Localizzata in origine (sec. X-IX a.c.) nella parte meridionale dell’area balcanica, nelle isole dello Ionio e dell’Egeo e lungo le coste meridionali dell’Asia Minore, la cultura greca, il cui carattere fu sempre essenzialmente dinamico sotto la spinta centrifuga del grandioso fenomeno della colonizzazione verso l’occidente ebbe come enorme sviluppo diffondendosi per quasi tutto il bacino del Mediterraneo e toccando anche le rive del Mar Nero.
La cultura greca mantenne tuttavia una fondamentale unità nei suoi caratteri essenziali, e anche le aree periferiche seppero inserirsi con grande vitalità nel filone creativo iniziato nella lontana madrepatria.
L’arte greca inizia un processo di svolgimento autonomo e coerente intorno al 1000 a.C. Anche se l’età micenea porta in se elementi che saranno peculiari della cultura greca e attraverso varie fasi giunge fino all’età romana.
I momenti essenziali di questo processo sono il periodo di formazione o periodo geometrico; il periodo orientalizzante entro il quali si distingue il periodo dedalico; il periodo arcaico; il periodo severo; il periodo classico e infine il periodo ellenistico.

LA PITTURA
La pittura greca (sia quella eseguita su pannelli sia quella eseguita su pareti) ci è nota quasi esclusivamente attraverso le fonti letterarie e i suoi riflessi nelle pitture delle tombe etrusche, nelle decorazione parietali dell’età romana e nelle riproduzioni in mosaici pavimentali.
Un contributo notevole è stato dato dalla scoperta delle tombe regali a Verghina (1977) le cui pitture sembrano riconducibili a pittori tramandatici dalle fonti (Nichias, Nichiomaco).
Tradizionalmente si fa riferimento alle decorazioni pittoriche eseguite su vasi (ceramografia)che spesso rappresentano un riflesso, nelle scelte tecniche e nel repertorio iconografico, nella pittura coeva.
Nel secolo IX a.C. Si sviluppa la produzione detta geometrica, attraverso la quale si definisce il senso dell’organicità delle forme, sia come studio della struttura del vaso sia come sistemazione della composizione decorativa secondo una sintassi rigorosa.
Sino alla fine del secolo IX la decorazione è astratta, utilizzando solo motivi geometrici e rifiutando qualsiasi elemento ispirato alla natura; ma all’inizio del secolo VIII, ad Atene appare la figura umana, inizialmente come semplice schema ottenuto con figure geometriche sovrapposte.
La decorazione, su grandissimi vasi destinati alle tombe, doveva ricordare la cerimonia funebre o scene di battaglia che evocassero quelle vissute dal defunto.
I motivi orientalizzanti corrompono lo schematismo del tardo geometrico; essi vengono accolti e assimilati prima a Corinto, dove nasce la ceramica protocorinzia con i caratteristici alabastri e ariballi (piccoli vasi per unguenti), poi, verso la fine del VIII secolo, anche nelle officine attiche.
Elemento centrale è sempre la resa della figura e del suo movimento nello spazio.
Ad Atene l’attenzione dei pittori vascolari si concentra sulla rappresentazione umana e trascura la decorazione vegetale; la tecnica è a figura nere con incisioni e correzioni in colore che nella loro lucente vernice si staccano dal fondo in argilla rosa.
Verso il 530 a.C. Nella ceramica compaiono i primi vasi a figure rosse; ceramografi e vasai attici trascrivono in termini di elevatissimo artigianato i raggiungimenti della grande pittura coeva totalmente perduta (Cimone, Micone, Polignoto), realizzando con grande perizia lo scorcio, la rappresentazione dello spazio, e la psicologia dei personaggi.
Ma già all’inizio del secolo IV che vede il massimo sviluppo della pittura (Zeusi, Parrasio, Apelle), il disegno nelle ceramiche diventa sempre più banale e meno curato, evidenziando notevoli limiti nei confronti della pittura ad affresco e da cavalletto; verso la fine del secolo, mentre assume grande importanza la produzione ceramica a figure rosse dell’Italia meridionale, quella attica scompare quasi del tutto.

