Se le scelte Covid-19 del Governo hanno ampio consenso popolare, manifestare il dubbio su di esse potrebbe corrispondere ad un comportamento eretico?

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Il dubbio, nome  che deriva dal latino dubium che a sua volta deriva da duo, indica lo stato della ragione sospesa tra due pensieri diversi e opposti, cioè oscillante fra due scelte contrarie. Nel campo giuridico, la locuzione In dubio pro reo precisa che quando c’è il dubbio sulla colpevolezza di una persona è meglio che il giudice rischi di assolverla piuttosto che condannarla. Questo significa che la tutela dell’innocente prevale sull’utilità di condannare il colpevole.

Nel campo letterario lo scrittore inglese Oscar Wilde (1854 – 1900) nella lettera De profundis (Feltrinelli, 2014) al poeta Alfred Douglas, suo compagno, scriveva che: «Si parla tanto del bello che è nella certezza; sembra che si ignori la bellezza più sottile che c’è nel dubbio. Credere è molto monotono, il dubbio è profondamente appassionante. Stare all’erta, ecco la vita; essere cullato nella tranquillità, ecco la morte».

Nell’ambito filosofico, il problema del dubbio è stato affrontato nell’antica Grecia dal filosofo Pirrone di Elide (365-275 a.C.) che fondò la scuola scettica (324 a.C.) basata sulla premessa che non c’è una regola precisa che consenta di distinguere il vero dal falso, o di comprendere ciò che è male e ciò che è bene. Quindi bisogna dubitare di ogni cosa. Infatti, per l’uno – il vero – e l’altro – il falso – vige il principio del terzo escluso della logica di Aristotele (384 – 322 a.C.), secondo cui nel riconoscere la verità ne consegue la falsità. Sostenere un comportamento scettico, ovvero manifestare il dubbio, corrisponde al non possedere una certezza e comporta la sospensione della valutazione, il rifiuto di formulare opinioni definitive, l’indifferenza rispetto a diverse alternative equivalenti, e, infine, il raggiungimento dello stato atarassico. E questo equivale a non accettare dogmi di qualsiasi natura (religiosa, politica, ecc.) ma, al contrario, dare spazio al relativismo evitando di attribuire alle cose valore assoluto e duraturo. Il poeta Thomas Moore (1779 – 1852), in L’acqua in vino – Un altro sguardo sul Gesù dei vangeli (Moretti & Vitali, 2001) scriveva che «A cambiare il tuo mondo non sarà un enorme sistema di fede, ma un piccolo cambiamento nella visione e nei valori, … ». E il filosofo  Eugenio Lecaldano (1940) nel saggio Un etica senza Dio (Laterza, 2008) ha sostenuto che « … non solo non è vero che senza Dio non può darsi un’etica, ma anzi è solo mettendo da parte Dio che si può realmente avere una vita morale». Dubitare di tutto, avendo soltanto la certezza di dubitare, significa esistere (ergo sum) come asseriva il filosofo razionalista francese Cartesio (1596 – 1650) che così aveva fondato lo scetticismo metodico, che consente di verificare che le conoscenze acquisite siano meno dubitabili. Ciò corrisponde al falsificazionismo del filosofo austriaco Karl Popper (1902 – 1994), la teoria epistemologica secondo la quale una teoria è scientifica solo se è possibile dimostrarne la falsità. Sulle orme di Cartesio, quasi contemporaneamente, Galileo Galilei (1564 – 1642) introdusse il metodo scientifico secondo il quale, in seguito all’osservazione di fatti significativi, si perviene alla formulazione di un’ipotesi, che risulta vera se riesce a spiegare determinati fatti; se da quell’ipotesi si perviene a conclusioni che, dopo attenta osservazione, risultano verificate, essa verrà accettata provvisoriamente come vera, in quanto la scoperta di altri fatti la potrebbe modificare. Questo procedimento dimostra che la scienza (l’episteme degli antichi Greci) si fa conoscenza attraverso la ricerca del vero, ricerca che si avvale passo dopo passo del dubbio. La storia della scienza e dell’ evoluzione  del pensiero scientifico dimostra che non esiste una verità esatta, assoluta, perché ogni misura che viene effettuata è caratterizzata da errori (sperimentali). E non solo. Scrive, a proposito, il filosofo Bertrand Russel (1872 – 1970) nel saggio La visione scientifica del mondo (Editori Laterza, 2019): “In argomenti in cui la verità non può essere accertata, nessuno ammette che vi possa essere la minima possibilità nemmeno del più piccolo errore in ciò che dice. Chi ha mai udito un teologo fare la prolusione al suo credo, o un uomo politico concludere i suoi discorsi con una dichiarazione del probabile errore delle sue opinioni? È evidente che la certezza soggettiva è inversamente proporzionale alla certezza oggettiva. Meno si ha ragione di credersi dalla parte della ragione, più veementemente si asserisce che non c’è alcun dubbio di avere completamente ragione. I teologi sogliono deridere la scienza perché mutevole, «Vedete noi», essi dicono, «ciò che asserimmo al Concilio di Nicea asseriamo ancora; mentre ciò che gli scienziati asserirono solo due o tre anni fa è già dimenticato e antiquato». … Nessuno che abbia un temperamento scientifico asserisce che sia esattamente giusto ciò che si crede ora scienza; egli dirà che è una tappa sulla via della verità esatta. Quando avviene un cambiamento in scienza …. Non si annulla ciò che era stato fatto, ma si sostituisce con qualcosa che è leggermente più accurato. … Tutte le leggi scientifiche si basano sull’induzione, che, considerata come un processo logico, è aperta al dubbio, e non è capace di dare certezza”. La scienza è l’unico mezzo che contrasta l’arroganza dogmatica che impedisce alla mente di riflettere e di ricercare la verità, perché  la bellezza delle cose è nella mente che le guarda come affermava il filosofo scettico David Hume (1711 – 1776). Anche il filosofo inglese Anthony Collins (1676 – 1729), nel Discorso sul libero pensiero (1713), asseriva qualcosa di simile: «Io intendo per libero pensiero l’uso dell’intelligenza nel tentare di scoprire il significato di qualsivoglia asserzione nell’esaminare la natura delle prove a suo favore o a essa contrarie, e nel giudicare in base alla forza o alla debolezza delle prove».

