Intervista a Floriana Giancotti

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Intervista a Floriana Giancotti                                            Floriana Giancotti è nata nel capoluogo pontino dove risiede. Nel corso della sua vita professionale è stata insegnante di Filosofia e Storia presso il Liceo classico di Latina e poi Dirigente scolastico nel Liceo scientifico “E. Majorana” nella stessa città.                      In collaborazione con il Ministero della Pubblica Istruzione si è interessata della formazione e aggiornamento degli insegnanti delle scuole sperimentali.                                                        Ha partecipato alla vita politica nella città di Latina come Consigliere comunale e come Assessore alla cultura nel comune di Ventotene. Ha scritto, oltre a numerosi articoli sulla storia del territorio pontino, due romanzi: il primo nel 2011 A Dìjepiaèente (Sovera edizioni), dove racconta la saga della famiglia Gigliotti del sud pontino ripercorrendo un periodo della storia d’Italia, tra        l’Ottocento e metà del Novecento fino al termine della Seconda    Guerra Mondiale; il secondo Il Cùnsolo pubblicato nel 2016 (Atlantide editore) dove narra le vicende di una famiglia “perbene”, borghese e tradizionale, in particolare del giovane protagonista Chicco e delle sorelle, dopo la morte del padre.

Il desiderio e la passione di scrivere romanzi dal sapore e dallo sfondo storico quando sono emersi nel tuo curriculum vitae ?                                                                                     Mi sono sempre piaciuti i romanzi a sfondo storico, mi è sempre piaciuta la storia. Il romanzo ci consente di avvicinarci ad una realtà storica attraverso la vita delle persone,capire il loro modo di interpretare il presente, di vivere i sentimenti e le passioni che accompagnano la realtà concreta di ciascuno. Ogni protagonista di un romanzo ha un po’di noi, ci interroga e ci fa vivere un altrove che ci affascina come inedita avventura. Non appena i miei doveri professionali e familiari mi hanno consentito di riprendere in mano il tempo della mia vita, ho sentito la necessità di scrivere dando voce ad un dialogo interiore che mi ha sempre accompagnato

Il romanzo, come forma migliore per raccontare, per arrivare in modo diretto al cuore delle persone e per far riflettere, può essere una definizione valida anche per te?  Perché?                                                                                    Io penso che prima di questo obiettivo “pedagogico” ci sia un bisogno interiore di capire, scavare, riflettere sulle vite degli altri che si rivelano come parte nascosta della nostra vita. Ogni romanzo, anche quello più descrittivo è sempre un po’ un’autobiografia del narratore persino in quello che tace. Il problema non è di far riflettere gli altri ma di “esporsi”chiamando il lettore a condividere esperienze mostrando realtà, dinamiche interpersonali, sociali o storiche in cui tutti siamo coinvolti. Il passato aiuta, la lontananza diventa vicinanza, sono libero di identificarmi o di rigettare il racconto, ma se mi pongo delle domande se la mia sfera emotiva viene coinvolta, allora scrivere ha avuto un senso.

 Come studiosa del territorio pontino quali motivazioni hai avuto per raccontarne in maniera più distesa (con il romanzo) la storia e le tradizioni delle varie comunità presenti?                                                                           Trovo molto interessante la nostra storia pontina perché contiene modernità e tradizione. Un processo di modernizzazione che ha sconvolto un territorio ma anche la permanenza di strutture familiari ed economiche tradizionali che reagiscono in maniera diversa alle decisioni dello Stato con una partecipazione molto originale e spesso inedita. Approfondire la storia locale arricchisce a dismisura la conoscenza storica in generale ed il romanzo consente di rendere vive e presenti situazioni, sentimenti, lotte, vittorie e sconfitte che la storia ufficiale riduce inevitabilmente a descrizione sommaria quando non a numeri e statistiche. Che cosa pensavano gli attori delle storie? Non i politici, non i sindacati, non gli astratti decisori, ma chi viveva la vita vera.

