“Il corpo incantato” e la bioetica libertaria onfrayana basata sulla tecnica e sulla scienza

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Il titolo di questo articolo è preso dal saggio “Il corpo incantato – Una genealogia faustiana” (Ponte alle grazie, 2012), dove il filosofo francese Michel Onfray, in seguito alla triste notizia che il cancro di una familiare era entrato nella sua esistenza, prende come spunto da “La gaia scienza” il pensiero del filosofo Friedrich Nietzsche, secondo cui “Ormai si sa dove inconsciamente il corpo ammalato con i suoi bisogni preme lo spirito e lo incalza e lo lusinga – laddove in un senso qualsiasi è sole, silenzio, dolcezza, pazienza, balsamo, mistero”, sottintendendo la liberazione dello spirito dell’uomo dal pensiero metafisico. Egli prende spunto allora dal Faust goethiano che, avido romanticamente di conoscere e provare nuove esperienze per superare la sua limitatezza, diviene sempre meno oggetto, e sempre più soggetto, al fine di vincere il determinismo patologico che genera paura e annulla ogni gioia e ogni spensieratezza e rende schiavi di se stessi. Si viene a creare, infatti, quando il corpo è ammalato, un nemico interiore che blocca la mente, la psiche e il fisico, e che pone l’essere umano dinanzi all’opzione shakespeariana: essere o non essere, soccombere alla malattia o opporsi mentalmente ad essa, condividere l’edonismo epicureo o farsi sopraffare dalla sofferenza, darsi all’ontologia materialista libertaria o alla metafisica idealista conservatrice. In effetti, contraddicendo il pensiero kantiano, quell’essere umano dovrebbe affidarsi alla realtà fenomenica ed escludere ciò che è solo pensabile, separando cioè il sensibile dall’intelligibile; sarebbe d’uopo, allora, nel significato faustiano, affidarsi appunto alla prassi edonista al fine di provare a respingere a tutti i costi la sofferenza perché come recita la poetessa americana Emily Dickinson (Poesie, Bur, 1979): “Ogni vita converge a qualche centro/ dichiarato o taciuto./ Esiste in ogni cuore umano/ una meta//ch’esso forse osa appena riconoscere,/ troppo bella/ per rischiare l’audacia/ di credervi./…” . Oppure trovare una motivazione confortante e redimente come quella dei primi versi del XXVII canto, Amore e Morte, di Giacomo Leopardi: “Fratelli, a un tempo stesso,  Amore e Morte/ ingenerò la sorte./ Cose quaggiù sì belle/ altre il mondo non ha, non han le stelle./ Nasce dall’uno il bene,/ nasce il piacer maggiore/ che per lo mar dell’essere si trova;/ l’altra ogni gran dolore,/ ogni gran male annulla. […]”, che inizia con l’epigrafe consolatoria del commediografo greco antico Menandro, vicino al pensiero epicureo: “muor giovane colui ch’al cielo è caro”.

Nascere, vivere, morire meglio con il sostegno della scienza e della tecnologia”- sostiene allora Onfray  – perché “Noi viviamo in mezzo al timore, all’isteria e all’angoscia, che vengono mantenuti partendo dal principio di un’euristica della paura”. E allora per evitare che la paura inibisca l’azione bisognerebbe opporre un’euristica dell’audacia che invece la provoca e la stimola. E a proposito ecco una prova, provata da un fatto vissuto e patito in prima persona, la cui descrizione si evince dal prologo del romanzo autobiografico “Sul sentiero dell’origano selvatico” (Aracne, 2020):

«Mi sentivo un forte bruciore proveniente dallo stomaco che mi arrivava fino alla bocca, avevo la pressione bassa e mi sentivo senza forze o quasi. Pensavo che si trattasse di indigestione. Stetti sdraiato sul divano di casa aspettando che la pressione aumentasse, ma niente da fare. Dopo circa due ore e mezza, decisi di farmi accompagnare da mia moglie al pronto soccorso dell’ospedale per sapere quale fosse l’origine di quello strano e complesso malore.

