, come tante altre, è costretta ad andarsene. Papà Giovanni, carabiniere, viene richiamato in servizio e assegnato in Sicilia, a Termini Imerese, dove peraltro parteciperà alla cattura della mamma e della sorella del bandito Giuliano. Elio lì inizia a frequentare le scuole, fin quando il papà non decide di congedarsi e trasferirsi negli Stati Uniti. Il ragazzo sta iniziando il secondo anno dell’istituto tecnico commerciale quando con tutta la famiglia raggiunge il papà a Los Angeles, in California.

DALLA SICILIA ALLA CALIFORNIA

Ci sarebbe stato da preoccuparsi, per quel figlio che in così poco tempo era già stato costretto a un doppio salto nel vuoto, e invece Elio frequenta corsi speciali per l’apprendimento dell’inglese e riesce ad ottenere voti altissimi, soprattutto nelle materie scientifiche, alla Abraham Lincoln High School. Per questo viene inserito tra i pochissimi che possono partecipare a un corso particolare: tra i docenti c’è anche il professor Edward Teller, il padre della bomba all’idrogeno, sperimentata la prima volta nel novembre del ’52 nell’atollo Enewetak, Oceano Pacifico.

La strada è tracciata, la passione per la scienza lo guiderà per il resto della sua vita. Si iscrive così alla facoltà di Ingegneria Elettronica della California State University.

 

LA GUERRA IN VIETNAM

Dopo due anni però deve interrompere gli studi, perché Elio è diventato cittadino statunitense e nel frattempo è scoppiata la guerra in Vietnam. Si arruola volontario nell’Air Force, l’aeronautica militare Usa, dove resta per sei anni. Durante il conflitto si occupa dei sistemi di comunicazione. “Sono rimasto sei mesi in quell’inferno – racconta -, mi occupavo degli apparecchi di trasmissione tra i diversi comandi e i soldati inviati in missione, soprattutto paracadutisti lanciati nella giungla. Quante volte siamo stati sotto i bombardamenti…” Il pensiero, oggi, corre veloce a quello che sta accadendo in Ucraina.

“La guerra è sempre una cosa atroce, in qualsiasi latitudine e per qualsiasi motivo. Siamo in una situazione oggettivamente molto pericolosa per il mondo intero, basta un nulla per far divampare l’incendio. Ecco, sembra tanto di essere tornati ai tempi della Guerra Fredda, sempre sul punto di una escalation finale”.

LA FIRMA DI REAGAN

Rientrato negli Usa dopo i sei mesi di Vietnam, come specialista in comunicazioni Troposcatter viene impiegato nella grande e storica rete di comunicazioni Mediterranean Communication System che partiva dall’Iran e arrivava negli Stati Uniti attraversando l’Europa fino all’Islanda, la Groenlandia e il Canada. Si congeda con “Honorable disharge” nel 1971.

Riprende gli studi e conclude brillantemente il percorso universitario partecipando a diversi esperimenti di Moon-Bounce, le comunicazioni tra due punti sulla terra rimbalzando il segnale dalla luna. Il suo certificato di laurea fu firmato nientemeno che da Ronald Reagan, futuro presidente degli Stati Uniti, ma in quel periodo presidente della California State University.

A LATINA PER LA NATO

Il senso della sfida è già lì a covare dentro l’animo di questo ingegnere elettronico che ragiona da americano ma ha, soprattutto, un cuore italiano. E così partecipa a un concorso internazionale della Nato. Cercano un Direttore del centro addestramento, bilanci e progetti presso il Supreme Allied Commander Europe Centralized Training Facility di Borgo Piave, Latina. E lì comincia un’altra storia.

“Devo tanto a questa città, a questa terra che è diventata mia. Mi sono da subito sentito accolto, qui ho potuto conoscere gente straordinaria, qui ho coltivato le mie amicizie, ho fatto crescere la mia famiglia. Anche se poi, nella base di Borgo Piave, ho incontrato tantissimi americani ed è stato più facile sentirsi davvero a casa”. Tra i mille progetti che ha messo a terra, c’è quello del primo gruppo di addestramento nel campo delle cifranti utilizzate per le comunicazioni segrete tra i Comandi Nato e le capitali dell’Alleanza Atlantica.

Nel 1985 viene designato Capo della Gestione e pianificazione Addestramento presso la Nato Communication School. Dieci anni più tardi diventa Ingegnere Capo Pianificazione e Progetti presso la Nato Communication and Information System School.

In questo lasso di tempo progetta e dirige il primo sistema computerizzato per l’addestramento dei tecnici, operatori ed ingegneri dei sistemi di comunicazione impiegati nei teatri di guerra della Bosnia, del Kosovo ed Afghanistan. Progetta e dirige anche la realizzazione dei sistemi di protezione delle testate radar da impulsi elettromagnetici generati da esplosioni nucleari, scudi elettromagnetici per la protezione di apparati elettronici da spionaggio, installazione dei sistemi per le comunicazioni segrete e laboratori crittografici.

