Intervista a Salvatore D’Incertopadre

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Quando si scrive non solo si proietta la parte conscia di sé stessi, ma anche la parte oscura della propria personalità. Si scrive con le idee, ma anche con i propri istinti, con le proprie emozioni,          con le proprie passioni, con tutti i materiali rinchiusi in fondo al subconscio.                                                                         Mario Vargas Llosa

Questa intervista allo scrittore Salvatore D’Incertopadre ha l’obiettivo di entrare nel suo mondo di scrittura, di conoscere qualche segreto e scoprire la densità, i colori e le sfumature della sua scrittura che ha deciso negli ultimi anni di renderla quasi un’attività quotidiana esercitata con determinazione e costanza.         Salvatore D’Incertopadre, nato a Napoli il 14 novembre del 1952, dove ha frequentato l’istituto tecnico per elettrotecnici Alessandro Volta, all’età di 19 anni si è iscritto alla facoltà d’ingegneria elettrotecnica dell’Università Federico II di Napoli. Nell’estate del 1979 si è trasferito a Latina per motivi di lavoro come impiegato tecnico presso la fabbrica Marconi italiana di Cisterna, e per questo motivo non ha portato a termine gli studi universitari. Si iscrisse subito alla Cgil, e dal novembre del 2004 ha guidato per otto anni la Camera del Lavoro fino al 2012. Dopo qualche anno, ha iniziato a seguire la sua passione, scrivendo e pubblicando il suo primo libro Il sindacalista; I miei anni a Latina (Atlantide Editore 2015) con la prefazione di Susanna Camusso.

Nel 2016 ha pubblicato il suo secondo libro dal sapore fortemente autobiografico Due padri, due figli. Una famiglia tra Napoli e Latina. Nel proseguire la sua prolifica attività di scrittore ha pubblicato Via delle Zite 18. Non sono diventato scugnizzo, suscitando in molti lettori, compreso lo scrivente, di conoscere da vicino i luoghi descritti nel romanzo, per avere un’idea della città partenopea dal tardo dopoguerra fino agli anni Settanta.                                            Nel 2018 ha scritto insieme ad Ermisio Mazzocchi La Camera del Lavoro del Lazio meridionale dal dopo guerra al terzo millennio. La storia e le sfide della CGIL dalla società fordista alla globalizzazione nell’era della rivoluzione digitale. Successivamente a questa parentesi di scrittura di testimonianza politico-sociale di lavoro, Salvatore è tornato a cimentarsi con la narrativa pubblicando il romanzo storico Maciste. Da Cisterna a Stalingrado, con la prefazione dello storico e critico professor Rino Caputo; una storia vera, strettamente collegata al periodo fascista e al territorio dell’Agro Pontino e la costruzione delle città nuove, dove i personaggi, ben delineati, sono frutto della fervida fantasia dell’autore.                                                                                         La vena narrativa di Salvatore D’Incertopadre si è ulteriormente concretizzata con la pubblicazione della Freccia Rossa, un racconto dallo stile intimistico, una difficile storia di passione dove i protagonisti, Roberto, l’ingegnere sessantenne napoletano, ed Elena, la bella e affascinante donna milanese, interrogandosi cercano di ritrovare la voglia di vivere e l’amore per la vita.                                                                                               Di prossima pubblicazione sarà il romanzo Ercole Il cavaliere di Cisterna; un percorso scritturale che rappresenta un’altra tappa (la settima) del suo impegno letterario che dimostra ancora una volta l’interesse e il potenziale narrativo dell’autore. Ercole è una saga familiare, lunga un quarantennio, che si dipana in 18 capitoli, senza mai un calo di tensione narrativa, nei quali è raccontata la grande Storia attraverso gli effetti che questa ha sulle persone comuni come Ercole, la madre Maria e gli amici Natale, Amedeo e altri personaggi che vivono nel territorio pontino.

