LATINA- Al netto dei risvolti di natura giudiziaria, che in un sistema bene ordinato non dovrebbero investire l’informazione ma le aule dei tribunali, si potrebbe dire che la vicenda dei concorsi Asl assomiglia molto, rapportato ad alcune vicende nazionali, a quanto, da sempre, accade alla Rai.
Da decenni i partiti, generalmente quelli che siedono – pro tempore – all’opposizione hanno un unico grido di battaglia: “Fuori i partiti dalla Rai!”. Vasto programma. Il Parlamento è l’azionista di riferimento della azienda radiotelevisiva italiana, quella che un po’ pomposamente viene definita “la prima industria culturale del Paese”. Dunque è inevitabile che i partiti, specie quelli di governo, se ne interessino. Un po’ meno, francamente, che la occupino manu militari come fosse un accampamento avversario. Nomine, amicizie, talvolta familismo, raccomandazioni sono state la fisiologia della nostra tv pubblica.
Mi sembra che, fatte le debite proporzioni, la stessa cosa sia avvenuta – non soltanto negli ultimi anni, a dire il vero – all’interno della Asl di Latina. La politica fa naturalmente bene, in ragione anche di attribuzioni che le sono costituzionalmente demandate, ad esercitare un controllo e ad occuparsi delle politiche sanitarie (non ultime quelle relative alla campagna vaccinale che, ad esempio, hanno fatto del Lazio un modello guida per il Paese). Fanno meno bene a condizionare la vita interna di una azienda che dovrebbe muoversi con criteri aziendali più che politici.
Viviamo tempi in cui crisi sanitaria ed economica rendono la comunità sensibile ai privilegi, alle scorciatoie, financo alle regole che hanno orientato da sempre la Politica.
Parliamoci chiaro: nelle aziende pubbliche italiane, nei decenni che abbiamo alle spalle, la Politica ha giocato un ruolo da protagonista. Lo ha fatto, però, operando in un sistema in cui le ideologie avevano un peso, la formazione della classe politica era una cosa seria e, soprattutto, i partiti godevano di straordinaria forza ed autorevolezza.
Oggi il quadro politico si è destrutturato. Quei pochi partiti rimasti non sono altro che castelli di sabbia pronti a sciogliersi alla prima mareggiata.
Non è un bene. Qui si rischia di non essere più nelle condizioni di fare Politica che, per citare Rino Formica, non è roba da signorine che prendono il the, ma “sangue e merda”.
Da dove ripartire? Dalla consapevolezza collettiva che la Politica ci appartiene ed è una arte bella e nobile. Se continueremo a considerarla una fogna, salvo utilizzarla per coltivare una forma perversa di autismo sociale, verremo tutti travolti.
Le crisi, gli inciampi, rappresentano sempre una straordinaria opportunità di ripartenza: rimettiamoci in cammino.
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