In una lunga intervista all’alpinista Alex Txikon, sul quotidiano spagnolo Marca,il basco, oltre che della sua spedizione, purtroppo fallita sul K2, si è soffermato sulle operazioni di soccorso per i due alpinisti dispersi sul Nanga Parbat Daniele Nardi e Tom Ballard, individuati dopo giorni di ricerche, immortalati senza vita sullo Sperone Mummery, grazie al potente obiettivo in dotazione all’iberico. Txikon torna a rivangare anche il passato, e nello specifico quella spedizione del 2016 ricordata come quella dei veleni, quando il basco, insieme al pakistano Ali Sadpara e all’italiano, Simone Moro, riuscì a salire in invernale la vetta del Nanga, dopo aver lasciato al campo base proprio Daniele Nardi che in quella spedizione ebbe più di qualche diverbio con alcuni scalatori polacchi e con lo stesso Moro: “Con Daniele siamo stati al Nanga Parbat nel 2016. Un’esperienza che non ha funzionato. Mi sento in colpa. Se avessi saputo gestire la situazione in altro modo… – ha ammesso Txikon su Marca – Avrò questo rimpianto per il resto della mia vita. Se avessi saputo gestire il rapporto tra Nardi e Simone Moro, forse Daniele sarebbe oggi ancora in vita”.
Lo spagnolo parla anche delle operazioni di ricerca e sulle ipotesi di morte di Nardi e Ballard, i cui corpi com’è noto sono rimasti sulla montagna: “L’ipotesi è che siano morti a causa dell’ipotermia, mentre erano in parete. Dopo le 17 su quella montagna le temperature possono scendere all’improvviso da -30 a -60 gradi. Un fattore che, insieme alla stanchezza, hanno fatto da detonatore. E’ questo l’unico errore che i due hanno commesso”. E nuovi particolari sembrano emergere. Dal racconto di Txikon, infatti, pare che Nardi e Ballard abbiano anche lanciato un razzo per chiedere i soccorsi, ma il personale al campo base, due cuochi pakistani e un ufficiale di raccordo, non essendo alpinisti non sono riusciti ad individuare il punto della montagna da cui era arrivata la richiesta di SOS.


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