L’angolo delle curiosità su Dante Alighieri

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Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.   Purgatorio I, 70-72

Protagonisti del Dolce stil nuovo, famosa scuola poetica, furono Guido Guinizzelli Lapo Gianni, Guido Cavalcanti Gianni Alfani, Cino da Pistoia e soprattutto Dante Alighieri. La sua Divina Commedia, secondo il critico letterario Giacinto Spagnoletti (Taranto 1920 – Roma 2003),  non fu solo la prova di una straordinaria forza d’arte e d’invenzione, ma trasfigurò il fiorentino corrente e lo  impose a tutti i centri italiani.

 Nell’attendere ai “buoni studi” di arte retorica sotto la guida del maestro Brunetto Latini, Dante Alighieri si legò di amicizia, insieme a Lapo Gianni, con Guido Cavalcanti con il quale condivise il suo ideale di vita raffinato e aristocratico. Dante in diverse parti delle sue opere fa riferimento al legame con l’insostituibile amico del cuore: Guido. Il rapporto amicale tra i due giovani poeti, sviluppatosi nel decennio tra il 1285 e il 1295, è ricordato nel celeberrimo sonetto dantesco «Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io/fossimo presi per incantamento». Oltre che in questi celebri versi, l’amicizia con Guido viene ricordata anche nella Divina Commedia (Inferno, canto X e Purgatorio, canto XI) e nel De vulgari eloquentia.

Ignazio Baldelli, il  famoso linguista e filologo italiano, ha detto: «concludo il mio discorso su “Dante e la lingua italiana” con l’espressione della più viva gratitudine verso Dante, fiorentino, toscano, italiano, padre della lingua italiana, cioè dell’Italia».

Giuseppe Prezzolini nel suo libro, L’Italia finisce, afferma che Dante Alighieri e William Shakespeare: «ebbero molti lettori e pochi imitatori» e che il poeta fiorentino «resta il più grande degli Antitaliani, come potrebbero chiamarsi i giudici severi e i critici implacabili degli italiani. La forza dominante, la probità e la fede incomparabili, l’unità di poesia, pensiero e d’azione, fanno di lui l’eccezione più impressionante e l’antitesi più grande del carattere degli italiani».

Il poeta irlandese William Butler Yeats ha detto di Dante «trovò se stesso così completamente che quel suo volto scavato è più evidente/ agli occhi delle mente di qualunque altro volto/ tranne quello di Cristo».

«Nella mia rilettura continuata, la Commedia mi è apparsa un’architettura. Un’architettura non però modulare e ripetibile, ma monolitica»: così il linguista Giovanni Nencioni, uno dei maggiori storici della lingua italiana, rifletteva sulla struttura e sulla costruzione della Commedia, rilevando anche che come Brunelleschi scelse e controllò di persona la materia (i mattoni) con cui doveva essere innalzata la sua cupola, così ha fatto Dante Alighieri con la lingua, ossia la materia con cui ha costruito il suo famoso poema.

La Divina Commedia, come cattedrale di versi (che contiene 14.233 versi  endecasillabi), nel corso dei secoli ha affascinato intere generazioni di giovani lettori, di critici e di studiosi di ogni parte del mondo ed è entrata cosi nel bagaglio culturale di molti italiani e anche di numerosi stranieri.

Il filosofo Sergio Givone ha scritto recentemente che solo leggendo il  più famoso poema del mondo e attraversando le tre regioni, l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, possiamo sperare di non perderci nella selva oscura in cui ci siamo smarriti.

 

 

 

 


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