Le Stanze Vaticane di Raffaello

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L’arte, di per sé muta e indifesa, non può proteggersi che con la fama, e la fama è la critica sempre desta.                                    Roberto Longhi

Raffaello fu chiamato a Roma nel 1508 insieme ad altri artisti (Sodoma, Peruzzi, Lotto, Bramantino, Perugino…) provenienti da diverse città per decorare le Stanze nei nuovi appartamenti del papa Giulio II, dove ricevette alcune tra le commissioni più importanti del tempo, che resteranno fondamentali per la storia dell’arte.

Gli affreschi delle Stanze Vaticane, realizzati con ampi contributi della sua Scuola, sono diventati un punto di riferimento per secoli. Le immagini, fondendo forma, disegno e colore hanno influenzato in modo decisivo l’immaginario dell’Occidente fino ai nostri giorni e hanno avuto un influsso fondamentale nell’elaborazione del Manierismo.

L’urbinate ben presto (1511) ottenne la responsabilità concreta di dipingere la Stanza della Segnatura che, in realtà, doveva in origine essere la biblioteca privata del pontefice e la Stanza di Eliodoro (1511-1513).

La Stanza della Segnatura in Vaticano, iniziata nel 1508 e terminata nel 1511,  è composta dagli affreschi della Scuola di Atene – di cui parleremo in seguito – della Disputa del Sacramento, del Parnaso e de Le Virtù. Questi famosi affreschi costituiscono il manifesto del Rinascimento italiano e il documento più completo dell’Umanesimo cristiano.                                                                                                                                      Gli affreschi, la Disputa del Sacramento e la Scuola di Atene, posti uno di fronte all’altro, rappresentano rispettivamente la sapienza antica e la rivelazione cristiana ed esprimono la loro concordanza attraverso un sistema simmetrico di corrispondenze compositive. Questi affreschi mostrano, infatti, la continuità tra il pensiero antico e quello cristiano, fra teologia naturale e teologia rivelata. Tutto esalta la Bellezza e la Bontà e nelle lunette campeggiano le allegorie del Bello (il Parnaso) e del Bene (le Virtù).

La Disputa del  Sacramento (1509)

L’affresco ha un titolo inappropriato perché Giorgio Vasari nelle Vite d’e più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, ha scritto di personaggi disputanti mentre in realtà i santi e i dottori non dibattono ma venerano, stupiscono e si emozionano di fronte al mistero dell’eucarestia. Questo affresco che ha pari dignità e dimensioni con l’altro, la Scuola di Atene, è dedicato al mistero del Verbo Incarnato. La teologia, la figura allegorica femminile che sovrasta la scena, recita divinarum rerum notitia.

La Disputa è costruita come una grande macchina pittorica, organizzata secondo un piano verticale e due semicerchi orizzontali. Sopra c’è il semicerchio celeste con Cristo al centro, sotto quello terrestre con l’altare. A collegarli c’è la verticale che scende da Dio Padre all’altare. Tanto le linee prospettiche sul pavimento quanto le altre fanno convergere lo sguardo sull’Ostia, simbolo di Dio in terra.

Nella Disputa del Sacramento, dove viene esaltata la verità rivelata da Gesù Cristo, intorno all’ostia appaiono raccolte, in tre grandi emicicli sovrapposti, la Chiesa militante di laici e religiosi (in basso), la Chiesa trionfante di santi e patriarchi (al centro) e la Trinità con la Vergine e san Giovanni (in alto).

La Chiesa militante è una vera e propria assemblea, composta da santi, teologi,  pontefici, poeti che attendono di ricongiungersi a Dio. Nella parte inferiore dell’affresco è rappresentata una vasta assemblea di Dottori della Chiesa: Ambrogio e Agostino, Girolamo e Gregorio in posizione eminente seduti sui troni, tutti gli altri in piedi o vagamente disposti. Si riconoscono, fra gli altri, san Bonaventura da Bagnoregio, san Tommaso d’Aquino, il Beato Angelico, Dante e Girolamo Savonarola

La Chiesa trionfante rivela la bellezza della Trinità, con Gesù al centro di un grande disco dorato, affiancato da Maria e Giovanni Battista, il precursore. Sotto di lui quattro piccoli angeli mostrano le Sacre Scritture, con brani tratti dai quattro evangelisti. Sotto la colomba, simbolo dello Spirito Santo, campeggia l’ostensorio sopra l’altare, punto nodale dell’affresco, dove è esposto il Santissimo Sacramento. In semicerchio, attorno a Gesù, sono rappresentati santi, martiri, apostoli e profeti. In alto, una cupola di raggi dorati circonda il busto del Pantocratore (il Cristo ieratico benedicente), con il globo in mano, mentre impartisce la benedizione.

