Il filo infinito

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L’effetto esteriorizzante della comunicazione elettronica ha fatto dimenticare che il viaggio più lungo e difficile è quello che possiamo fare dentro noi stessi.                                                                           Franco Ferrarotti

Paolo Rumiz, un viaggiatore affermato, con spirito di avventura nuovo, attraversa l’Europa per conoscere i  monasteri, le abbazie benedettine, dove cerca la risposta per ricostruire l’Europa come fecero i monaci, dopo la caduta dell’Impero romano, che si contrapposero alle devastanti invasioni barbariche.

Nel saggio Il filo infinito (Feltrinelli Editore, 2019) lo scrittore Paolo Rumiz riflette sulla nascita dell’Europa, sulla Regola e Spiritualità di san Benedetto da Norcia, Ora et labora, e intraprende un viaggio spaziale, nella topografia delle abbazie benedettine, mescolato con un cammino interiore, per scoprire, mettere in luce e affermare sempre più le radici giudaico-cristiane dell’Europa.

E’ un viaggio da pellegrino alla ricerca dell’Europa, dall’Atlantico al Danubio, attraverso le abbazie del suo protettore, san Benedetto, dove sacro e profano, materia e spirito, corpo e anima, si mescolano alla ricerca di Dio.

Il viaggio inizia dalla descrizione delle macerie di Norcia, in Umbria, causate dal terremoto dove al centro della piazza è rimasta intatta soltanto la statua con la scritta: San benedetto, Patrono d’Europa.

L’autore, con un gomitolo, metaforico, dal quale dipana un filo che collega le diverse abbazie, “presidi di preghiera e lavoro”, attraversa l’Europa per ritornare, alla fine del viaggio, da dove era partito, con una maggiore conoscenza e piena consapevolezza del concetto Europa, intesa come spazio millenario di migrazioni, di pellegrini che arrivano, con la fatica sulle spalle di stare nel mondo, nei microcosmi delle abbazie, dove sono accolti accettando le regole delle abbazie.

Durante il viaggio l’autore narra la vita all’interno delle abbazie: le caratteristiche architettoniche funzionali ai bisogni di ognuna, le minuziose descrizioni degli ambienti, l’elogio dei silenzi profondi, capaci di far apprezzare il linguaggio delle parole, i racconti dei personaggi/monaci che hanno fatto grande le abbazie, il clima naturale e spirituale, i canti gregoriani, le atmosfere, i colori dei paesaggi, i cibi preparati dai monaci stessi e i profumi delle erbe raccolte, l’armonia delle campane e i suoni dei campanelli, il gusto diverso della birra prodotta nei vari monasteri, soprattutto in quelli dell’Europa del Nord.

Il filo infinito è un testo ricco di personaggi, di monaci, artigiani della pace, e di abbazie, di incontri con l’altro, di pellegrini, di storie coinvolgenti narrate con un linguaggio ricercato ma nello stesso tempo dettagliato nella scelta degli aggettivi e dei termini, con riferimenti culturali che rimandano ad altre conoscenze, che aiutano a scoprire i valori dell’Europa, tessendo i fili dei valori umani perduti.

Paolo Rumiz conclude il saggio con una forte spinta alla rinascita e alla ricostruzione dell’Europa partendo dal centro dell’Italia, dal monastero di san Benedetto da  Norcia, paese abitato da persone abituate a risorgere, attraverso la forza d’animo e il duro lavoro, dopo ogni terremoto. Da queste terre e abbazie, l’autore propone l’attività culturale e spirituale di san Benedetto come esempio da imitare per ricostruire l’Europa in un momento dove, da più parti, spirano venti “contrari” che cercano di soffocare lo spirito costitutivo dell’Europa.

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