Dai cesti alle tasse per tutti. Chi sono quelli che hanno vissuto settant’anni di basket e vissuto nelle istituzioni di Latina? Uno dei più assidui a contatto con un pallone, un palazzetto, una squadra è stato Vittorio Cavalcanti, personaggio molto conosciuto. Ha lavorato all’Ufficio Tributi del Comune. Quando lo stato italiano usava il metodo induttivo per far pagare le tasse, Vittorio era uno dei più amati-odiati di Latina. Il motivo è semplice. Lui, da responsabile di settore, doveva individuare il tenore di vita di una famiglia e scoprirne il presunto reddito, erano gli anni del boom economico. In tanti facevano la fila davanti al suo ufficio per “chiedere la grazia”. Il ritornello era sempre lo stesso: “Signor Cavalcanti, non possiamo pagare tutta quella somma, ci faccia una sorta di sconto”. Vittorio ascoltava tutti con certosina pazienza, poi elencava i beni più vistosi: “Vedo che girate con una Mercedes fiammante, viaggiate per il mondo, vi trattate bene, come facciamo a non considerare questi fattori?”. Le risposte: “Il costo della vita aumenta, i nostri figli frequentano l’univesità, non siamo ricchi come sembra” Il buon Cavalcanti sapeva tutto, era difficile “fregarlo”. Un uomo delle istituzioni comunali, serio ed integerrimo. Quando era in servizio, certi tributi come quello dell’acqua – oggi oggetto di tante discussioni – servivano a coprire anche le necessità di altri settori. Lo stesso valeva per la nettezza urbana. Vittorio Cavalcanti – nato in Sicilia ma arrivato bambino a Latina – ha scoperto la pallacanestro sul campo dell’ex Opera Balilla, con terreno di gioco in terra battuta e due canestri di legno. Con lui giocavano i fratelli Fratini, Rangone, altri personaggi che hanno segnato l’inizio di questo sport nel giovane capoluogo che cominciava a vivere. Se la cavava benino anche a calcio, non disdegnava gli allenamenti all’Oratorio Salesiano e le partitelle con gli amici. La pallacanestro lo rapì più delle altre discipline. Lo ricordava con piacere: “Noi di Latina abbiamo il basket nel nostro Dna, siamo intenditori, nessuno può negarlo”. Vittorio ha poi messo su famiglia, ha studiato, trovato un buon lavoro ma non ha mai smesso di amare il basket.
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