Giusto festeggiare il 25 Aprile ma l’Anpi (Associazione Partigiani) s’atteggia a partito politico.

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Sgombriamo il campo dagli equivoci: noi siamo liberali, perciò ogni forma di repressione delle libertà civili ci fa schifo. Quindi, siamo naturalmente antifascisti. Certo a tredici anni, per ribellione nei riguardi di una famiglia comunista, decisi di iscrivermi al movimento giovanile di Alleanza Nazionale. Lì c’erano croci celtiche, saluti romani ed altra retorica ammuffita. Mi bollarono subito come un eretico perché già allora pensavo che i “froci”, ad esempio, avessero il diritto di fare della loro vita quel che volevano. Cazzi loro, naturalmente. Me ne andai assai presto da quel partito complice anche la lettura -mai ideologica- di qualche libro fondamentale. D’altronde, vorrei ricordare al lettore che può benissimo esser distratto, che fascisti furono Giorgio Bocca ed Eugenio Scalfari, tanto per citare due giornalisti divenuti poi guru dell’antifascismo militante.

Il 25 aprile va ricordato sempre ed in ogni luogo ché è la nostra Storia. Il ministro con il mitra sbaglia a far finta di ignorarlo.

Epperò come non rilevare, se volessimo essere obiettivi e non faziosi, che da più di vent’anni il 25 aprile è divenuta la sfilata militante contro Berlusconi prima (il 25 aprile 1994 “Il Manifesto” convoca tutti i compagni a Milano contro il “Cavaliere Nero” e fu un successo di partecipazione!) e adesso contro il terribile pericolo fascistoide incarnato dal Salvini. Ovviamente sono scemenze, come si è incaricato di argomentare Emilio Gentile, lo studioso vivente più autorevole in materia di fascismo.

Questa retorica giova a quella che dovrebbe essere un’associazione e che invece è un partito vero e proprio. Il presidente dell’Anpi, infatti, Carla Federica Nespolo, già deputata comunista, è nata il 4 marzo del 1943. Il 25 aprile del ’45, aveva poco più di due anni, un po’ pochini per aver preso parte attivamente alla Resistenza.

Ma quanti sono gli iscritti all’Anpi, con tessera dal costo di 15 euro? 130 mila. Una cifra importante, ma paradossale. Infatti, è lo stesso numero di aderenti che l’Anpi poteva vantare nei giorni precedenti il 25 aprile del 1945. Prima d’allora i partigiani iscritti erano assai meno: 10 mila dopo l’8 settembre, 20-30 mila nel marzo del ’44.

Nei giorni successivi al 25 aprile, però, si ha il vero boom di iscritti e cioè a pericolo scampato: 250 mila.

Curioso che i presunti partigiani attuali siano gli stessi del 1945. Atteso che, un combattente che allora aveva 40 anni oggi ne dovrebbe avere 124. Un 30 enne oggi avrebbe 114 anni ed un ragazzo di 20 anni ne avrebbe 94.

Per non parlare dei soldi, non pochi, che transitano nelle casse dell’associazione. C’è il 5 per mille, che ammonta a circa 218 mila euro annui e poi un bel po’ di soldi pubblici. Il Ministero della Difesa, infatti, stanzia per le associazioni combattentistiche e partigiane 108 mila euro all’anno. In tempi di crisi della politica, della rappresentanza e dei partiti l’Anpi sembra resistere alla grande: solo nel 2018, a Roma, ha aperto dieci nuove sezioni.

Tutto bene, eccetto che una associazione che dovrebbe conservare la memoria di una guerra civile – come è corretto definire il periodo che va dall’8 settembre al 25 aprile- non è niente altro che una costola militante della sinistra, spesso delle sue frange più estreme. L’ingrediente, succulento quanto ossessivo, è il perenne ritorno del fascismo. Nel ’94 l’erede del Duce era il Cavaliere, che avrà pure governato maluccio ma senza ricorrere all’olio di ricino e al manganello. Oggidì il pericolo per la democrazia è Salvini.

Il rischio vero è che l’Anpi porti bene al lumbard e lo faccia durare un “ventennio” tanto quanto ha resistito Silvio Berlusconi.


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Sono laureato in Scienza della Politica con tesi dal titolo: ”L’eccezionale: Storia istituzionale della V Repubblica francese”. Socialista liberale libertario e radicale. Mi sono sempre occupato di politica e comunicazione politica collaborando a campagne elettorali e referendarie. Ho sempre avuto una passione per il giornalismo d’opinione e in News-24 ho trovato un approdo naturale dove poter esprimere liberamente le mie idee anche se non coincidono sempre con la linea editoriale della testata. Ma questo è il sale della democrazia e il bello della libertà d’opinione.