La pandemia Covid-19 e le sue gravose conseguenze di non facile soluzione nel panorama socio-culturale ed economico-lavorativo

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Rifletto spesso su come cambiano rapidamente le regole relative ai comportamenti umani. Fino a ieri, si fa per dire, potevamo stare vicini l’un l’altro, respirare disinvoltamente lo stesso respiro, darci una stretta di mano, abbracciarci, scambiarci un bacio, quel bacio tanto decantato da Edmond Rostand nel Cyrano de Bergerac: Ma poi che cosa è un bacio? Un giuramento fatto/ un poco più da presso, un più preciso patto,/ una confessione che sigillar si vuole,/ un apostrofo roseo messo tra le parole/ “t’amo”; un segreto detto sulla bocca, un istante/ d’infinito che ha il fruscio di un’ape tra le piante/ una comunione che un gusto di fiore,/ un mezzo di potersi respirare un po’ di cuore/ e assaporarsi l’anima a fior di labbra! Dobbiamo, inoltre, mantenere la distanza di almeno un metro (che va oltre lo spazio prossemico, cioè quella bolla personale che ci fa sentire a nostro agio nelle relazioni sociali), indossare la mascherina che copre mezzo volto e nasconde la momentanea espressione istintiva del viso da cui traspare – tratto molto importante nei rapporti interpersonali – lo stato d’animo di chi ci sta di fronte a parlare, evitare ogni contatto fisico e non respirare, in senso metaforico, quando un altro ci sta accanto. Non solo! Dobbiamo studiare o lavorare da casa, non poter uscire durante la notte per il coprifuoco (parola che ricorda i tempi bellici), accudire i figli minori perché gli asili o le scuole elementari e medie sono chiuse, non poter banchettare dopo le ore 18 con gli amici e i parenti, ecc. . In caso di controllo dalle forze dell’ordine o si ha un motivo legittimo validato da un’autocertificazione o viene comminata una multa elevata. Questa è una brutta storia che fa ritornare alla mente quello strano mondo disumano descritto – era il 1948 – nel profetico romanzo “1984″ dello scrittore inglese George Orwell (1902 -1950), secondo cui la conformità a tutte le regole, che limitano la libertà, porta all’ortodossia che si basa sul non pensare, di cui non si avverte la necessità, perché essa esprime inconsapevolezza. La grettezza mentale, la limitatezza di idee, la mancanza di autonomia e di giudizio, l’assenza di un proficuo bagaglio culturale, la paura di commettere errori, il bigottismo e il moralismo, l’ignoranza e l’incompetenza, la paura del futuro incerto, l’inquietudine causata dall’isolamento, il subentro del virtuale al posto del reale, l’angoscia dovuta alla penuria della fantasia, la continua incertezza e la diffidenza nell’altro, la chiusura di Cinema, Teatri, Musei, ecc. e il deterioramento progressivo della Cultura che, secondo l’Enciclopedia Treccani, è “L’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo”, sono manifestazioni e negazioni che stanno portando ad una deriva moralmente e socialmente fallimentare di un popolo intero: “Non bisogna fare soffrire la mente prima della morte fisica del corpo. Bisogna alimentarla con l’illusione e l’immaginazione che devono essere costanti fonti vitali” (da La ricerca, Aracne editrice, 2018). Oggi, a livello individuale si evidenzia un’incapacità di adattarsi ad nuova situazione, l’impossibilità di tentare di inventarsi nuove prospettive, ma soprattutto un aumento della precarietà del lavoro, o della sua assenza, non solo per i giovani che devono trovare la prima occupazione ma anche per chi, a cinquant’anni, lavorando perde il lavoro per sempre. Si prospettano anche i danni causati da una Didattica a Distanza, o DaD, che può solo conferire a fortiori una formazione originaria di stampo dogmatico perché viene a mancare il substrato sociale caratterizzato dalla classe scolastica. Il vuoto culturale, che si sta venendo a creare in Italia e che peggiorerà a causa della DaD, renderà il popolo italiano un acerrimo inquisitore moralista e reazionario. Eppure c’è uno strumento che potrebbe evitare tutto ciò: la lettura. La lettura di un libro soprattutto consigliata ai giovani che, a causa del confinamento a casa che gli lascia molto tempo libero, sono indotti più a vivacchiare su Internet che a leggere. La lettura è come la molle acqua riscontrata nei versi del poeta latino Ovidio (43 a.C. – 18 d.C.): Nulla è più duro d’una pietra e nulla più molle dell’acqua. Eppure la molle acqua scava la dura pietra. Il filosofo e saggista rumeno Emil Cioran (1911 -1995), sosteneva che “un libro deve essere un pericolo”, perché la lettura è un atto eversivo che apre momenti di libertà, condivisi con lo scrittore, in controsenso alla clausura forzata. Condividendo così, anche, il pensiero di Don Chisciotte di Miguel de Ivan Cervantes (1547 – 1616): … A chi dopo aver combattuto e perso per i propri ideali, ancora si sente invincibile. A chi non ha paura di dire quello che pensa. C’è tuttavia il pericolo opposto derivante da chi non legge perché, come sosteneva il filosofo Tommaso d’Aquino (1225 -1274), bisogna “guardarsi da chi ha letto un solo libro”.

