Le contestazioni studentesche e la funzione dell’Università in un periodo di crisi culturale, politica ed economica

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Leggere un filosofo come Noam Chomsky, il maggiore linguista vivente, professore emerito al Massachusetts Institute of Tecnology, significa tuffarsi nel tempo, ritornare nel diciottesimo secolo, periodo in cui si sviluppò l’Illuminismo che, come scrisse il filosofo Kant, «è l’uscita dell’uomo dallo stato di inferiorità che egli deve imputare a se stesso. Inferiorità è l’incapacità di avvalersi del proprio intelletto senza il comando di un altro. Imputabile a se stesso è questa inferiorità, se la causa di essa non dipende dalla mancanza d’intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e della forza di far uso del proprio cervello senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! È questo il motto dell’Illuminismo». Un movimento di liberazione i tutti i sensi, dunque fu l’Illuminismo, di cui abbracciarne la dottrina significava rinnovare la morale dell’essere umano e riformare la società dal punto di vista politico, etico e religioso dando vigore e spazio alla razionalità e alle notevoli capacità critiche umane. Leggere e quindi conoscere il pensiero di Noam Chomsky, che va controcorrente nel senso che si distacca dal pensiero vigente del sistema socio-politico imperante, significa riflettere sulla realtà, sui media e sul potere e cogliere gli eventi e le conseguenti cause che contrassegnano la società contemporanea. Il quotidiano britannico “The Guardian” considera «insieme a Marx, Shakespeare e la Bibbia, Chomsky … tra le dieci fonti più citate nella storia della cultura».

Ecco, allora, che, in questo periodo in cui l’umanità è assillata dal propagarsi delle guerre e dal profilarsi l’ascesa  delle democrature, soprattutto in Europa,  appare fondamentale saper interpretare in modo razionale e critico gli interventi legislativi governativi e le relative riforme in essere, che hanno l’intento di limitare le libertà individuali e intaccare i confini costituzionali della democrazia al di là di ogni ragionevole dubbio. Descrive Chomsky, per far comprendere con una metafora gli effetti che potrebbero comportare le azioni governative, il “Principio della rana bollita”:

«Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50°C avrebbe dato un forte colpo di zampa, sarebbe balzata subito fuori dal pentolone» e si sarebbe salvata. Questo per far comprendere che la mente così come il corpo dell’essere umano, adattandosi a provvedimenti gradualmente piccoli ma via via crescenti, potrebbero essere portati al relativ o decadimento se si superasse il “punto di non ritorno”[1], cioè se si oltrepassasse la condizione oltre la quale il cambiamento diventerebbe irreversibile.

In definitiva, il pensiero di Chomsky si può desumere da questa citazione «se valutassimo quel che avviene nella nostra società da alcuni decenni, ne conseguirebbe che stiamo subendo una deriva alla quale ci stiamo abituando lentamente. Molte cose, che ci avrebbero inorridito venti, trenta o quaranta anni fa, gradualmente sono diventate banali, mitigate e, oggi, ci disturbano poco o lasciano la maggior parte delle persone sicuramente indifferenti. In nome del progresso e della scienza, i peggiori attentati alle libertà individuali, alla dignità della persona, all’integrità dell’ambiente naturale, alla bellezza e alla felicità di vivere, si attuano lentamente e inesorabilmente con la complicità costante delle vittime, ignoranti o sprovvedute»1.

Oggi, nei paesi occidentali, Europa e USA in particolare, stanno ritornando le contestazioni studentesche che fanno meditare sulla funzione dell’Università in questo periodo storico di crisi culturale, politica ed economica e che fanno riemergere le prospettive riportate nella dichiarazione di Port Huron (1962), in Michigan, del movimento studentesco nordamericano SDSStudents for a Democratic Society, che sembra ritornare di grande attualità dopo sessantadue anni, e di cui si riporta un estratto: « cerchiamo l’instaurazione di una democrazia di partecipazione individuale governata da due obiettivi centrali: che l’individuo partecipi a quelle decisioni che determinano la qualità e la direzione della sua vita; che la società sia organizzata per incoraggiare l’indipendenza degli uomini e fornire i mezzi per la loro comune partecipazione L’università gode di una posizione permanente di influenza sociale. La sua funzione nel campo dell’istruzione la rende indispensabile e ne fa automaticamente un’istituzione decisiva per la formazione della coscienza sociale. In un mondo incredibilmente complicato, essa costituisce  l’istituzione centrale che organizza, vaglia e trasmette la conoscenza … L’importanza sociale, l’accessibilità alla conoscenza, l’apertura interna – tutto questo concorre a fare dell’università una base e un motore potenziale del mutamento sociale … a far valere la ponderatezza, l’onestà e la riflessione quali suoi strumenti di lavoro. L’università permette di fare della vita politica una proiezione di quella accademica, e d’improntare l’azione ai principi della ragione»[2].

“Un secolo e mezzo fa, il grande umanista e riformatore liberale Wilhem Von Humboldt ebbe a definire l’università come «nient’altro che la vita spirituale di quegli esseri umani che sono portati dalle condizioni agiatezza o da un intimo impulso verso il sapere e la ricerca».In ogni stadio della sua esistenza, un uomo libero sarà spinto, in maggiore o minor misura, da questo «intimo impulso».La società in cui vive potrà procurargli o meno le «condizioni di agiatezza» e le forme istituzionali grazie alle quali soddisfare questo umano bisogno di scoprire e creare, di indagare e vagliare e arrivare a comprendere, di affinare ed esercitare le proprie doti intellettuali, di contemplare, di dare il proprio personale contributo alla cultura del tempo, di analizzare, criticare, trasformare questa cultura e la struttura sociale in cui affondano le radici. Anche se l’università formalmente non esistesse, osserva Humboldt, «una persona rifletterebbe e ricercherebbe per conto proprio, un’altra si legherebbe con dei coetanei, una terza si procurerebbe una cerchia di discepoli. Tale è l’immagine alla quale lo stato deve tener fede se vuole conferire una forma istituzionale ad operazioni umane indeterminate e alquanto casuali come queste»[3]. La misura in cui le forme istituzionali vigenti permettono di soddisfare questi bisogni umani costituisce una spia del livello di civiltà raggiunto da una determinata società. Un aspetto dell’incessante lotta per il conseguimento di un ordine sociale più giusto e umano sarà dunque lo sforzo diretto a rimuovere gli ostacoli – siano essi economici, ideologici o politici – che sbarrano il passo alle particolari forme di autorealizzazione individuale e di azione collettiva che l’università dovrebbe rendere possibili.

Il grande merito del movimento studentesco degli anni sessanta è di aver contribuito a dissipare l’atmosfera di compiacimento che regnava in gran parte della vita intellettuale … sia nei riguardi della società … sia nei riguardi del ruolo delle università nel suo ambito”[4].

Francesco Giuliano

[1] Noam, Chomsky, Media e potere – Bepress, 2014

[2] [4] Noam Chomsky, Per ragioni di stato, (La funzione dell’università in un periodo di crisi) il Saggiatore –Tascabili, 2012

[3] W.Von Humboldt, Sull’organizzazione interna ed esterna degli Istituti di Studi Superiori di Berlino


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).