LA SCULTURA
Nel lungo periodo di formazione che va sino alla fine del sec. VIII a. C si definiscono caratteri costitutivi della visione artistica greca e i principali tipi figurativi. Si manifesta in questo periodo un particolare interesse per la figura umana (sec. IX a. C.), come testimoniano alcune statuette schematiche in terracotta, pietra, bronzo o piombo fusi, che tentano un primo accenno di movimento e di dinamicità nella divaricazione degli arti .
Nel corso del sec. VIII appaiono opere statuarie di struttura cilindrica e compatta: sono le prime esperienze di ricerca del volume e di resa della figura che condurranno alla plastica dedàlica della metà del sec. VII a. C.
Fin da questo momento, l’uomo appare problema centrale del campo istitutivo e rappresentativo della scultura greca. La sostituzione del piccolo santuario domestico col tempio favorisce lo sviluppo della statuari di grandi dimensioni: ne sono testimonianze sia le immagini votive e di culto, sia la decorazione architettonica che riserva allo scultore spazi ben precisi (metope, fregio, frontone) ponendo ogni volta nuovi problema di composizione.
Proprio la plastica decorativa templare, a partire dalla scultura del tempio A di Prinias fino ai cicli ellenistici di Pergamo e del tempio di Magnesia, ha costituito il filone più innovativo nell’ambito degli studi recenti sulla scultura greca.
Nel processo evolutivo della plastica monumentale della metà del secolo VII in poi, tappe significative sono costituite dalla decorazione della Artemision di Corfù (590 a. C.), dai frontoni frammentari di templi e tesori dell’Acropoli ateniese, del Hekatompedon dei Pisistratidi, sempre sull’Acropoli e dai templi della Sicilia e della Magna Grecia.
Durante l’ultima fase del periodo orientalizzante si registra nella produzione scultorea la fioritura del cosiddetto stile dedalico (670-610 a. C.) che la tradizione fa risalire a Dedalo, mitico artista di Creta: si realizzano strutture sobrie e solide, di grande equilibrio, di cui sono testimonianze la Kore di Auxerre, le sculture del sito archeologico di Primias.
La statuaria del periodo arcaico (610-480 a. C.) inclina all’astrattismo e la tipizzazione si articola secondo piani paralleli come dimostra l’appiattimento degli elementi del volto umano. Attraverso l’elaborazione del Kouros (figura maschile nuda) e della Kore (figura femminile vestita), entrambi eretti e da intendersi come immagini della divinità e dell’offerente o come ex voto con valore generico e simbolico, si delineano con evidenza le varie correnti elleniche.
Nel corso dei secoli VII e VI il cammino della scultura arcaica è segnato da tre scuole fondamentali, riconoscibili in centri politicamente ed economicamente più importanti.
La scuola dorica o cretese-peloponnesiaca esprime l’immagine umana attraverso forme articolate e scandite vigorosamente (era di Olimpia); la scuola ionica, invece, elabora strutture a massa compatta, linee di contorno eleganti e sinuose, ricchezza disegnativa del panneggio.
La scuola di più elevato livello qualitativo favorita anche dal ruolo predominante che Atene ha almeno a partire dal 560 a.C è quella Attica che elabora immagini di organica astrazione, armoniosamente modellate con una tendenza al gusto disegnativo.
Alla scultura in pietra dipinta e in marmo lumeggiato da colore, che aveva caratterizzato il periodo arcaico, si affianca nel periodo severo, una lunga produzione in bronzo, tecnica che permette sottili trapassi di superficie, più accentuata attenzione alla figura in movimento e maggiori dimensioni.
Della produzione di un’intera generazione di bronzisti (Calamide, Pitagora, Sotada, Angelada, Canaco, Onata), sono rimaste poche ma significative testimonianze, spesso di discussa attribuzione, tra le quali, nella prima metà del secolo V a . C., l’Auriga di Delfi, la testa detta dell’Apollo di Chatsworth, il grande nudo virile (Poseidone) di Capo Artemisio, nonché le copie marmoree romane della cosiddetta Sosandra.
