Confesso di aver insegnato

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Confesso di avere insegnato                                                  Diario di un viandante tra scuola, cinema e teatro              di Giorgio Maulucci                                                                  C’è un duplice vantaggio nell’insegnare perché, mentre si insegna, si impara.                                                                        Seneca

Dal titolo e sottotitolo del libro di Giorgio Maulucci, Confesso di avere insegnato. Diario di un viandante tra scuola, cinema e teatro (Atlantide editore) è possibile ricavare le parole chiave che costituiscono il filo di Arianna delle numerose considerazioni e osservazioni, riflessioni e memorie del testo autobiografico. Leggendo attentamente ogni pagina del libro, infatti, è possibile ricostruire la biografia culturale, professionale e personale dell’autore che scrive: «le mie altro non sono che “confessioni” se non di un ottuagenario, sicuramente, di un italiano medio di buona volontà e tradizione». “Confessioni” che sono preziose per la conoscenza della storia della Scuola media superiore della terra pontina negli anni del secondo dopoguerra. Inoltre l’espressione nel titolo del libro, avere insegnato, indica l’essenza della sua professione, sia d’insegnante che di preside, svolta con impegno, rigore e serietà per tanti anni nel territorio pontino.                                                                                                                       Altra parola chiave è diario, termine finalizzato a registrare dettagliatamente nelle varie stagioni della sua vita eventi, aneddoti, situazioni ed esperienze vissute direttamente come protagonista indiscusso. Il termine viandante sta a indicare la metafora di un lungo viaggio sentimentale che inizia dalla nascita fino al periodo della fine della “carriera” e della “pensione” (ahimè, parole completamente estranee al pensiero intimo e profondo dell’autore). Scuola, cinema e teatro sono le parole più importanti e centrali della narrazione autobiografica.                                                                                                          Il libro ha una scansione decennale che inizia con gli Anni Cinquanta (periodo scolastico) quando l’autore racconta gli anni della sua infanzia e adolescenza, della frequentazione della scuola elementare a Piazza Dante e della scuola media a Palazzo M, negli edifici di fondazione della città; una scuola fatta di registri, lezioni, interrogazioni e compiti in classe. Nitidi sono i ricordi dei compagni di scuola ben descritti nei loro lineamenti fisici, nei loro comportamenti e stili di vita.

Sullo sfondo di questa parte del libro è descritta la città di Latina vissuta dall’autore «come una prigione dorata nel periodo dell’infanzia e dell’adolescenza, una necessità nell’età adulta»; una città “paludosa”, demolita, “rifatta”, ristrutturata (come ben dimostra il ricordo del cinema Dell’Aquila).

In questa sezione del libro, raffinate ed eleganti sono le descrizioni dei profili dei suoi insegnanti di liceo, autorevoli professori appassionati e competenti delle loro materie, capaci di essere animatori e di affrontare, in maniera laica, temi di natura politica e di attualità. Questi insegnanti sono diventati  nel racconto autobiografico “figure teatrali” accostate a personaggi della letteratura, della filosofia e della storia. Sono stati modelli di vita, docenti di talento che incutevano timore e rispetto; veri “maestri” ricordati, non solo per i loro gesti e comportamenti, ma soprattutto per la loro bravura, competenza e senso di umanità, che padroneggiavano «l’arte di insegnare» e sapevano utilizzare, con sorriso bonario e intelligente, «l’ironia sottile di Orazio, la saggezza di Seneca e la raffinatezza di Petronio».

Negli Anni Sessanta l’attenzione dell’autore si sofferma sul periodo degli studi universitari (Facoltà di Lettere a “La Sapienza” di Roma) durante i quali ha coltivato le sue principali passioni: la politica, l’arte, la musica e soprattutto il cinema e il teatro, parti integranti dell’apprendimento delle giovani generazioni di studenti del tempo e della loro formazione umana e culturale.                            

Questo periodo (1963-1969) è rievocato attraverso i film d’impegno civile, le colonne sonore, le atmosfere, i balli, i ritmi in voga, le canzoni d’autore (Mina, Gaber, Joan Baez), degli chansonniers francesi e dei grandi cantautori italiani, e le ballate della cantante folk Giovanna Marini.

Un clima culturale effervescente che l’autore ha respirato frequentando memorabili spettacoli teatrali, concerti, convegni, laboratori di scrittura, biblioteche, incontri nei luoghi “di culto” con personalità di rilievo del mondo teatrale, musicale e cinematografico. Sono gli anni della contestazione del clima storico-politico del Sessantotto, il periodo di formazione caratterizzato dagli studi universitari e dalla laurea. Anni splenditi durante i quali l’autore/studente ha avuto modo di incontrare la migliore intellighenzia del mondo accademico e culturale del tempo  e di seguire le lezioni degli illustri “sapienti” come Natalino Sapegno,  Ettore Paratore, Giacomo Debenedetti, Giulio Carlo Argan, Mario Praz,  Antonino Pagliaro, Tullio De Mauro, Giovanni Macchia e altri.                                                                                                      Gli Anni Settanta (periodo contrassegnato dal terrorismo, dagli eccidi, dalle stragi, dagli «anni di piombo», dall’assassinio di Aldo Moro, dal delitto di Peppino Impastato ecc.) sono caratterizzati dalla visione degli spettacoli teatrali indelebili per il loro forte impatto emotivo e visivo che diventeranno, in seguito, perle preziose per una didattica dialogica basata sulla discussione libera.

