“Se fate i bravi – Genova 2001, il sogno e la violenza” – nelle sale cinematografiche dall’8 novembre

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Regia: Stefano Collizzolli e Daniele Gaglianone

Soggetto e trattamento: Stefano Collizzolli, Daniele Gaglianone e Fabio Geda da un idea di Fabio Geda

Musiche: Evandro Fornasier

Durata: 100 min

Produzione Paese: Italia, Belgio, 2022

Cast: Evandro Fornasier, Gianfranco Bettin, Alessandra Ballerini

Per non dimenticare i giorni violenti, incresciosi e infausti avvenuti a Genova nel mese di luglio 2001, sono stati realizzati diversi film: Carlo Giuliani, ragazzo di Francesca Comencini (2001), Un altro mondo è possibile di Guido Chiesa, Ettore Scola, Giorgio Arlorio (2001), Genova per noi di Roberto Giannarelli, Wilma Labate, Paolo Pietrangeli, Francesco Ranieri Martinotti (2001), Black Block di Carlo Augusto Bachschmidt (2011), Dopo Diaz. Non pulire questo sangue di Daniele Vicari (2012), Summit di Franco Fracassi (2013). E dopo di essi, ecco l’ultimo “Se fate i bravi” di Stefano Collizzolli e Daniele Gaglianone, un film selezionato al LXIII Festival dei Popoli nella sezione Doc/Highlights, che sarà presentato, oggi, lunedì 7 novembre, alle ore 21, presso il cinema La Compagnia di Firenze e che sarà nei cinema italiani a partire da domani 8 novembre.

Sono passati più di vent’anni da Genova, 2001. È il tempo in cui un neonato diventa una persona: c’è un’intera generazione che è autonoma e presente al nostro tempo, e che allora non era ancora nata.   Ed è il tempo in cui un ragazzo diventa adulto, ed un adulto anziano. Ci sono due generazioni che hanno attraversato quell’esperienza, e che ancora non possono considerarla chiusa.

Non è chiuso il sogno di Genova 2001, perché i grandi temi di quei giorni sono i temi di oggi, solo più urgenti. Parlavamo di crisi ecologica, di crescente disuguaglianza, di finanza che accentra le risorse nelle mani dei pochi e rende precari o spiaccica i tanti. Ci pareva sbagliato e pericoloso che il 20% degli abitanti della terra controllasse l’80% delle ricchezze. Oggi, l’8% controlla l’85%.

E non è chiusa la violenza di Genova 2001, perché quella violenza è stata molte volte raccontata, contro-raccontata, celebrata o condannata, ma mai compresa o risolta. Vent’anni è un ciclo di tempo umano, in cui un fatto avvenuto è abbastanza distante da poter essere guardato in prospettiva, con distacco, essere riscoperto e messo in connessione con altri fatti che, quando accadeva, sembravano altri, irrelati. Ed è ancora abbastanza vicino da poter essere presente, da poter parlare al presente, da poter incontrare centinaia di migliaia di persone che portano addosso quell’esperienza, che possono raccontarla, che forse continuano a riviverla. È un tempo giusto, fra storia e biografia, per poterne parlare: per partire da Genova per andare oltre Genova, e per capire cosa Genova significa.

 “Se fate i bravi” è un diario delle giornate fra il 19 e il 21 luglio 2001 a Genova. Erano i giorni del cosiddetto vertice G8, cioè il vertice fra gli otto stati più potenti della terra, in cui qualche centinaio di persone si riunivano per decidere il destino del pianeta; e in cui centinaia di migliaia di persone sono andate a Genova per contestare pacificamente quel modello di sviluppo predatorio e ingiusto, e proporne un altro. A quel sogno e a quella protesta rispose la più grave sospensione dei diritti democratici in Occidente dopo la Seconda Guerra Mondiale, come l’ha definita Amnesty International. La memoria è una cosa strana. Quella di Genova è una storia che è stata raccontata molte volte, ma il nostro paese non ci ha mai fatto i conti fino in fondo; come se per certi versi fosse una storia da dimenticare, o forse una storia già dimenticata. Anche moltissime delle memorie individuali sono interrotte; come una ferita sepolta, una frattura che ci si scorda di avere, ma che quando cambia il tempo si sente. È quello che è successo agli autori e dai testimoni del film. Vent’anni dopo hanno sentito l’esigenza di raccontare. Ed il film è tutto un lungo racconto, un diario momento per momento svolto vent’anni dopo da Evandro Fornasier. Evandro parla quasi in macchina; in uno spazio neutro, con una fotografia evidente, raccontando la sua storia in modo disteso, intimo, e situato in quel presente distante, quasi fosse un monologo teatrale. E per certi versi lo è: si avverte la presenza, attorno alla telecamera, di persone  che condividono con lui uno spazio e un tempo irripetibile. Comincia a parlare dicendo che è la prima e l’ultima volta che ha l’occasione di farlo con tutto il tempo necessario; non gli è mai successo, e non succederà più. Con voce quieta e pungente racconta l’esigenza che muoveva lui ed il suo gruppo di amici, in un gesto che sembrava necessario, indiscutibile, pur non essendo loro militanti: l’idea di un mondo in cui fosse più piacevole e più giusto vivere. Un’idea da non tenere per sé, ma da condividere, in uno spazio pubblico sognante, forse ingenuo, di piazza, di presa di parola.

Racconta anche cos’è avvenuto dopo. La repressione caotica. L’arresto. La detenzione a Bolzaneto, una discesa agli inferi. E poi la traduzione al carcere di Alessandria, dove l’incubo non è finito. Al diario di parola di Evandro si affianca un diario per immagini: nel corso della lavorazione del film, Stefano Collizzolli riscopre le riprese video delle sue giornate di Genova. C’era una telecamera miniDV, con l’intento di testimoniare ma soprattutto con uno spirito di festa, di gita con gli amici, con i costumi da bagno in zaino per il giorno dopo le manifestazioni. Sono immagini che poi nessuno aveva mai più rivisto. Evandro e Stefano non si conoscevano, ventuno anni fa; eppure spesso erano separati da poche decine di metri, e quella piccola distanza è stata decisiva per come le due storie sono andate a finire. Sono due storie che raccontano la contraddizione fra sogno e violenza. Un sogno che in parte si è interrotto ed in parte è continuato in altre forme. E una violenza che ha prima colpito i corpi e poi schiacciato il racconto in un’estenuante dialettica fra criminalizzazione del movimento e contro-narrazione difensiva.

Filmografia (Stefano Collizzolli)

I nostri anni migliori (2012),Il pane a vita(2014), È finita (2015), fuoriClasse (2016), Paese Nostro (2019).

Filmografia (Daniele Gaglianone)

I nostri anni (Quinzaine des Realisateurs, Festival di Cannes 2001). Nemmeno il destino (Tiger Award all’International Film Festival di Rotterdam,2005), Bosnia Rata nece biti – la Guerra non ci sarà (David di Donatello, 2009), Pietro (2010),Ruggine (Giornate degli Autori, Festival di Venezia, 2011), Lça mia classe (idem, 2013), Gramma (Festival di Locarno), Sorelle d’Italia (2018), Dove bisogna stare (Torino Film Festival, 2018).

Francesco Giuliano


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).