Di ritorno dal Salone del Libro di Torino

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I libri rifiutano gli steccati, sono momenti di inclusione sociale, insegnano ad ascoltare, invitano a conoscere le culture diverse, a rispondere alle angosce del presente e a disegnare nel modo migliore il futuro. 

Massimo Bray

         Perché nel mese di maggio ogni anno, per cinque giorni, molti uomini e donne, bambini e vecchi, giovani e adulti, singoli individui e gruppi di scuole di ogni ordine e grado, intellettuali e studiosi, italiani e stranieri, nonostante le polemiche politiche e ideologiche (per l’esclusione di un editore), si recano al Salone Internazionale del Libro di Torino, una grande manifestazione popolare, per comprare libri fra i vari stand, per assistere alla presentazione di testi di vario genere e per ascoltare dibatti sempre interessanti e seguiti con grande attenzione e interesse?

Quale motivazione o spinta interiore sollecita la loro presenza nella kermesse culturale più importante del nostro Paese? Quale senso e significato ha il portare avanti la battaglia di promozione della lettura che, come ha affermato il direttore del Salone Nicola Lagioia, «è la vera battaglia culturale di questo Paese?».  Le risposte a questi interrogativi possono essere molteplici e variegate.

Dopo la piena ed entusiastica immersione nel “contenitore culturale” del Lingotto a Torino, per la partecipazione alla XXXII edizione del Salone Internazionale del Libro, si torna a casa sempre arricchiti per le stimolazioni ricevute nelle mostre, nei laboratori, nelle immagini dei filmati e soprattutto negli incontri con le grandi personalità della cultura nazionale, europea ed internazionale (da Fernando Savater a Wole Soynka, da Luciano Canfora a Paolo Rumiz, da Gustavo Zagrebelsky a Riccardo Gazzaniga, da Massimo Cacciari ad Alberto Asor Rosa, da Giulio Giorello a Claudio Magris, da Alessandro Barbero a Maurizio Ferraris, e dai vari autori di lingua spagnola a insigni rappresentanti di prestigiose associazioni culturali nazionali e internazionali) e della storia più recente come la testimone della Shoah Halina Birenbaum, che ha vissuto a 10 anni l’incubo del ghetto.

Il Salone offre l’opportunità di ascoltare la voce dei più brillanti e influenti scrittori, filosofi, scienziati, artisti, storici, sociologi, registi del nostro tempo sui grandi temi della nostra epoca. Si possono incrociare Premi Nobel, intervistare e conversare studiosi di Paesi lontani, soddisfare curiosità culturali in differenti settori del sapere.

Numerose sono le osservazioni e considerazioni, le riflessioni e meditazioni che si possono ricavare dal Salone, luogo aperto di discussione, di condivisione e di confronto sui principali argomenti del mondo contemporaneo inerenti la democrazia, l’emergenza climatica, la sostenibilità del progresso, le migrazioni, la giustizia sociale, la convivenza civile, l’intelligenza artificiale, le biotecnologie, le nanotecnologie: problematiche molto importanti che scaturiscono da questo appuntamento annuale, seguito da noi ormai da diversi lustri.

Nei giorni climaticamente primaverili, durante il soggiorno a  Torino per il Salone, si respira un’aria fresca di primavera “intellettuale”, di rinnovamento di energie psico-fisiche, di nuovi orizzonti di pensieri, di mete più chiare da raggiungere: insomma un momento di rinascita interiore, una ricarica per ulteriori avanzamenti nel campo culturale e sociale e una messa a punto di traguardi da fissare e raggiungere per l’immediato futuro.

Si torna dal Salone nella vita quotidiana dopo aver ascoltato, imparato e discusso con molte persone, con tante idee,  con pensieri nuovi, con propositi di maggior impegno culturale e civile, politico e sociale nelle diverse realtà territoriali.


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