A proposito delle scienze lo scrittore russo Lev N. Tolstoj (1828 – 1910) le divideva in due categorie: a) le scienze che tentano di dare una soluzione ai problemi della vita  – “fisiologia, psicologia, biologia, sociologia” – dove riscontrava “… una povertà di pensiero sbalorditiva, una suprema indeterminatezza, una pretesa del tutto ingiustificata di risolvere dilemmi che non sono di loro competenza e, soprattutto, continue contraddizioni di un pensatore con gli altri e perfino con se stesso”. b) le scienze “che non si preoccupano della soluzione dei problemi della vita, ma che invece risolvono questioni scientifiche, specialistiche di loro competenza … tali scienze ignorano persino il problema della vita … In generale il rapporto delle scienze sperimentali con il problema della vita può essere espresso così. Domanda: Perché vivo? (ndr: derivante dal dubbio che è in ciascun essere umano). Risposta: Nello spazio infinitamente grande, in un tempo infinitamente lungo, particelle piccole si modificano in una complessità infinita e, quando tu avrai capito le leggi di tali modificazioni, allora avrai capito perché vivi”.

A porre il dubbio chiaramente, in ambito scientifico, è stato il fisico tedesco Werner Karl Heisenberg (1901 – 1976) che, avendo affermato in un suo discorso  che la verità scientifica non può conciliarsi con l’interpretazione religiosa del mondo, formulò in meccanica quantistica il principio di indeterminazione (non è possibile conoscere per un particella in movimento contemporaneamente e con elevata precisione di essa due variabili coniugate) secondo il quale l’accadimento di un evento è rimesso al gioco del caso, e quindi al dubbio.

Anche il fisico russo Vitalij Rydnik, in La meccanica quantistica (Ed. Riuniti, 1975), ha scritto che Il sapere ti fa uscire dalla solitudine della mente e dalla schiavitù, in quanto la continua ricerca del vero porta l’essere umano a pensare, a riflettere, a vincere la monotonia nel credere perché il dubbio è profondamente appassionante, come diceva il già citato poeta Oscar Wilde.

Sempre in ambito scientifico, il matematico austriaco Kurt Gödel (1906 – 1978) arrivò a dimostrare che In ogni sistema sufficientemente complesso si possono formulare frasi che all’interno del sistema non sono né dimostrabili né confutabili, a meno che il sistema non sia di per sé inconsistente. Questo significa, come sostiene lo scrittore tedesco Hans M. Enzensberger (1929), che «puoi descrivere la tua lingua nella tua propria lingua: ma non del tutto. Puoi analizzare il tuo cervello col tuo stesso cervello: ma non del tutto. Per giustificarsi ogni sistema pensabile (ndr: l’uomo) deve trascendersi (ndr: cioè deve eccedere) ossia autodistruggersi». E per non autodistruggersi l’uomo deve essere dubbioso.

Da questi riferimenti culturali vien da sé che, nell’ambito socio-politico, la locuzione In dubio pro reo potrebbe essere usata per ogni uomo o donna che manifestasse dissenso nei confronti dei provvedimenti assunti dal Governo in merito alla malattia Covid-19 senza che possa essere considerato pari al  povero untorello di manzoniana memoria.

Francesco Giuliano

 


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).