Un saggio di fine anno quello di sabato sera (8 giugno) nella Sala maggiore dell’Accademia “Cassiopea” (Roma,via Ardea,un mini Teatro India!), con la rappresentazione di una rielaborazione-rilettura di una delle opere della maturità di B.Brecht, “L’anima buona del Sezuan” (Parabola scenica,1938-41) [non ho mai condiviso la pur autorevole traduzione italiana (E.Castellani) del titolo originale “Der gute Mensch von Sezuan” (Mensch= ): spesso mi capita di sentire “La buon’anima….”!, che è tutt’altra cosa!]. Titolo dello spettacolo: “Le anime buone del Sezuan”, regista l’attrice-insegnante Giulia Maulucci, attori i bravissimi allievi Mattia De Angelis (superlativo), Marta Ceprini, Luana Comiotto, Giulia Trezza. Nella concisa presentazione-introduzione del lavoro la regista ha tenuto a precisare che si è trattato di un “divertimento” puntando,perciò, sul comico per alleggerire Brecht, “un po’ pesante, prescindendo dal “pregiudizio”(sic). Atteso che l’ideologia nulla ha a che vedere col pregiudizio, comunque, consciamente o no, sia lei sia gli attori, pur nell’approccio al testo originale per “approssimazione”, hanno saputo restituirne la valenza critica e politica. Infatti, dalla messa in scena e dalla recitazione si percepisce una sottile, amara allusione al degrado politico-sociale, allo stato confusionale della attuale situazione-condizione che stiamo vivendo, ai limiti del grottesco riscontrabile,peraltro, nella “baraonda” che movimenta lo spazio scenico. Allusione più evidente al prosciugamento del calore umano e della bontà in senso lato sempre più confusa col buonismo d’accatto, qui e ora, in Brecht e in Italia (e altrove): coincidenza vuole che nella didascalia al titolo leggiamo che il Sezuan è una località “semieuropeizzata”!. Alla corsa per l’approvvigionamento dell’acqua (il personaggio di Wang, l’acquaiolo), oggi non improbabile metafora dell’“acqua della salute” cioè la solidarietà. All’incapacità o impossibilità di “Essere amici e gentili al mondo”(citazione fuori testo della chiusa di una bellissima lirica di Brecht). Il testo originale è uno tra i più sostenuti del drammaturgo di Augusta, lirico e al tempo stesso realistico, in bilico tra straniamento e sdoppiamento (persona-personaggio, finzione-raltà). Intelligentemente “depurato” dell’impronta epico-lirica nonché drammatica, concertato tra teatro nel teatro (Questa sera si recita a soggetto), commedia all’improvviso (dell’arte) e pochade o varietà. Tuttavia può dirsi a suo modo straniato: gli attori,infatti, sembrano “indicare” (sic Brecht) i personaggi al pubblico. Gli ingredienti della “satura lanx”(piatto farcito,la “baraonda”) sono conditi da un’accattivante colonna musicale,un opportuno uso di luci, un sound efficace (gestito dalla stessa regista!). L’apologo e la parabola,dunque,sono stati risolti in chiave parossistica, a tratti ridanciana. Il dio venuto in terra (tre dèi nell’originale) per verificare se ancora esista qualche anima/persona buona, nello spettacolo, è una improbabile “dea”,inizialmente, farfalleggiante e squittente, via via più ravveduta e come personaggio e come recitazione. Sapientemente e attorialmente “improvvisati” anche i cambi d’abito a vista (dalle scarpe alle mutande!), disinvolte e sbrigative le attrici; altrettanto improvvisati gli abiti ora stravaganti, ora volutamente straccioni, ora dignitosamente borghesi. “Teatro povero” ha tenuto a precisare la regista, di nobile tradizione precisiamo noi (vedi Grotowskij, spesso anche P.Brook). Una scena volutamente “cialtronesca”,integrata dall’improvviso coinvolgimento di più di qualcuno del pubblico a figurare come invitato al matrimonio-farsa di Shen-Te. La regia ha calcato la mano sull’equivoco che contrassegna la vicenda, lo scambio dei ruoli e persone: Shen-Te e il suo alter ego(il cugino), poi aviatore, aspirante suicida, macrò; lei stessa ingenua anima buona ma anche ex prostituta e commerciante. Efficace il trasformismo degli attori,il gioco dei travestimenti -notevole il transessuale di Mattia De Angelis come anche i suoi simultanei cambi d’abito e di “umore”, il toccante accenno a/di “Vedrai vedrai” (Tenco), un apprezzabile recitato-cantato in sottotono-semitono- Il tutto è risultato un “gioco” dal ritmo crescente e progressivo ora concitato ora tenero ora crudele. Una fotografia di un “gruppo sociale in un qual luogo” in cerca di un autore (benefattore inesistente) che nega la vita (il soccorso) ai suoi componenti, di vivere come persone più che come personaggi. Il messaggio dello spettacolo, a parte Brecht, sembra chiaro: nell’attuale contesto italiano, europeo e mondiale di “anime buone” ne incontriamo sempre meno salvo i malcapitati o derelitti d’ogni specie in mare,in terra, nelle carceri, nei campi di lavoro (nero). De André, oggi, le avrebbe dette “Anime salve”. Non già dall’inferno (quelli ci sono dentro fino al collo) bensì unicamente in virtù della loro tenacia a voler essere persone cioè Der gute Mensch von Welt (Mondo). A riguardo, significativa e oltremodo calzante per ricchezza semantica e parsimonia verbale la citazione di una poesia di Brecht (fuori testo): “Debolezze. /Tu non ne avevi./ Nessuna./ Io ne avevo una: amavo.” Un colpo d’ala (della regista) che sigla a dovere lo spettacolo. Probabilmente Brecht deve essere famigliare alla regista!


News-24.it è una testata giornalistica indipendente che non riceve alcun finanziamento pubblico. Se ti piace il nostro lavoro e vuoi aiutarci nella nostra missione puoi offrici un caffè facendo una donazione, te ne saremo estremamente grati.



Articolo precedenteFemminicidio di Cisterna: oggi l’autopsia e l’interrogatorio del marito. Il martello non si trova.
Articolo successivoA Latina il festival del rifugiato. Per noialtri il party prevede buche, monnezza e qualche topo.