LATINA- Oggi, 31 gennaio, la Chiesa festeggia Don Bosco. Al Santo dei piccoli sono legato da un affettuoso rapporto che deriva dalla presenza, assai preziosa, della famiglia salesiana nella nostra Cattedrale di San Marco.

Se dovessi pensare ad un episodio evangelico che rappresenti il Santo, certamente sceglierei Marco 10, 13-16. In questo piccolo episodio, l’evangelista ci presenta dei piccoli fra gli apostoli e Gesù. Due antropologie, due culture si confrontano. Quella di Gesù, che prende fra le braccia quei bambini, è l’antropologia nuova di cui Don Bosco si è fatto discepolo e maestro.

Scrisse Giovanni Paolo II nella lettera Juvenum patris, inviata alla Società Salesiana nel 1988: “La figura di questo Santo, amico dei giovani, attrae ancora col suo fascino la gioventù delle culture più diverse sotto tutti i cieli. Certamente il suo messaggio pedagogico richiede di essere ancora approfondito, adattato, rinnovato con intelligenza e coraggio, proprio in ragione dei mutati contesti socio- culturali, ecclesiali e pastorali. Tuttavia la sostanza del suo insegnamento rimane, la peculiarità del suo spirito, le sue intuizioni, il suo stile, il suo carisma non vengono meno, perché ispirati alla trascendente pedagogia di Dio”.

Il cuore della pedagogia di Don Bosco è una fede familiare e saldissima in un Dio che è, appunto, padre. Per questo la Chiesa ed il mondo hanno bisogno di educatori qualificati, rigorosi, gioiosi, santi. Dirà a Parigi: “La società sarà buona se date una buona educazione alla gioventù, ma se la lasciate trascinare al male, la società sarà pervertita”.

E’ Dio ad educare il suo popolo. Noi siamo soltanto suoi collaboratori in questa continua sfida educativa. C’è una frase di Don Bosco che sintetizza bene l’altissimo suo progetto: “Aiutare il ragazzo a diventare onesto cittadino e buon cristiano”.

Le due cose, lungi dall’essere giustapposte, sono strettamente legate l’una all’altra. Il cielo ha bisogno della terra e la terra difficilmente può essere attraversata senza un continuo volgersi al cielo. Scrive sempre nella stessa lettera ai salesiani Giovanni Paolo II:” Per lui l’uomo formato e maturo è il cittadino che ha fede, che mette al centro della sua vita l’ideale dell’uomo nuovo proclamato da Gesù Cristo e che è coraggioso testimone delle proprie convinzioni religiose”.

Una fede declamata, ma anche praticata ché Don Bosco aveva presente l’esortazione di San Giacomo: “La fede che non si manifesta nei fatti è morta” (Gc. 2, 26).

Al centro c’è, quindi, un rapporto comunitario fra i più piccoli e la famiglia salesiana come si evince dalla Prefazione alla Regola della Società: “Quando in una comunità regna l’amore fraterno e tutti si amano vicendevolmente e ognuno gode del bene dell’altro come se fosse proprio, allora si prova la giustezza delle parole di Davide: “Quanto è bello e piacevole vivere da fratelli”. ”

Concludendo, gli insegnamenti preziosi che Don Bosco ci lascia sono, essenzialmente, tre.

In primo luogo l’importanza della parola di Dio. In questo senso mi piace ricordare che a Valdocco egli realizzò i primi murales ante litteram con alcune brevi ma significative espressioni tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento. Don Bosco era un fine studioso e conoscitore delle Sacre Scritture, in greco ed in latino, ma seppe far prossima la Parola a tanti piccoli ai quali era preclusa per diverse ragione, non ultima per l’alto tasso di analfabetismo.

La centralità dei Sacramenti, in modo particolare della Penitenza e dell’Eucarestia. Val la pena citare, a proposito della Confessione e del rapporto con i giovani, lo stesso Don Bosco: ” Questo grave inconveniente, la mancanza cioè di perseveranza nei giovani, proviene dal fatto che essi non vengono abbastanza a contatto col prete e quindi non si confessano abbastanza di frequente. Le anime giovanili, nel periodo della loro formazione, hanno bisogno di sperimentare i benefici effetti che derivano dalla dolcezza sacerdotale. Vivendo sotto questo influsso fin dalla tenera età, si rammentano poi, più tardi, della pace goduta dopo le sacramentali assoluzioni, e qualora si abbasseranno agli umani traviamenti, sanno sempre ricorrere per aiuto agli amici della loro infanzia”.

Agli amici della loro infanzia, cioè ai sacerdoti loro educatori. Mi viene alla mente il passo che amo in assoluto di più nel Vangelo, in Giovanni: “Vos autem dixi amicos”, vi ho chiamati amici.

In ultimo, in Don Bosco è fortissimo il Sensus Ecclesiae. I sacerdoti salesiani, le figlie di Maria Ausiliatrice, i missionari salesiani inviati in tutto il mondo, sono proprio la testimonianza più concreta dell’amore che il Santo nutriva per la Chiesa, fedele al motto di San Cipriano: “Non possiamo avere Dio per Padre, se non abbiamo la Chiesa per Madre”.

Don Bosco ci ha aiutati e ci aiuta a capire la Chiesa, a riconoscerla come Madre, a sentirci suoi figli nella fede diventando, quindi, educatori alla fede, nella fede, attraverso la fede.


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Sono laureato in Scienza della Politica con tesi dal titolo: ”L’eccezionale: Storia istituzionale della V Repubblica francese”. Socialista liberale libertario e radicale. Mi sono sempre occupato di politica e comunicazione politica collaborando a campagne elettorali e referendarie. Ho sempre avuto una passione per il giornalismo d’opinione e in News-24 ho trovato un approdo naturale dove poter esprimere liberamente le mie idee anche se non coincidono sempre con la linea editoriale della testata. Ma questo è il sale della democrazia e il bello della libertà d’opinione.