Tutti i personaggi coinvolti nella “disputa”, fra i quali sono riconoscibili alcuni ritratti di contemporanei (quali Donato Bramante e Francesco Maria della Rovere) partecipano animatamente segnando una vera novità rispetto alle rappresentazioni precedenti. Scrive Giorgio Vasari «Delle quali figure non potrebbe pittore alcun formare cosa più leggiadra, né di maggior perfezzione, avvenga che nell’aria et in cerchio sono figurati que’ santi a sedere, che nel vero, oltre al parer vivi di colori, scortano di maniera e sfuggono che non altrimenti farebbono s’e’ fussino di rilievo».

Sulla parete nord della Stanza della Segnatura Raffaello, proseguendo il complesso programma iconografico, realizzò l’affresco del Parnaso dedicato a Febo Apollo, il dio della poesia e della bellezza. Apollo è rappresentato nel punto più alto dell’affresco con un boschetto di lauro alle spalle. Il dio della poesia è intento a suonare una lira da braccio, uno strumento moderno ma adatto a evocare il valore universale ed eterno dell’ispirazione poetica. Intorno a lui, presso la fonte Castalda, ci sono le nove muse e i massimi poeti antichi e moderni della storia. Tra le muse è facilmente riconoscibile Calliope, che si volge verso Apollo alla sua sinistra, mentre simmetricamente nel lato opposto figura Erato.

Tra i poeti coronati d’alloro più facilmente identificabili nel piccolo gruppo in alto a sinistra sono Omero, Dante, Virgilio e altri poeti antichi e moderni (Saffo e Orazio, Petrarca, Boccaccio, Ariosto) mentre salgono al sacro monte del Parnaso. La figura allegorica che sovrasta l’affresco e ne dà la chiave interpretativa è coronata di alloro ed è alata.                                                                                                                                 L’affresco è strutturato da corrispondenze numerologiche: sono nove i poeti dell’antichità e nove i moderni, nove le Muse e nove le corde della lira, che non è più il classico strumento dell’iconografia tradizionale a sette corde.

Il ciclo della Stanza della Segnatura si completa con l’affresco de Le Virtù (1511) che raffigurano le Virtù cardinali, Fortezza, Prudenza e Temperanza, cui corrisponde nel medaglione della volta la Giustizia.  Cinque genietti alati (tre di essi rappresentano le virtù teologali Carità, Speranza e Fede), legano le Virtù con dolci movenze. Sotto la lunetta ci sono due figurazioni storiche, che simboleggiano il diritto civile (Treboniano che consegna le Institutiones all’imperatore Giustiniano) e il diritto canonico (Raimondo da Peñafort consegna le Decretali a papa Gregorio IX).

Raffaello dipinse nel soffitto, entro tondi, le personificazioni della Teologia, Filosofia, Poesia e Giurisprudenza cui si collegano i grandi affreschi parietali la Disputa del Sacramento, la Scuola di Atene, il Parnaso e le Virtù.  In questo modo Raffaello celebrò l’unità del Vero, del Bene e del Bello con immagini di straordinaria naturalezza e grandiosità.

Nella vasta Stanza rettangolare della Segnatura, decorata per intero da Raffaello, comprese le volte (a parte le otto scenette già dipinte dall’artista Sodoma) la grande raffigurazione rappresenta il culmine dell’armonia strutturale e della chiarezza compositiva maturate dall’artista.

L’artista di Urbino, come «giovane veramente divino», ha incarnato il senso dell’eleganza, della raffinatezza e della bellezza classica del Rinascimento, attraverso l’armonia della forma  e del colore e il recupero  dell’antico.

 


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