LATINA – «Sto pensando di fare qualche disastro in giro». E’ una delle frasi intercettate dagli investigatori che sono finite nelle carte del processo nei confronti di Janet Zouabi, 35 anni, tunisina, arrestata lo scorso dicembre dalla Digos di Latina con l’accusa di terrorismo e nei cui confronti il pubblico ministero della Procura di Roma Sergio Colalocco ha chiesto il giudizio immediato.

La prima udienza fissata per il 24 giugno in Corte d’Assise a Roma è slittata al 14 settembre. Il profilo della donna, residente a Latina dove viveva a Palazzo di Vetro, è ritenuto di primissimo piano dagli inquirenti. I reati contestati sono quelli di istigazione alla propaganda, associazione terroristica e addestramento con finalità terroristiche.

C’è un numero – anche questo finito nell’inchiesta – ritenuto indicativo dagli inquirenti: sono i messaggi su Instagram, ben 591, con i quali la donna faceva propaganda allo Stato Islamico e che gli investigatori della Digos, coordinati dal dirigente Walter Dian, sono riusciti a portare alla luce. Sempre nelle carte dell’inchiesta sono finiti altri messaggi quando la donna ad esempio scriveva: «Iscrizioni per chi vuole raggiungere i nostri fratelli, bisogna sapere 5 versi del Corano».

La polizia ha accertato che la 35enne viveva nell’ombra e non aveva destato fino ad un certo punto particolari sospetti. Era esperta con i social network e inneggiava allo sterminio degli infedeli. Oltre che su Instagram, ha postato messaggi dal contenuto terroristico sia su Youtube che su WhatsApp. Agli atti del fascicolo c’è una intercettazione che per gli inquirenti è ricca di significati. «Sto seminando terrore intorno al mondo, se non mi senti è perchè sto pensando di fare qualche disastro in giro».

Secondo le indagini la donna da oltre un anno abitava in città e portava avanti la sua azione di proselitismo: dall’analisi del contenuto del suo telefono cellulare è emersa una serie di contatti anche con l’ex Imam di Latina.

Ad indirizzare le indagini nel capoluogo pontino e sui social network utilizzati dalla 35enne, è stato il monitoraggio costante del profilo Instagram di Abdul Razzaq Al-Mahdi che invitava i musulmani a compiere attacchi terroristici per vendicare i bombardamenti russi in Siria. Il primo alert è partito dagli investigatori statunitensi dell’Fbi, dopo che è emerso lo scambio di un messaggio con un account italiano. Quando era scattato l’arresto, sia i residenti che i commercianti della zona non credevano ai loro occhi.

«Era una ammaliatrice e alla fine con lei si parlava di religione – aveva raccontato una donna quando otto mesi fa la 35enne era finita in manette – era molto brava a parlare in modo suadente». Empatia, scaltrezza e grande capacità di passare in un certo senso inosservata. Ecco chi era quella che sembrava una insospettabile, arrestata per avere fiancheggiato il terrorismo islamico. Tra due mesi il via con il processo.


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