Intervista ad Antonio Scarsella

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Intervista ad Antonio Scarsella                                                 La terra resta il più grande libro di conoscenza per il genere umano.                                                                             Ermanno Olmi

         Antonio Scarsella, nato a Sermoneta nel 1956, si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università “La Sapienza” di Roma. È stato sindaco di Sermoneta per più di dieci anni e ha ricoperto dal 1999 al 2005 l’incarico di presidente del Consorzio industriale Roma-Latina.                                                                     Si è cimentato con la letteratura pubblicando finora Giallo nella Palude Redenta (2016), Il grifone, la Scimmia e l’Usignolo (2017), Fantasmi a Latina (2018), Ama come se domani dovessi odiare (2019) e insieme a Mauro D’Arcangeli Viaggi nell’Agro Pontino. Vita, vitis, vinum (2017). I suoi libri, come è evidente già dai titoli, sono ambientati nella realtà storico-sociale e politico- culturale di Latina e del territorio pontino.                                             A pieno titolo Antonio Scarsella fa parte di quella generazione di scrittori che può essere incluso nella schiera di quegli autori che, secondo la felice intuizione del prof, Rino Caputo rappresentano L’altra riva del Canale Mussolini, e si sono presentati alla ribalta del panorama letterario locale dopo il primo decennio del XXI secolo.

Quando ha avuto inizio la tua attività di scrittore?                       Scrivo da sempre. Fin da ragazzo ha rappresentato un modo per rendere solidi… pensieri, riflessioni, e quanto altro alberga nella mia mente. Un modo per mettere in comunicazione, come si dice, il mio mondo interiore con quello esteriore. Questa passione è rimasta sempre in secondo piano, un poco soffocata dalla politica e dagli impegni istituzionali. Dal 2015 ho fatto la scelta di “liberarla”.

C’è un’immagine nella tua memoria che puoi ricollegare al momento in cui hai deciso di voler cimentarti con la scrittura?                                                                               Da ragazzo, dopo la scuola o in estate, pascolavo le mucche di mio padre nell’area tra Sermoneta e Ninfa. Con me avevo come “compagni” i libri. Libri di filosofia, storia, politica… teIn quelle lunghe giornate solitarie l’ho pensato più volte e riproposto di farlo.

Quali sono le fonti di ispirazione di cui ti servi quando scrivi? Parti da esperienze reali, autobiografiche o dalla tua immaginazione?                                                                       La storia del nostro territorio, in rapporto alla storia più complessiva del Paese e dell’umanità, come questa  storia si traduce nella quotidianità e può divenire elemento più generale di conoscenza e riflessione. Vero e verosimile, per quanto mi riguarda, si rincorrono e sono le due facce di una stessa medaglia.

Prima di scrivere un romanzo o un racconto prepari una scaletta  oppure  segui la storia che hai in mente?                                                                                             Dalla «scintilla, ispirazione» tiro fuori lo scheletro, un  «albero narrativo» da cui partono tutti i rami. Quelli predeterminati e quelli che si aggiungono durante il percorso che porterà alla fine del racconto.

Nella tua opera d’esordio «Giallo nella Palude Redenta» quale preparazione è stata necessaria per scrivere il primo romanzo? Che tipo di difficoltà  hai incontrato nel corso della stesura?                                                                                      La “conoscenza” della storia, dell’ambientazione, dei personaggi, della lingua… che costituiscono il racconto è elemento essenziale. Il Giallo nella Palude Redenta è un racconto che avevo dentro di me da anni. Volevo scrivere su questa sorta di «storia spezzata», di divisione che dopo decenni ancora si avverte nel nostro territorio. Per ogni pagina del libro ce ne sono state almeno 5 di appunti. Per farlo ho studiato molto, su testi antichi e moderni. Sulle Bonifiche, le Città di Fondazione, il Territorio e i suoi aspetti sociali…Non ho trovato alcuna difficoltà nello scriverlo.

In che misura la tua formazione storico-politica ha inciso nella progettazione, stesura e realizzazione delle opere letterarie finora pubblicate?                                                 Si. In maniera decisiva…unita ad un metodo antichissimo e sempre valido: tesi- antitesi – sintesi.

Nei tuoi romanzi quali sono gli elementi inventati e quali quelli che provengono dalla tua esperienza personale di vita vissuta?                                                                          La storia è, sempre, tratta da un fatto, un avvenimento realmente avvenuti oppure che oggettivamente possono essere avvenuti. Per questo cerco di contestualizzare al massimo i personaggi: dall’abbigliamento ai loro nomi e cognomi.

Nelle tue narrazioni sono presenti molti personaggi dalla forte personalità. A quale di questi ti senti empaticamente più vicino e ti rassomiglia?                                                  Sono un tipo “romantico”…a coloro che si battono per la giustizia sociale.

Quale significato e funzione ha il territorio nelle storie da te inventate e narrate?  Il territorio nel Giallo e negli altri libri non è una immagine di sottofondo: è un co-protagonista.

Come nativo dei monti Lepini e profondo conoscitore della piana pontina quale ruolo ha avuto il paesaggio nella tua narrazione?                                                                      Nativo dei Lepini, figlio di madre di Norma e di padre immigrato dalla Ciociaria (Casamari-Veroli), ho sempre abitato nella piana di Sermoneta. Ho sempre avuto, quindi «più punti di vista». Il “paesaggio” è stato sempre presente, quello delle colline e quello fino alla marina e «lo specchiarsi dell’uno nell’altro». Altro fattore importante è «il mito anzi i miti» che questa nostra terra da millenni contiene e rappresenta.

 Che relazione c’è tra la scrittura e la società, con le sue influenze politiche e culturali? Come convivono questi aspetti nella tua produzione letteraria?                     Conoscere scaccia i fantasmi. Quelli dentro di noi e quelli fuori di noi. La scrittura, la cultura, la conoscenza, anche quella contaminata dalla politica, aiutano a diradare la nebbia e far apparire il vero, il verosimile, l’oggettivo. Non credo nella “non politica”. La politica è nelle cose, muove il mondo come le piccole cose. Se non fossi tutte queste cose…non potrei scrivere.

In qualità di scrittore quali sono i principali riferimenti letterari  che hai tenuto maggiormente in considerazione nella tua produzione di scrittore?                                     Molti sono stati gli scritti che sicuramente hanno determinato la mia crescita culturale ed umana: i classici greci, i filosofi tedeschi di fine ottocento, Fromm, Umberto Eco e il suo Il nome della rosa, gli scrittori del neo realismo italiano.

Quali progetti scritturali hai per il futuro o sono già in cantiere?                                                                               Un “giallo” , dedicato ad Andrea Camilleri, un lavoro sui percorsi della via Francigena, o meglio, delle Francigene.

 

 

 


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