Senza ombra di dubbio, dalle analisi emerse che avevo un infarto e che bisognava intervenire al più presto e così fui trasportato nella sezione di Emodinamica!

«Da centotrentamila giri aumenta la velocità a centoquarantamila» disse il professore al suo assistente.

«Certamente! Fatto!» rispose l’assistente.

«Continua così! Bene, ci siamo. Perfetto! La placca si sta polverizzando»  aggiunse il professore.

Dal timbro di voce percepivo che l’illustre primario era soddisfatto perché aveva raggiunto il suo obiettivo. Il rotablator faceva sentire il suo monotono suono rotatorio stridente, intenso, metallico, da fresa edile per intenderci, e stava producendo gradualmente l’effetto desiderato. Quel rumore era simile a quello prodotto dal dentista quando deve ripulire un dente dalla carie. La placca che ostruiva l’arteria coronarica indagata ormai era stata frantumata, ridotta ad un pulviscolo microscopico, che, trascinato dal flusso del liquido sanguigno, si disperdeva in esso come sale nell’acqua, venendo assorbito poi dalle pareti arteriose. Non c’era più! Era scomparso completamente quel nocivo miscuglio lipidico-calcifico che ostruiva la coronaria! Fu sensazionale e insolito il sentire il sangue che scorreva là dove prima trovava impedimento, facendo provare al cuore una gioia immensa, la cosiddetta gioia del cuore, come mi fu detto con sentimento dal cardiologo che mi stava assistendo. Un sentire nuovo, diverso, forse di rinascita – avvertii –, che probabilmente si prova quando si viene messi al mondo e di cui non si mantiene il ricordo, perché di quei primi attimi non si ha coscienza. Un senso di felicità mai provato fino ad allora mi colse. Forse questa è quella felicità tanto ricercata nella vita? Forse è nel trovarsi sull’orlo di un profondo precipizio e non cadervi dentro il vero senso della vita? Oggi, dopo che tutto è andato per il verso giusto, grazie soprattutto alla bravura dei medici emodinamici e alle concrete e accurate cure dei solerti medici della sezione UTIC del nosocomio pontino, posso dire con certezza di essere stato addotto a nuova vita.  Un’esperienza unica che riforma e trasforma. Non è da tutti vivere durante la propria esistenza un’esperienza unica di tale portata! Bisogna essere fortunati, o quasi. Mi sentivo un fortunato, anzi un privilegiato per essere scampato alla non-vita e avere avuto l’opportunità di scrivere questo breve incipit del romanzo in cui sono riportati alcuni ricordi della mia vita sin dall’infanzia. Mi paragonavo, nei momenti interminabili dell’operazione, ad un funambolo sospeso su un esile filo che si sarebbe potuto spezzare da un momento all’altro, e avrebbe potuto togliermi il vitale afflato che mi aveva donato mia madre attraverso il meraviglioso, straordinario e unico respiro del mondo. La dea Tyche mi aveva scelto a caso, come quando a caso esce il numero che ci fa vincere al gioco dei dadi o ci fa fare tombola. E quel giorno per me tombola fu! Non c’è vincita in denaro miliardaria che possa eguagliare questa vincita vitale. In quei momenti non mi balenarono nella mente momenti particolari della mia vita, né momenti di gioia né di dolore già vissuti, solo uno sbrogliamento rapido della mia esistenza dalla nascita fino a quel momento, come avviene durante lo sbrogliamento rapido della pellicola di un film che non fa cogliere i momenti più significativi. Ma successivamente, durante la degenza, la mente incominciò a spaziare nel mondo dei miei ricordi da cui, passo dopo passo, incominciarono ad affiorare le vicende fondamentali che avevano segnato il mio percorso di vita e che avevano lasciato un’impronta indelebile nella formazione della mia personalità. Mi balenò nella mente il libro della mia storia, a partire dalla nascita, con tutti i passi più salienti che mi avevano orientato, a volte con razionalità a volte spinto dall’istinto, nelle scelte da fare giorno  dopo giorno.

