Sono rimasti dieci “piccoli” Americani

Gli ultimi dieci esercenti del Mercatino Americano raccolti a ridosso di via della Cinta Esterna

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LIVORNO – Se c’è una cosa di cui bisogna prendere atto e fare i complimenti è la positività e l’ottimismo dei dieci esercenti “reduci” del Mercatino Americano alla Stazione Marittima. Cacciati via da piazza XX settembre ormai tanti anni fa ma pazienza, e ancora più nello stretto oggi, quando da un paio di mesi metà dei capannoni sono chiusi e pieni di macerie e i nostri dieci eroi se ne stanno stretti stretti ma felici lato via della Cinta Esterna. A fargli compagnia il parcheggio a 40 centesimi l’ora dell’ex cestista della Pl Elis Bufalini sempre strapieno come strapieno è il mercatino, soprattutto nei fine settimana, con orario continuato dalle 9 del mattino alle 7 della sera, e tantissimi clienti, i soliti di sempre alla ricerca del pezzo speciale, la pelliccia restaurata, il Levi’s usato, i tubini a frange coi fiori stile dolce vita, la felpina che non ti crederai mai ma ce l’ho solo io e un tipa a Berlino, l’abbigliamento militare originale acquistato come tradizione dal ’45 in piazza XX direttamente dalla base americana di Camp Darby a Coltano, e anche un po’ di oggettistica varia e tutti gli altri indumenti. Eh sì, proprio gli americani, perché se di sicuro Livorno è una città multietnica e multiculturale, le Stelle e Strisce dello zio Sam è giusto che si prendano il loro posto d’onore nel melting pot labronico dal dopoguerra ad oggi. Perché il Mercatino Americano di oggi sembra davvero un angolo, piccolo, di Camden Town, a Londra. È quel sapore british che può essere preso, come si vuole, o come un’evoluzione della moda italiana anni 60, o come un suo fedele compagno. È il vintage cosiddetto, che proprio dell’equilibrio si nutre, in mezzo alla schizofrenia della moda moderna, e del gusto, e che pur essendo vintage non passa mai di moda. Quindi i clienti del Mercatino Americano sono sempre e ancora numerosi, come lo sono i turisti, più quelli in partenza per le isole che i croceristi. In tanti pure da tutta la Toscana e fino a dove arriva il segnale. Servirebbe un accesso diretto dal varco portuale della Fortezza Vecchia ma l’amministrazione non ci sente, perché qui decide tutto l’Autorità Portuale. Anche un punto ristoro sarebbe ad hoc, per chi volesse dopo aver fatto acquisti, bere un caffè, ma o si chiede tutto o ci si arrangia con quel che c’è, e ci mancherebbe altro che qualcuno si lamentasse, perché gli affari vanno a gonfie vele.

Lo giurano gli esercenti: “Siamo contenti, di 29 che eravamo adesso siamo solo dieci ma stiamo meglio così, più raccolti – sorride Roberto Pannocchia, erede dello storico banco Roberta Pelle – ho fatto una nuova collezione, mantengo la tradizione di famiglia e ho un bel negozio a Forte dei Marmi”. Le pellicce, anche di visone, si legge sul cartellino, costano 750 euro: “Se nuovo ti viene a costare mille euro e io te lo faccio 750 restaurandolo grazie ad esperte mani artigiane, oltre il risparmio, non diventa più necessario uccidere altri animali. Anche di questo bisogna tenerne conto. Non voglio fare il capo dei capi – chiude – ma a nome di questi dieci operatori che siamo rimasti invito tutti a venire ancora a visitare quello che era e continua a essere il mercato più bello d’Italia”. Accanto a lui c’è il banco di Mara con tutti i suoi vestiti “d’altri tempi” e l’attività di babbo portata avanti e iniziata nel 47. Poi ci fermiamo alla “Fermata d’autobus” con Patrizia e il suo spazio tutto al femminile con i vestitini e le magliette dall’Inghilterra e da Berlino, nello stile anni 60. “Il Mercatino Americano è un mito per tutta la Toscana – esulta Piero “Capello”, il re del Jeans – continuiamo ad esistere grazie alla storia di piazza XX, attraiamo molti turisti e lo spirito non ci manca, guai a essere pessimisti”. Tutto in mostra l’assortimento militare U.S.A. in surplus di Camp Darby acquistato regolarmente da anni, Piero Pagni è fierissimo del suo banco: “La mia merce viene ricercata molto dai turisti da tutto il centro Italia e soprattutto da Firenze, sono tutti prodotti originali del mondo militare statunitense”. I capannoni fatiscenti a ridosso dei banchi, risultato dello sfratto della Porto Duemila purtroppo sono davvero un pugno in un occhio ma le sensazione ascoltando gli esercenti è che su un certo tipo di critiche si voglia soprassedere. Risorgere ancora come l’araba fenice, il nuovo imperativo.


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Divento giornalista pubblicista nel 2012 lavorando per Il Tirreno per quattro anni e mezzo nella redazione della cronaca di Livorno, in seguito faccio varie esperienze personali sempre volte ad accrescere la mia esperienza professionale. Ho collaborato con più di un giornale on line, guidandone alcuni, ho lavorato come addetto stampa nel campo della politica, dello sport e dello spettacolo, attualmente affianco la professione giornalistica a quella di scrittore.