L’angolo delle curiosità: Dante Alighieri

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Dante non è meno difficile di Joyce, ma senza Dante noi saremmo diversi.

Giorgio Manganelli

Nel marzo scorso papa Francesco ha dedicato alla memoria di Dante Alighieri la Lettera apostolica Candor lucis aeternae, (Candore di luce eterna), una frase latina contenuta nel Convivio del sommo poeta che fa riferimento al Verbo di Dio.

Dante Alighieri, definito da papa Bergoglio come «profeta di speranza, cantore del desiderio umano e testimone del desiderio di infinito insito nel cuore dell’uomo», definisce la sua fede come «favilla/che si dilata in fiamma poi vivace, /e come stella in cielo in me scintilla» (Paradiso XXIV, 145-147).

Nella Epistola XIII a Cangrande della Scala  Dante confessa che «il fine di tutto e della parte è rimuovere i viventi in questa vita da uno stato di miseria e condurli a uno stato di felicità».

Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges, grande appassionato di Dante, autore di Nove saggi danteschi (1982), ha confessato nelle sue Sette notti (1980): «Sono giunto alla fine. Voglio solamente sottolineare che nessuno ha diritto di privarsi di questa felicità, la Divina Commedia. All’inizio si deve leggere il libro con la confidenza di un bambino, abbandonarsi a esso, e allora ci accompagnerà per tutta la vita».

Lo scrittore e linguista Niccolò Tommaseo (Sebenico 1802 – Firenze 1874), autore nel 1837 di un commento alla Divina Commedia, suggerì: «Leggere Dante è un dovere; rileggerlo un bisogno; gustarlo un gran segno di genio; comprendere con la mente l’immensità di quell’anima è un infallibile presagio di straordinaria grandezza».

Dante è discipulus che ha costante bisogno di guide: prima Virgilio (sino al Paradiso terrestre), poi Beatrice (sino al XXXI canto del Paradiso), poi san Bernardo, per gli ultimi tre canti del poema.

Secondo il filologo e critico letterario Carlo Ossola nella Commedia «il Dante personaggio si rivela poco a poco nel poema: conosciamo dapprima la sua paura di fronte alle fiere; sviene al racconto del dramma d’amore di Paolo e Francesca (“E caddi come corpo morto cade” Inferno Canto V, 142; gli salgono le lacrime al vedere la pena che flagella Ciacco, la “sozza mistura/de l’ombre e de la pioggia (Inferno VI, 100-101); da quel dialogo apprendiamo che Dante è originario di una città toscana, come conferma l’apostrofe, poco dopo, di Farinata degli Uberti: “O Tosco che per la città del foco/vivo ten vai così parlando onesto (Inferno Canto X, 22-23): Al canto XV, si dichiara ch’egli è stato allievo di Brunetto Latini, il quale gli raccomanda il suo Tesoro (v.119)».

L’opera di Dante, la Divina Commedia, ha avuto nel Novecento un ampio raggio di ricezione in Russia. Nella seconda metà del XIX secolo è stata tradotta integralmente. Con la rivoluzione bolscevica del 1917 la diffusione di Dante subì inizialmente una battuta d’arresto. Negli anni Trenta le cose cambiarono. Si trovò una giustificazione ideologica per favorire la pubblicazione dell’opera dantesca apprezzata e amata. Di Dante si sottolineò il profondo valore sociale e l’atteggiamento “anticlericale”,  con riferimento alla sua lotta contro il potere temporale della Chiesa.

Uno dei  padri nobili del comunismo, Friedrich Engels espresse il seguente giudizio: «Dante è l’ultimo poeta del Medioevo e il primo del Rinascimento». Dante in Russia viene letto da un pubblico di persone colte e molto interessate alla Commedia. Dell’opera dantesca in Russia si apprezza: il percorso di ricerca spirituale, la tensione etica e la passione per la giustizia.

 


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