Il ritmo narrativo dell’autobiografia umana e culturale è scandito dai ricordi, accompagnati da acute riflessioni e ironici commenti, dei testi teatrali e delle visioni di film, dove Giorgio Maulucci mostra la sua perspicacia e il suo ricco e sconfinato patrimonio culturale e professionale nel campo della raffinata conoscenza del teatro, del  cinema e della musica (considerati valori aggiunti per la formazione scolastica). In questo periodo (1971) ha inizio la carriera scolastica con le supplenze e con la prima nomina a tempo indeterminato presso il Liceo classico “Leonardo da Vinci” di Terracina.

Il suo iter professionale, sempre aperto al nuovo, per indole e propensione, è punteggiato da bizzarri progetti didattici, da ardite forme di sperimentazioni e innovazioni di natura contenutistica e metodologica attraverso corsi monografici e lezioni-dialogo dopo la visione e partecipazione a spettacoli teatrali e cinematografici con collegamenti e raffronti con testi letterari. L’autore pensa e percepisce la scuola e l’insegnamento come «il gran teatro del mondo». Con gli alunni riesce a instaurare un costruttivo rapporto umano e didattico soprattutto nelle numerose iniziative culturali insolite per gli istituti scolastici del tempo, vere e proprie imprese epiche, importanti  e totalizzanti.

Gli Anni Ottanta sono ricordati per il matrimonio e il rocambolesco viaggio di nozze, per il  concorso a preside (un’impresa rischiosa per le responsabilità da dover assumere), per la nuova e straordinaria avventura scolastica e professionale prima a Merano e poi presso l’Istituto Magistrale “Alessandro Manzoni” di Latina e il Liceo Classico “Dante Alighieri” del capoluogo pontino.                                                                                                          Gli Anni Novanta sono ampiamente descritti e ricordati per i viaggi di istruzione, le escursioni scolastiche, artistiche e culturali, per le tournée e rassegne teatrali, per i seminari di studi e laboratori, per le sperimentazioni e  collaborazioni con il Piccolo Teatro di Milano e la Scala: emozionanti ed esaltanti esperienze per gli insegnanti e alunni. Nel racconto di queste esperienze è possibile cogliere interessanti e acute considerazioni e riflessioni pedagogiche nel quadro di un adeguamento e di riforma degli studi (Progetto Brocca) in riferimento all’evoluzione dei tempi e dei nuovi linguaggi e nella prospettiva di innovazioni progressiste (cinema, teatro, musica)  spesso osteggiate e/o rifiutate.

Nei diversi momenti di rievocazioni emerge, come protagonista assoluto, la figura di un uomo di scuola (docente, preside da intendere come consulente e fautore di proposte) coraggioso per le scelte di programmi ritenuti allora inconsueti; di un intellettuale umile, inquieto e curioso, sempre rispettoso della dignità degli alunni, della  professionalità degli insegnati e dei colleghi; di un convinto promotore culturale contro una visione conservatrice o retrograda dell’insegnamento e della cultura, proteso al rinnovamento e sempre pronto a rivitalizzare l’insegnamento con i corsi monografici, l’ascolto di brani musicali, concerti e visite a mostre d’arte.                                                                                                                                                                   Nelle scuole da lui dirette, eminenti personalità della cultura, indiscussi Maestri, «Convitati eccellenti, di pregio», oltre a «gustare il pane del sapere, i frutti della conoscenza, l’essenza dell’eloquenza» insieme agli alunni e docenti, hanno fornito la loro collaborazione e hanno dato prove importanti delle loro specifiche competenze nelle preziose «lezioni di umanesimo e “umanismo”».

Giorgio Maulucci è stato (ed è) un personaggio culturalmente eccentrico, straordinario nel panorama del mondo intellettuale, culturale e scolastico della terra pontina; una personalità forte che ha inciso in maniera indelebile sulla crescita di molti studenti, di nuove generazioni di latinensi che hanno trovato strade occupazionali di rilievo nel mondo delle varie professioni; un intellettuale raffinatissimo che possiede forti competenze professionali e un’ampia cultura teatrale, cinematografica e musicale; un uomo impegnato anche nel volontariato (l’esperienza radiofonica di Musica Radio e quella teatrale nel carcere con le detenute della Casa circondariale di Latina).

Confesso di avere insegnato. Diario di un viandante tra scuola, cinema e teatro è un libro scritto con una prosa elegante e fluida che, nel raccontare il percorso esistenziale e professionale di Giorgio Maulucci, potrebbe avere una traduzione cinematografica accompagnata da una particolare colonna sonora ricavabile dalle narrazioni delle varie stagioni esistenziali e professionali.

 

 


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