Quale preparazione è stata necessaria per scrivere il primo romanzo A Dìje piacènte? Che tipo di difficoltà  hai incontrato nel corso della stesura?                                          Una preparazione abbastanza lunga. Si trattava ovviamente non di ripassare la storia generale, ma di trovare piccole storie locali, personaggi dimenticati, storie in dialetto, poesie, immagini pittoriche o fotografiche e rifletterci sopra sottolineando quello che poteva essere utile alla trama sommaria che nel frattempo avevo elaborato. Ho avuto la fortuna di trovare anche due vocabolari del dialetto fondano che mi hanno aiutato nell’immaginare delle conversazioni

Quali sono state le principali fonti storiche per ricostruire la saga della famiglia Giglietti nel sud pontino?                     Il mio modello di narrazione è stato sempre il libro di Ginzburg “Il formaggio ed i vermi” che mi ha insegnato come da un fascicolo dell’Inquisizione si possa costruire una narrazione storica serissima ma avvincente. A mio avviso la storia è scienza ma condividendo il giudizio di Croce, ritengo che la capacità narrativa dello storico faccia la differenza. Il romanzo storico è (dovrebbe essere ) arte che si fonda sullo studio e sulla documentazione. Altro modello inarrivabile è stato “La chimera” di Vassalli e poi molte storie fotografiche e le tantissime letture sul mondo contadino che ho sempre amato, da quelle di taglio più economico a quelle di taglio sociale, compresi i tanti saggi di storia locale che ho letto con attenzione

 Nei tuoi romanzi quali sono gli elementi inventati dalla tua fantasia  e quelli che provengono dalla tua esperienza personale o dalle tue vicende familiari?                           Certamente la trama è frutto dell’invenzione ma molti personaggi corrispondono a grandi linee ai racconti che ascoltavo in famiglia da piccola, in particolare all’esperienza di accompagnare mia madre al camposanto di Itri, dove era sepolta sua madre morta giovane. Tutte le volte lei  piangeva ed io mi chiedevo chi fosse questa donna e perché avesse lasciato un ricordo tanto intenso. Così ho pensato di cominciare ad immaginare la sua vita, il suo ambiente costruendo un personaggio: ad esempio quando stende la pasta fatta in casa in cucina, quella è un’esperienza che tutte le giovani della mia generazione hanno vissuto. Mia nonna faceva la pasta in casa? Non lo so, ma mi piace pensarlo.                         La storia dei briganti e dell’arricchimento del piccolo commerciante è tutta inventata così come la crisi della produzione delle arance, ma chi non ricorda in tempi più recenti a Fondi le manifestazioni dei produttori di arance e l’occupazione della ferrovia? Presente e passato si incrociano si fondono e si confondono

 Le tue pubblicazioni come sono state accolte dai lettori e dalla critica?                                                                           Mi sembra positivamente anche se come ben sai non esiste una politica di valorizzazione delle pubblicazioni locali da parte delle nostre librerie e questo significa che i riflettori sui libri di interesse locale si spengono presto. Mi piace ricordare un commento di una conoscente che mi comunicava che suo padre, anziano, teneva il mio libro sul comodino e lo rileggeva spesso

 Nelle tue narrazioni sono presenti molte figure di donne sensibili dalla forte personalità. Perché e in che modo, le  donne si mostrano più salde e determinate degli uomini?  Mi sono sempre meravigliata della capacità di protagonismo delle donne della nostra zona, in prima linea nelle lotte contadine, capaci di difendere la famiglia ed i figli in condizioni che oggi diremmo insopportabili. Scarse di cultura scolastica ma intelligenti e capaci di interpretare fatti, parole, circostanze con un acume che risalta al confronto delle nostre realtà alfabetizzate e di benessere, ma troppo spesso atone e succubi dei vari poteri costituiti. Io credo che il ruolo “di cura”che le ha relegate ai margini ha anche costruito in loro delle “fortezze”capaci di esprimersi nei momenti più difficili e di “soccorrere” così il mondo maschile in pezzi

 A quale personaggio femminile vorresti dedicare un tuo scritto (romanzo, saggio o altro) e per quale motivo?

Vorrei dedicare con umiltà un mio romanzo alla mia amica Anna Maria Tomassini, una delle donne più intelligenti colte e profonde che io abbia conosciuto e che la nostra comunità ignora quasi che la sua ormai lunga attività di costruzione a Latina di una cultura alta, fosse “altra” per la città.

 Quali progetti scritturali hai per il futuro o sono già in cantiere?                                                                                Ho già terminato da tempo un romanzo sulla storia di una ragazza siriana trapiantata in Italia a seguito della guerra. Ci tengo molto, ma mi sembra tanto difficile trovare un editore. Non è storia locale non sono inserita in circuiti nazionali. Vedremo

 

 

 


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