Come hai cominciato a scrivere e dove hai trovato l’ispirazione? Per quale spinta è nata la tua passione per la scrittura? Cosa ti ha spinto a intraprendere questa vera e propria avventura narrativa?

Terminata la mia esperienza in Cgil ho pensato fosse giusto raccogliere in una sorta di diario i miei ricordi da sindacalista. Alla fine ne è uscito un vero e proprio libro che, letto da un editore presentatomi proprio dal nuovo segretario della Cgil, è stato pubblicato. Poi un amico, un esperto, mi ha spronato a provare a scrivere un romanzo, e così mi sono ritrovato a scrivere, uno dopo l’altro, altri sette libri, e non è finita qui.

Che ruolo ha avuto la scuola nell’insegnare a scrivere testi?

Ho frequentato un istituto tecnico, ma in compenso ho avuto un insegnante d’italiano che proveniva da un liceo classico che mi ha almeno insegnato a scrivere correttamente in italiano. Il resto l’ha fatto il sindacato, una grande esperienza di vita che ti insegna a non tirarti indietro davanti alle difficoltà.

Che cos’è la scrittura per te, quale valore ha?

La scrittura è anche un momento di studio, di approfondimento, ma anche di ricerca interiore.

Quanto tempo ci vuole per scrivere un libro? Come avviene la gestazione di un libro?

Mediamente impiego sei mesi per terminare la prima stesura poi, dopo un periodo di decantazione, uno o due mesi, la rilettura mi consente di apportare correzioni, modifiche e aggiunte. Un libro nasce sempre da un’idea, da un fatto di cronaca ma, soprattutto, dall’esperienza fatta nel proprio vissuto. I personaggi, per quanto immaginari, hanno sempre un volto distinto per me, e spesso fanno parte dei miei ricordi. Un po’ come fa Verdone nei suoi film.

Hai abitudini particolari per scrivere?

Scrivo sempre la mattina. Pare che la notte porti consiglio.

Quali sono gli ingredienti che servono per scrivere una storia?

Intorno alla trama di un romanzo, come per un buon arrosto, è sempre necessario un contorno di buoni ingredienti. L’amicizia, l’amore, la suspense, il tradimento sono alcuni di questi ingredienti.

Nei tuoi romanzi hai trattato le tematiche più disparate, qual è il filo conduttore della tua narrativa? Quali sono stati finora i temi portanti della tua narrativa?

La Storia è quasi sempre il filo conduttore. Calare i miei personaggi in un contesto storico reale è la mia prima preoccupazione, con l’obiettivo di suscitare interesse per quegli avvenimenti in chi di Storia forse ne sa poco. I temi che spesso sviluppo sono i miei ricordi di gioventù, la mia città natale e innanzitutto la Storia del Novecento.

 Quale percorso fai per giungere a dare il titolo ad una pubblicazione?

Può sembrare strano, ma il titolo del mio lavoro, una volta avuta l’idea, è la prima cosa che riesco a decifrare. Una sola volta ho cambiato il titolo nel corso della stesura.

Quando viene pubblicano un tuo libro che emozioni vivi?

La stessa di quando è nata mia figlia.

Quali sono le sensazioni che provi quando i lettori ti fanno i complimenti? E se ti dicono che il libro non piace?

Ricevere complimenti credo sia per tutti piacevole. Quando invece qualcuno mi dice che il mio libro non gli è piaciuto me ne dispiaccio, ma ho la certezza che l’abbia letto.

Ti è mai venuto il blocco dello scrittore?

Per il momento no.

Dopo averli pubblicati ti piacciono ancora i tuoi libri?

A Napoli si dice “ogni scarrafone è bello ‘a mamma soia”

Che cosa hai in cantiere per le prossime prove letterarie?

La conclusione della trilogia iniziata con Maciste, cioè la storia di tre giovani del nostro territorio vissuti in pieno fascismo. Poi un nuovo romanzo intimista e ancora la storia di una famiglia esule dall’Istria.

 


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