Le sette parole di Cristo

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Le sette parole di Cristo                                                          Riccardo Muti dialogo con Massimo Cacciari

La musica è un terreno nel quale lo spirito umano vive, pensa e fiorisce. Dove le parole non arrivano… la musica parla.

Ludwig van Beethoven

 Ancora una volta il filosofo Massimo Cacciari insieme al coautore del testo, il musicista Riccardo Muti, presenta nel saggio, sotto forma di dialogo, Le sette parole di Cristo (Il Mulino editore),  analisi e profonde riflessioni culturali e filosofiche partendo dalla suggestiva immagine della Crocifissione di Masaccio, osservata attentamente nel Museo di Capodimonte a Napoli.

L’idea centrale del volume e dell’intera collana è che si può pensare attraverso le immagini che producono pensieri e sensazioni, emozioni e sentimenti, poiché l’aspetto immaginativo è intrinseco al pensare. E l’immagine non è legata soltanto alla pittura (all’icona), ma anche alla musica (al suono), e così immagini e suoni s’intrecciano con i pensieri.

Secondo Riccardo Muti, in una recente intervista rilasciata ad Antonio Gnoli sull’inserto Robinson di Repubblica (3 ottobre 2020), ha dichiarato con lucida fermezza: «la pittura può esprimere solo in parte ciò che la musica evoca nel suo intero. La pittura per quanto possa essere vertiginosa, ci inchioda a una prossimità, a una vicinanza col dipinto. La musica ci trasporta verso lontananze impensabili».

Nella premessa del libro,  Le sette parole di Cristo, che fa parte della collana dedicata alle Icone. Pensare per immagini, i due illustri autori, dichiarano con chiarezza il senso del volume: quando la parola e l’immagine non bastano a comunicare, è possibile utilizzare il linguaggio espressivo della musica, capace di raggiungere la nostra mente e l’anima senza mediazioni. I suoni, dopo i pensieri, sono i mezzi più immateriali di cui disponiamo per esprimere e comunicare.

L’immagine straordinaria della Crocifissione di Masaccio, caratterizzata dal dramma di Cristo, dalla sofferenza della Vergine madre, dal pianto pieno di amore di Giovanni e dalla passione irresistibile della Maddalena, viene accostata alla musica, alle sette sonate di Franz Joseph Haydn (uno dei capolavori del tardo Settecento) e alle sette ultime parole terrene, pronunciate da Cristo sulla croce.

Nella pittura di Masaccio, per il filosofo e il musicista, è possibile vedere e ascoltare due forme di sofferenza, poiché sia il quadro che la composizione musicale trasmettono la sensazione profonda della tragedia del divino nell’umano. Mentre Masaccio esprime questo dramma attraverso le tre immagini della Vergine, di Giovanni e della Maddalena che circondano affettuosamente Gesù, Haydn trasforma in pura sonorità le espressioni che Gesù manifesta sulla croce in totale solitudine. Muti precisa che «Masaccio ci fa toccare quasi con mano la dialettica tra l’affetto e il dolore: Haydn spinge quel dolore in una zona di non ritorno, in una sintesi impossibile».

Nel serrato dialogo Cacciari e Muti si confrontano riflettendo insieme, ponendosi interrogativi sul valore delle parole, sul significato dei suoni, sulle caratteristiche del linguaggio iconico e musicale. Per l’essere umano è possibile ascoltare un colore, vedere o toccare un suono. La mente umana è creativa sia quando dipinge e compone musica, sia quando scrive versi sia quando elabora ed esprime pensieri filosofici.

Ambedue gli autori discettano sull’universalità del linguaggio musicale che può essere vissuto anche senza essere “compreso” perché, secondo il filosofo Cacciari, come sosteneva Vico, esiste una arcaica affinità tra suono, voce e parola, e perché, secondo il musicista Muti, esiste un’armonia dell’intero universo: per entrambi suono e parola convergono. La musica, ascoltandola, evoca e suscita emozioni, commuove e rapisce, comunica oltre il linguaggio in cui si esprime e dà origine ad associazioni e immagini di ogni genere, agita e induce a pensare e riporta spesso alla mente e al nostro cuore i ricordi del passato.                                                                                                             I due autori, proseguendo nel loro denso dialogo, si soffermano, partendo dalla ardita composizione musicale delle sette sonate di Haydn, Le settime ultime parole del Redentore in croce, sul rapporto suono-immagine e parole pronunciate prima di morire da parte di Gesù. Al compositore austriaco fu chiesto di trasfigurare in musica le drammatiche parole di Cristo.                                                                                            Riccardo Muti, esaminando in maniera tecnicamente dettagliata le sette sonate, dichiara che ciò che Haydn ha messo in musica è possibile riscontrarlo nel dipinto della Crocifissione di Masaccio. Infatti le intense e drammatiche note musicali, piene di dolore dell’Introduzione di Haydn sono accostabili nel dipinto alle dita della Maddalena tese verso Gesù. Anche nelle diverse sonate Cacciari e Muti ravvisano nella musica e nel dipinto simili sensazioni e fusioni di espressioni musicali e pittoriche. Per i due dialoganti vi sono profonde corrispondenze tra il brano musicale di Haydn e la rappresentazione pittorica della luminosa Crocifissione di Masaccio.

Per Cacciari però nel linguaggio musicale emerge qualcosa che risulta impossibile in altre espressioni artistiche, e per Muti vi sono musicisti capaci di evocare in musica ciò che poi sarà trasferito in colore, in pittura. Comunque, nel capitolo finale (Per non concludere) del libro avvincente, i due autori sono concordi nel ritenere che le creazioni della mente, siano esse musicali, iconiche o letterarie, sono eterne.


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