Dom Pietro Vittorelli sarà sepolto nel cimitero monastico di Montecassino

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Dom Pietro Vittorelli verrà seppellito a Montecassino, nel cimitero monastico, dopo i funerali che avranno luogo domani alle 16 in abbazia. Oggi, invece, l’autopsia – disposta dalla procura di Roma – servirà a stabilire con esattezza la tipologia del malore fatale che nei giorni scorsi ne ha decretato il prematuro decesso: aveva 61 anni. La scoperta del corpo senza vita del 191° successore di San Benedetto è stata fatta dalla signora addetta alle pulizie nella sua casa romana. Ma non si esclude che il malessere sia sopraggiunto qualche ora prima: alcuni familiari avevano provato a chiamarlo giovedì sera, non ricevendo alcuna risposta. L’esame autoptico servirà a chiarire con esattezza il tipo di malore e l’orario del decesso.

Secondo una prima ricostruzione dei fatti, sarebbe stata proprio la signora che si occupava in casa delle faccende domestiche a dare l’allarme. Non riuscendo a entrare nell’appartamento, ha allertato i vigili e il 118: una volta dentro, ai soccorritori non è rimasto altro da fare che constatarne il decesso. Dom Pietro Vittorelli era sul divano, con il capo reclinato: di fronte a lui la televisione ancora accesa. Addosso aveva gli abiti e non il pigiama, ecco da dove nascono le incognite sull’orario della morte. Quali sono stati, dunque, gli ultimi istanti di vita di Vittorelli? A questa domanda risponderà la procura della Repubblica di Roma che ha disposto il trasferimento della salma all’istituto di medicina legale di piazza del Verano. E oggi saranno eseguit gli esami medico-legali utili a fugare ogni dubbio.

Vittorelli era diventato abate di Montecassino nel 2007, poi cinque anni più tardi un ictus gli causò la paralisi di una parte significativa del corpo, al punto da costringerlo a lasciare la guida di Montecassino nel 2013. Una vita sotto ai riflettori, non solo per il suo ruolo di guida spirituale dell’abbazia più antica d’Italia, culla del monachesimo. Lo scandalo che ha investito Montecassino risale a oltre dieci anni fa, con un processo iniziato due anni dopo. La sentenza è arrivata a ben otto anni dai sequestri: assoluzione con formula piena.

La Guardia di finanza di Roma nel 2015 aveva infatti disposto il sequestro di 4 conti bancari e di 2 case, iscrivendo nel registro degli indagati sia l’abate emerito Pietro Vittorelli che il fratello Massimo, manager a Milano. Sotto la lente, oltre 500.000 euro destinati a opere caritatevoli o di culto e che, invece, per i magistrati di Roma sarebbero stati “dirottati” verso viaggi e lussi. Nessuno, invece, né la diocesi né il monastero benedettino avrebbero mai lamentato nulla.

Complesso il processo: i legali – un collegio difensivo composto dagli avvocati Sandro Salera, Mattia La Marra ed Antonio Bartolo – hanno dimostrato come quei soldi fossero in realtà della famiglia Vittorelli, e come testimoniato in aula dall’abate emerito in una delle udienze, in parte dovuti alla sua carità personale per opere di bene che faceva; spiegando, poi, di aver usato debitamente le somme, nel rispetto della normativa canonica. Assolti con formula piena sia lui che il fratello Massimo.


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