Non lo chiamerò più diario, ma Il Punto. Di diari in questo momento, com’è giusto che sia, ne è pieno il web. Ognuno vuole esorcizzare la sua paura scrivendo di se. Io invece qui cerco di riassumere le tante cose che leggo. Cose serie. Ovviamente ci sono anch’io in questi pezzi. Ma marginalmente. Il mio lavoro è fare una sintesi delle notizie e sintetizzarle in questo appuntamento più o meno quotidiano.

Il report del prof Bucci

Iniziamo subito con il suo report giornaliero. Enrico Bucci è uno scienziato che avete avuto modo di conoscere anche grazie alla mia intervista. La sera aspetto con ansia che lui scriva e mi leggo tutto. Ma proprio tutto, commenti compresi, cercando di comprendere anche dalle virgole se qualcosa sia cambiato rispetto al giorno precedente, cercando una luce, anche piccola in questo momento di buio. Di lui e di tutti gli altri del suo gruppo mi fido molto.

Ieri sera tardi scriveva che la situazione rispetto al giorno precedente non presentava nessuna peculiare differenza. “Per quel che riguarda le terapie intensive, tolta la Lombardia, sono più avanti ed in piena crescita esponenziale Emilia Romagna e Piemonte, seguite da Veneto, indi Toscana e Marche, quindi Liguria. Lazio e Abruzzo cominciano a mostrare i primi segni di distacco dal fondo, mentre le altre regioni, per fortuna, restano ancora molto distanziate”, scrive. Per cui consiglia di lasciar stare “modelli e previsioni a più di tre giorni, e concentratevi sui nostri medici e sui nostri infermieri, gli eroi di questa guerra: rimanete a casa, non affolliamo le corsie”. Quando piove si aprono gli ombrelli, non si fanno le previsioni del tempo, chiosa.

Le scuole

Da un giorno all’altro il sistema scolastico ha cambiato pelle. Dalla lavagna è passato improvvisamente al tablet e ai file.

In molti hanno attivato piattaforme, distribuito password, username e credenziali. Una vera sfida. Quindi problema risolto? Per nulla. Perchè purtroppo a fare da spartiacque sono le differenze sociali. Ora ancora di più, perchè c’è chi ha il computer e la stampante e tutto il necessario per seguire gli insegnamenti on line, che proseguono quotidianamente. E chi invece ha solo un telefono con una connessione che va e viene.

Problemi di banda larga in tutta Italia. Lo ha detto anche la Gabanelli

Un problema vero, ha detto ieri sera al suo Dataroom. “ Prima dell’emergenza Coronavirus a lavorare da casa in Italia erano in 570 mila, il 2% dei dipendenti, contro il 20,2 % del Regno Unito, il 16,6% della Francia e l’8,6% della Germania. Poi è esplosa la pandemia e in due settimane, ci comunica il Ministero del Lavoro, 554.754 lavoratori sono stati mandati a lavorare da casa. Numeri che crescono di giorno in giorno: i maggiori operatori telefonici segnalano che il traffico dati sulle linee fisse è aumentato in media del 20% con picchi del 50%. È il più grande esperimento di lavoro a distanza mai attuato nel nostro Paese”.

E aggiunge…

“In Italia la banda larga ultraveloce raggiunge il 24% della popolazione, contro la media UE del 60%.Poi ci sono le «aree bianche», dove il piano da circa 1 miliardo di euro per estendere la fibra ottica a 9,6 milioni di unità immobiliari e in cui vivono 14,7 milioni di abitanti, risale al 2015. La gara fu vinta dalla società pubblica Open Fiber, che sbaragliò i concorrenti applicando un forte ribasso. Fra ricorsi, ritardi autorizzativi e grovigli burocratici i lavori sono partiti a fine 2018 con ultimazione prevista nel 2020. Ebbene, oggi gli immobili connessi in fibra ottica e wireless alla nuova rete a banda ultra larga sono 2,2 milioni, e peraltro la fibra si ferma a una distanza di 10/40 metri dalle abitazioni”.

#celafaremo

Da più parti, soprattutto in Lombardia scendono in campo a dare una mano studenti e neolaureati. Aiutano nelle ambulanze, donano il sangue oppure come dicono e suggeriscono loro di fare a tutti: “Anche una telefonata per un anziano che è solo, può essere importante».

Non vengono mandati allo sbaraglio perchè sono stati formati per l’emergenza.

Al Corriere della Sera, Stefano Pezzini, studente ventiduenne del Politecnico di Milano, che da due fa il volontario alla Croce Rosa-Celeste della città, dice: “non faccio volontariato solo pensando di far del bene. Avevo pensato che mi avrebbe aiutato a gestire la mia ansia ed è stato così. Quindi non mi sento un eroe».

Intanto a New York

Ce l’hanno fatta. A New York il governatore Cuomo domenica sera ha convinto il sindaco De Blasio a chiudere le scuole. Tutte. Perlomeno le pubbliche hanno chiuso. Qualche privata ancora funziona. Serrati anche tutti i teatri di Broadway.

Hanno chiuso bar e ristoranti. Insomma la città che non dorme mai si è arresa anch’essa al coronavirus. I negozi sono stati presi d’assalto. E’ andata a ruba la pasta, la farina, lo scatolame vario e dice mia figlia che vive là, anche la carta igienica. E gli asciugamani di carta. In un Paese dove manca il bidet evidentemente questo rientra tra le cose essenziali.

A Las Vegas hanno spento tutte le luci. Chiuso le slot e serrati gli alberghi. Anche Harvard ha interrotto tutte le lezioni. Piano piano anche l’America sta seguendo l’esempio italiano.

Non ci crederete ma ora siamo un esempio da seguire. Anche in Francia siamo diventati un modello di comportamento virtuoso. Scrive Le Monde: “Le Conseil scientifique préconise un confinement à l’italienne pour endiguer l’epidemie en France”.

Come possiamo sopravvivere a una quotidianità sempre uguale?

Gli esperti ci consigliano di non cambiare il nostro ritmo quotidiano. E cercare il più possibile di rispettare il ritmo che avevamo prima. Si va a dormire alla stessa ora e ci si sveglia alla stessa ora. Niente televisione a tarda notte.

Panificazione

Io l’ho intensificata di questo periodo, proprio per non uscire a comprare solo il pane. Faccio la spesa una volta a settimana e mi annoto quotidianamente tutto quello che manca. In rete molte persone mettono foto della propria pagnotta e della propria pizza. Chi vuole imparare non ha che da chiedere.

Al prossimo aggiornamento e #restateacasa


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