Nel campo della decorazione templare, ambiente peloponnesiaco le statue frontonali e le metope del tempio di Zeus a Olimpia (470-555 a. C.) costituiscono il momento più intenso e rappresentativo del periodo.
Durante questa fase gli scultori raggiungono un altro equilibrio formale mediante una sottile, vibrante modellazione delle superficie: superando le durezze dell’arcaismo si giunge così, attraverso un’esperienza di soli trent’anni alla statuaria di Mirone, alle solizioni ritmiche del Doriforo di Policleto, alla pienezza compitamente classica di Fidia.
La scultura della seconda metà del secolo V a. C. realizza attraverso le operi di Fidia e dell’ultimo Policleto, una visione del mondo e degli dei improntata a limpida serenità e a supremo equilibrio, fondendo l’armonia dei corpi e la pacatezza dell’espressione.
La solennità di Fidia ispira i suoi discepoli Alcamene e Agoracrito ed è viva ancora in Cresila.
Il secolo IV a.C presenta le espressioni di una seconda classicità con le operi di Scopa e Prassitele. Scopa influenzerà alcune correnti ellenistiche, come quella pergamena, con la sua drammatica passionalità e con la dinamica impetuosa delle sue masse. Prassitele , figlio di Cefisodoto, crea opere caratterizzate da schemi curvilinei, panneggi morbidi e un’ espressione trasognata, che saranno molto apprezzate in età romana e verranno riprodotte e imitate così diffusamente da rendere il loro artefice lo scultore più noto della grecità.
Il periodo classico si conclude con Lisippo e la sua ricerca di nuovi criteri formali; egli sostituisce al naturalismo razionale del Doriforo di Policleto l’impressionismo illusionistico del suo Apoxyomenos, anticipando il trapasso dal classicismo all’ellenismo, e trova nel ritratto (Alessandro magno), sia pure idealizzato, una delle sua forme di espressione più nuove e significative.

ARCHITETTURA
L’architettura, sottraendosi all’influsso delle più antiche civiltà dell’oriente mediterraneo, sviluppa progressivamente nel corso del I millennio a.C un repertorio di tecniche e di stili, un’estetica e una tradizione urbanistica del tutto nuovi. Nei secoli che seguono al crollo dei regni micenei, cominciano a caratterizzarsi i tipi fondamentali dell’architettura religiosa e civile.
La tipologia principale, cui gli architetti consacrarono ogni ricerca estetica ed espressiva, non è più, come per la civiltà egea e come per quella micenea, il grande palazzo del re o del principe, ma il tempio, considerato dimora della divinità. Derivano forse dai mégaron o sala principale dei palazzi micenei, il tempio nasce come organismo semplice: una piccola cella rettangolare (oikos) in mattoni crudi e legno posta su un basamento di pietra, con ingresso su uno dei due lati brevi preceduto da un portico sostenuto da colonne.
L’architettura religiosa elabora il tempio dorico, che assume gradatamente forme di valore assoluto. I primi templi peripteri monumentali documentati dagli scavi sono: l’Heraion d’Olimpia e il tempio di Apollo a Thermos (fine del sec. VII a.C.).
Al precoce e articolato sviluppo dell’architettura dorica durante il secolo VI (Artemision di Corfù, 590 a.C ca., e iltempio di Apollo a Corinto 550 a.C.), quella ionica contrappone una fioritura intensa ma breve, interrotta dalla crisi del mondo ionico sotto la spinta dell’espansionismo persiano verso le sponde dell’egeo: tipica della Ionia è la costruzione dei templi-santuari di dimensioni colossali, con doppio periptero e cella privata di copertura, di derivazione asiatico-egizia (santuari del sec. VII a.C.: Héraion di Samo, Artemision di Efeso, Didymaion o tempio di Apollo, a Didime, tempio di Cibele a Sardi).
In Grecia i primi edifici in stile ionico sono tempietti per doni votivi nel santuario di Apollo a Delfi (Tesoro dei Cnidi, 545 a.C., e tesoro dei Sifni, 530 a.C.).
