L’angolo delle curiosità artistiche

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Sia la pittura come una finestra aperta donde io miri quello che qui vi sarà dipinto.

Leon Battista Alberti

        Il «pittore degli angeli», Melozzo da Forlì, ha realizzato nella basilica di Loreto, tra il 1477 e il 1484, uno dei più bei cicli di affreschi del Rinascimento. Il grande artista, con il suo genio di prospettico e di inventore di scenari celebrativi ed encomiastici più suggestivi del secolo XV, ci ha consegnato gli angeli (creature celesti) in assoluto più belli dell’intera storia dell’arte. Il pittore più celebre della corte papale fu chiamato a dipingere la volta e le pareti della Sagrestia detta di San Marco nella basilica.

         A Loreto con i suoi collaboratori Melozzo ha diretto e coordinato i lavori fornendo il progetto iconografico d’insieme e forse in qualche caso i cartoni di singole figure. Il pittore forlivese ha immaginato nella volta una corona di angeli a figura intera che reggono e presentano le arma Christi, i simboli della passione di Gesù. Ai piedi degli angeli, rappresentati in atteggiamenti ieratici e pensosi, ci sono le immagini dei profeti dell’Antico Testamento (Zaccaria, Abdia, Ezechiele, Baruc, Isaia, Geremia, Amos) che hanno prefigurato la Passione e la morte di Gesù, ognuno  accanto il cartiglio nel quale è scritto il proprio vaticinio.

«Bello come un angelo di Melozzo». Questa espressione popolare riconosce che gli angeli dipinti da Melozzo da Forlì (Angelo che suona la viola, Angelo annunciante, Angelo che suona il liuto…) sono veramente belli con i loro capelli biondi gonfiati dal vento, con i loro occhi luminosi, con le loro labbra dischiuse e con il loro tepore della pelle. L’angelo, in quanto puro di spirito, è fatto di luce per definizione teologica. La grandezza di Melozzo è far sì che questi puri spiriti, pur rimanendo tali, abbiano lo splendore reale della giovinezza. Ha scritto lo storico dell’arte Antonio Paolucci che «Melozzo da grande comunicatore, capiva che la bellezza visibile è un formidabile strumento di comunicazione e di retorica. Per educare dilettando è necessario usare parole belle e immagini suggestive. I veri retori lo hanno sempre saputo».

Con il celebre affresco della nomina di Bartolomeo Platina (raffigurato in ginocchio) a Prefetto della Biblioteca Vaticana, di Melozzo da Forlì, nominato dal papa Sisto IV della Rovere pictor papalis, la Chiesa ha fornito al mondo un esempio di come si possano governare i Beni culturali. Altro esempio è dato dalla chiesa quando nel 1516 il pontefice Leone X dei Medici nominò Raffaello sovrintendente di Roma.

Nel Trattato di Pittura Leonardo da Vinci, nel fornire informazioni tecniche e consigli, guadagnati in una vita di studio e pratica artistica appassionata, ha scritto: «Se vuoi imparare e a cogliere correttamente la forma delle cose comincia  dai particolari».

Ludovico Carracci (1555. 1619) nel magico passaggio fra Cinque e Seicento, anticipa di dieci anni la presa naturalistica di Michelangelo Merisi da Caravaggio (1571-1610). Nel quadro il Bacio di Giuda, dipinto verso il 1589-90, Ludovico decide di sconvolgere la tradizionale inquadratura diffusa nel Cinquecento per questo tema.

Caravaggio, cattolico e disperatamente credente, all’età di 21 si trasferì a Roma dove dipinse tra l’altro il famoso dipinto La Madonna dei pellegrini, dove in primo piano dipinge i piedi sporchi dei pellegrini inginocchiati. La sua pittura rivoluzionaria per le sue fertili invenzioni, si pose il problema di come rappresentare la luce che è anche materia.

Rembrandt van Rijn (1606-1669), che non venne mai in Italia, dipinse con il suo genio figurativo e con la sua straordinaria abilità tecnica, verso il 1628-29, La cena di Emmaus, una delle più folgoranti intuizioni dell’intera storia della pittura.

Il pittore Henri Matisse nel gruppo dei Fauves (le belve), prima formazione dirompente del XX secolo, incarna l’anima riflessiva, sensuale ma anche razionale del movimento di avanguardia (1905) del Novecento.


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