Da più di un anno, a causa del virus Sars-Cov2 che ha causato la pandemia Covid-19,  in Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo, stiamo vivendo una delle peggiori crisi non solo economiche ma anche sociali tesa a creare, forse, danni peggiori di quelli causati dalla seconda guerra mondiale. Ad oggi, in Italia, si è superata la soglia di centomila morti per Covid-19, a cui si sommano i danni causati, come già anticipato, dalla chiusura di molti esercizi commerciali e di agenzie turistiche, dalla perdita del posto di lavoro, dalle scuole parzialmente chiuse, dall confinamento forzato, dalla perdita d’esercizio di impresa, dalla disoccupazione giovanile, quali l’aumento della disoccupazione e dell’ignoranza. Ignoranza che il filosofo Giordano Bruno (1548 -1600) chiamava asinità negativa distinta in due tipi: quella di coloro che pensano di possedere la Verità assoluta, e quella di coloro che negano la conoscenza o rifiutano la possibilità di fare conoscenza.

In questo lungo anno, più volte ho pensato al concetto trascendente di Paradiso e a quello d’Inferno. Dopo continue riflessioni derivanti sia dai pluridecennali problemi ecologici, mai affrontati seriamente per essere risolti, sia dall’attuale pandemia, sono giunto alla conclusione che il Paradiso e l’Inferno, in effetti, sono entità reali, e non metafisiche, localizzate sulla Terra al di fuori di ogni confinamento geografico. Dipende dai nostri comportamenti rendere la Terra un Paradiso, perché essa già è Inferno per i continui errori che commettiamo sia a livello individuale che collettivo ed economo-politico.

Oltre ai problemi accennati collegati alla Covid-19 c’è il problema strettamente collegato al lavoro da remoto (remote work), meglio conosciuto come smart working, che svolgono molti lavoratori per evitare che si rechino nel loro consueto posto di lavoro.

Il saggio Diritto alla disconnessione: utopia o certezza normativa ( https://elearningspecialist.eu/diritto-alla-disconnessione-utopia-o-certezza-normativa/?fbclid=IwAR0bHt–c1dnSeBEH98ofWmCT09rLwI6clv0SO8yjjSM0WvFijfUQw1q6DM ) di Alessandro Picarone e Valentina Sapuppo, ne fa porre l’attenzione. Riflettere su di esso è necessario per estrapolare una norma che ponga al primo posto la salvaguardia della salute del lavoratore. C’è il rischio, infatti, che il lavoratore perda la sua privatezza e la sua libertà. Gli autori, ambedue avvocati, sostengono che “l’enorme portata innovativa della digitalizzazione in tanti ambiti della vita quotidiana, anche se ancora non del tutto ancora compiuta, è evidente. Questa può incidere profondamente anche nell’ambito del lavoro da remoto, seguendo due parole chiave: flessibilità e autonomia. Il confinamento obbligatorio, resosi necessario per contenere la diffusione del virus pandemico del Covid-19, ha costretto circa8 milioni di lavoratori a lavorare da casa: tra questi, la classe docenti che ha dovuto reinventare la Didattica a Distanza (la DAD). Tutto ciò ha fatto emergere le criticità di ciò che significa svolgere uno «Smart Working emergenziale». Per questo motivo, oggi sentiamo tanto parlare della necessità che dall’alto si prenda una posizione ferma nel definire e riconoscere il Diritto alla Disconnessione. […] Il Diritto alla disconnessione, così come definito nella recente risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021, consiste nel «mancato esercizio di attività o comunicazioni lavorative per mezzo di strumenti digitali, direttamente o indirettamente, al di fuori dell’orario di lavoro. … Una corretta applicazione del diritto alla disconnessione, e in generale dello Smart Working, implica una totale ridefinizione dei modelli organizzativi aziendali finora utilizzati nella gestione del personale e delle risorse. In primo luogo, va rivisto il vincolo spaziale del luogo di lavoro, in considerazione del fatto che ognuno può lavorare da un posto diverso da quello classicamente inteso: questo tipo di cambiamento pone «alla base un patto di fiducia, una distribuzione della responsabilità e la capacità di riconoscere il merito e l’impegno del lavoro subordinato». In secondo luogo, non vanno minimamente sottovalutate le implicazioni sociali conseguenti allo Smart Working: se è vero, ed è vero, che le relazioni sociali, si svolgono con un determinante contributo della Rete, progettare e realizzare un corretto work-life balance risulta determinante ai fini di una vita lavorativa – e personale – sana e compiuta.

Nel corso di questo breve saggio, abbiamo visto come il sovraccarico da stress può non soltanto comprimere una corretta vita di relazione, ma anche ledere il diritto alla salute, costituzionalmente tutelato. È assodato ormai che i nuovi modelli lavorativi non possono fare a meno della tecnologia, e conseguentemente di nuove impostazioni e strutture, così da ottenere e realizzare maggiori tutele per il lavoratore, che non devono mai mancare.

Infine, e proprio per tutto quanto finora sostenuto, è necessario definire chiaramente il perimetro del diritto ad una connessione selettiva, meglio ancora se delimitata a livello comunitario, senza lacune o, peggio, contraddizioni.

Un secondo, e forse più complicato, step, deve tener conto delle peculiarità dei rispettivi sistemi produttivi nazionali, per aggiungere tutele ai lavoratori, a seconda della mansione che svolgono. Solo in questo modo, si può continuare ad innovare lontano dagli escamotage concessi ai datori di lavoro con lo Smart Working emergenziale e, più in generale, in modo costituzionalmente orientato.

Francesco Giuliano

 


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).