In occidente, la presenza di buona pietra da taglio favorisce di massima la costruzione di molti edifici nell’Italia meridionale e in Sicilia, frutto dell’esperienza di architetti e artisti che trasferendo fuori dalla madrepatri la propria problematica, si sono integrati nel nuovo ambiente dando luogo per il dorico a una serie originale di sperimentazioni caratterizzata da una peculiare dislocazione degli spazi interni, oltre che da un fenomeno di pietrificazione progressiva degli edifici più precoce rispetto alla madrepatria (Athenaion di Paestum, Apollonion di Siracusa, tempio corinzio di Selinunte, Heraion alla foce del Sele).
Al tempio si affiancano altri edifici come il teatro e lo stadio, per lo più connessi ad aree sacre, che ebbero tardiva edificazione architettonica, restando a lungo semplici adattamenti della conformazione del terreno; il ginnasio, palestra ginnica e in seguito scuola, secondo il concetto tipicamente ellenico della connessione fra educazione intellettuale ed educazione fisica; l’agorà (piazza), inizialmente spazio pubblico riservato all’assemblea dei cittadini, accessibile da porte e propilei, fulcro vitale del sistema urbano oltre che centro politico e commerciale della vita comunitaria, intorno alla quale vengono funzionalmente costruiti gli edifici pubblici pi importanti; il buleuterio (sede della bulé), stoaì (portici), i templi.
Nel tardo arcaismo e nell’età severa il tipo di architettura religiosa sviluppatosi nei secoli precedenti prosegue senza subire grandi cambiamenti e nella Grecia continentale costruzione della fine del sec. VI a.C., ormai completamente edificate in pietra sono eseguite essenzialmente secondo le stesse concezioni del periodo precedente, ma applicando nuovi espedienti tecnici come le correzioni ottiche.
L’opera più raffinata dell’arcaismo maturo è il tempio di Atena Afaia a Egina (intorno al 500 a.C.), periptero dorico con la canonica tripartizione (pronao, naos, opistodomo), nel quale si nota uno snellimento prograssivo delle colonne; nel periodo severo viene eretto il tempio di Zeus a Olimpia (471-456 a.C.), cui si ispirano numerosi templi della Sicilia e della Magna Grecia (tempio di Poseidone a Paestum, tempio della Concordia ad Agrigento).
Verso la metà del V sec. a.C., definitivamente allontanata dalla Grecia la minaccia persiana, si pongono le premesse di quell’età che si definisce classica. Atene ne è la protagonista e le sue architetture ne costituiscono un’altissima testimonianza. Una straordinaria generazione d’artisti recepisce dalla tradizione i termini di due distinti lessici di decorazione architettonica (il dorico e lo ionico) e li sintetizza in forme nuove e originali che possono fondatamente considerarsi espressioni di una ben definita “scuola attica”. Il progetto pericleo per l’Acropoli di Atene realizzato pienamente verso la fine del secolo (Propilei, Partenone, Eretteo, tempietto di Atena Nike), rappresenta, anche rispetto agli incerti precedenti diretti , il più grandioso tentativo di complesso monumentale dell’età classica: in esso convergono la volontà di grandezza di Pericle e la sintesi idealistica di Fidia, la sapienza organizzativa di Mnesicle, la novità del ragionamento matematico dell’architetto Ictino e l’esperienza tecnica di Calicrate; è un’impresa colossale resa possibile dall’impiego di enormi mezzi umani, intellettuali e finanziari.
Nel corso del sec. IV si generalizza il processo si ampliamento di tipologie e forme dell’architettura tradizionale già iniziato nella piena età classica; della crisi partecipa in prima linea il più rappresentativo strumento degli ideali classici, lo stile dorico, che aveva avuto fin dalle origini uno sviluppo coerente e continuo, e che ora comincia a cristallizzarsi in forme di maniera, preludio alla sua decadenza in età ellenistica. Lo ionico e il corinzio acquistano invece un notevole favore, destinato ad accrescersi nei secoli seguenti in particolare durante l’età ellenistica, che vede il moltiplicarsi delle tipologie architettoniche.

Guglielmo Guidi
Storico d’arte.


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