LA SFIDA DELLO SPAZIO

Ma una mente così non la puoi fermare. Se di giorno studia in modo ossessivo i miglioramenti da apportare a un sistema complesso come quello dei sistemi di trasmissione Nato, di notte vola leggera e accarezza sogni impensabili, al di là del pianeta. “Avevo creato una società mia – ricorda -, la Chiavetta Aerospazio, con l’idea di progettare e costruire il navigatore stellare, una specie di scatola nera dei satelliti di estrema precisione e super leggera. Nel progetto erano coinvolti settanta scienziati, era il 2001, comprammo anche i terreni in Sardegna dove svolgere le attività e riuscimmo ad ottenere un finanziamento a fondo perduto di 23 miliardi di lire con la legge 488”. Incredibilmente, tutto saltò per via dei problemi con le banche che dovevano fornire le garanzie finanziarie.

IL PROGETTO MEDICAL

Nel 2007 decide di lasciare la Nato, dopo aver contribuito con decine e decine di pubblicazioni (classificate e non divulgabili) al miglioramento delle attività di addestramento. “Ma io in realtà non credevo potesse diventare il centro della mia vita. Pensavo di restarci per un breve periodo nella Nato, il tempo necessario per arricchire il mio bagaglio di conoscenze, e invece ci sono rimasto 34 anni. E’ stata davvero un’esperienza straordinaria, ma avevo voglia di iniziare qualcosa di nuovo”.

Dal 1999 aveva rilevato il Medical Pontino, quello che allora era un piccolo poliambulatorio, e aveva iniziato a ragionare su un nuovo modello di sanità privata, in grado di garantire – in un contesto storico di grandi tagli alla sanità pubblica – servizi di altissima qualità a prezzi comunque accessibili a tutte le famiglie. Oggi il Medical Pontino è un punto di riferimento per la sanità in provincia di Latina: dai 270 metri quadrati della sede iniziale è passata agli oltre 800 metri quadrati di quella attuale, dislocati su due livelli. E a breve riuscirà a completare il progetto di crescita acquisendo nuovi locali per altri 900 metri quadrati, ma soprattutto con l’acquisizione, direttamente dagli Usa, di nuove macchine diagnostiche di straordinaria precisione.

IL BAMBOO E IL DON JUAN

Nella vita di uno scienziato così, sempre occupato in progetti serissimi e di grande responsabilità, c’è spazio anche per i locali da ballo e per l’intrattenimento notturno? Sinceramente avremmo risposto di no anche noi, ma Elio Chiavetta, e suo figlio Gianni, sono talmente integrati nella realtà di questa città che già alla fine degli anni Novanta entrarono nel business del divertimento. Gianni, in particolare, insieme a degli amici rilevò prima il Bamboo, storico locale del Lido. E poi… “E poi insieme abbiamo voluto provare a fare qualcosa di nostro, di assolutamente nuovo per questa città”. Nacque allora il Don Juan, nel 1999, e il nome derivava dall’appellativo con cui in California veniva chiamato Giovanni Chiavetta, il papà di Elio, dai sudamericani che da lui prendevano un alloggio in affitto.

Per anni il Don Juan è stato un punto di riferimento per la movida pontina. “Poi abbiamo iniziato ad occuparci di sanità – spiega – ed era giusto che tutte le nostre energie fossero destinate al Medical Pontino”. E talmente tanto, queste energie sono state profuse nella direzione dei servizi sanitari, che l’ingegner Chiavetta ha pubblicato un libro, “Idee gestionali per un centro diagnostico nell’era digitale”, in cui raccoglie le best practice per aziende start up.

LATINA E IL SUO POTENZIALE

L’ultimo pensiero è per la città che lo ha accolto, da anni purtroppo costretta a vivere nei panni di una cenerentola nonostante abbia le risorse e le capacità imprenditoriali per diventare protagonista. “In generale, in Italia gli imprenditori hanno la vita difficile. Negli Stati Uniti c’è un’altra mentalità, perché è normale lì che ci sia uno che prende le decisioni e se ne assume le responsabilità. Qui invece è tutto più complicato, per ogni problema si fa una riunione. A Latina è la stessa cosa, ci sono tanti imprenditori che hanno dimostrato di poter competere anche sui mercati esteri, ma è la classe politica che deve fare il salto di qualità. Qui c’è un potenziale enorme, ed è un peccato, si potrebbero fare cose immense”.

Si ringrazia Latina Oggi e il collega Paolo Sarandrea per averci concesso di ripubblicare il suo articolo


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