Mi si aprì improvvisamente il senno che affidai, perché aveva scoperto il potere della memoria, alle cure dell’erudita Mnemosine,  assieme alle mitiche Muse – le nove figlie nate dal possente Zeus -, Tersicore, Polimnia, Melpomene, Urania, Talia, Euterpe, Erato, Clio e Calliope, la più famosa di tutte (Esiodo,Teogonia, Proemio), grate al dio Apollo e come ad Apollo mi avevano inconsapevolmente supportato sin dalla nascita. Grazie a loro non caddero definitivamente nell’oblio le mie vicissitudini, che cercherò di far conoscere alla mia cara progenie, con la passione, le gioie e i dolori  che le hanno sempre accompagnate. […]».

Ogni corpo, infatti, non si lascia trasportare dall’horror vacui – il terrore del vuoto -, che si oppone al movimento, ma  è dipendente dall’horror quietis – il terrore della quiete -, che lo induce a muoversi, a stare in movimento come ebbe a sostenere il filosofo greco Eraclito, secondo cui tutto scorre – panta rei – tutto si muove e nulla sta fermo perché ogni corpo non può stare fermo, anche quando sembra il contrario. Basti pensare che in un corpo, infatti, c’è il cuore che batte, il sangue che scorre nelle vene, si compiono tutte le reazioni biochimiche all’interno delle cellule, si generano le emozioni suscitate dalla persona amata o dall’ascolto di un brano musicale oppure dalla lettura di un libro, ecc. Non è forse questo il significato dell’ossimoro dialettale siciliano “mòviti fermu”?

(La foto ritrae Eraclito (535 – 475 a.C.) da Wikipedia)

Francesco Giuliano


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Giuliano Francesco, siciliano d’origine ma latinense d’adozione, ha una laurea magistrale in Chimica conseguita all’Università di Catania dopo la maturità classica presso il Liceo Gorgia di Lentini. Già docente di Chimica e Tecnologie Chimiche negli istituti statali, Supervisore di tirocinio e docente a contratto di Didattica della chimica presso la SSIS dell’Università RomaTre, cogliendo i “difetti” della scuola italiana, si fa fautore della Terza cultura, movimento internazionale che tende ad unificare la cultura umanistica con quella scientifica. È autore di diversi romanzi: I sassi di Kasmenai (Ed. Il foglio,2008), Come fumo nell’aria (Prospettiva ed.,2010), Il cercatore di tramonti (Ed. Il foglio,2011), L’intrepido alchimista (romanzo storico - Sensoinverso ed.,2014), Sulle ali dell’immaginazione (NarrativAracne, 2016, per il quale ottiene il Premio Internazionale Magna Grecia 2017), La ricerca (NarrativAracne – ContempoRagni,2018), Sul sentiero dell’origano selvatico (NarrativAracne – Ragno Riflesso, 2020). È anche autore di libri di poesie: M’accorsi d’amarti (2014), Quando bellezza m’appare (2015), Ragione e Sentimento (2016), Voglio lasciare traccia (2017), Tra albori e crepuscoli (2018), Parlar vorrei con te (2019), Migra il pensiero mio (2020), selezionati ed editi tutti dalla Libreria Editrice Urso. Pubblica recensioni di film e articoli scientifici in riviste cartacee CnS-La Chimica nella Scuola (SCI), in la Chimica e l’Industria (SCI) e in Scienze e Ricerche (A. I. L.). Membro del Comitato Scientifico del Primo Premio Nazionale di Editoria Universitaria, è anche componente della Giuria di Sala del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2018 e 2019/Giacarlo Dosi. Ha ricevuto il Premio Internazionale Magna Grecia 2017 (Letteratura scientifica) per il romanzo Sulle ali dell’immaginazione, Aracne – NarrativAracne (2016).